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RASTIGNANO (BO) ǀ NELLO STUDIO DI MATTEO MONTANI

di Mattia Lapperier

Lo studio nasce, cresce e si sviluppa di pari passo con l’artista. Ne riflette la personalità nel modo più autentico. È testimone silenzioso delle sperimentazioni più ardite, del perfezionamento di tecniche affinate negli anni e custodite gelosamente. È anche il luogo delle infinite prove, delle notti insonni, delle cocenti insoddisfazioni, che tuttavia possono sfociare talvolta in successi inaspettati. #TheVisit ha lo scopo di aprire le porte a tali realtà che per loro stessa natura sono poco accessibili, spazi che in tempi di pandemia hanno rappresentato pure una delle rare occasioni di confronto diretto con l’arte contemporanea.

A Rastignano, o più precisamente a metà strada tra tale frazione del comune di Pianoro e Pianoro stesso, a sud di Bologna, è dove, nei primi mesi del 2022, Matteo Montani ha collocato il suo studio. Esso si trova in una zona extraurbana, o più propriamente in un’ex area industriale, a pochi passi dalla campagna ed è attraversato, sul retro, da un corso d’acqua il cui scrosciare è chiaramente percepibile anche dall’interno. L’acqua, oltre a rivestire un ruolo essenziale nella genesi dei dipinti di Montani, in qualità di sostanza trasformativa per eccellenza, rappresenta quasi un topos per l’artista che, curiosamente, nel corso della sua carriera professionale, si è trovato a lavorare in spazi in cui l’acqua è risultata essere un elemento ricorrente. Sin dai suoi esordi nel 1995, aveva infatti stabilito lo studio presso il quartiere romano di Monte Sacro, luogo conosciuto appunto per una sorgente d’acqua benedetta; dal 2005 al 2021 ha vissuto presso Nepi, nel viterbese, o più precisamente a Settevene, frazione nota per la presenza di una considerevole falda acquifera; attualmente invece è il torrente Savena a scandire il ritmo del suo lavoro.

Veduta dello studio di Matteo Montani

Posto in un ex capannone industriale, la cui superficie è stata recuperata e riconvertita in tre spazi distinti ad uso di artisti, lo studio di Montani occupa uno dei tre lotti così ricavati. L’ambiente è ampio e particolarmente adatto ai dipinti di grande formato. Gode inoltre di una buona illuminazione, in virtù delle vetrate che, oltre alla luce, concedono il libero accesso anche alle suggestioni naturali provenienti dall’esterno.

Matteo Montani al lavoro, nel suo studio

La caratteristica fondamentale, o meglio, il presupposto imprescindibile alla buona riuscita delle opere, resta comunque l’estrema versatilità dell’ambiente. Assi, cavalletti e piani d’appoggio predisposti nello spazio permettono di allestire rapidamente tavoli e ripiani, consentendo così all’artista di passare agevolmente da una postazione di lavoro verticale a una orizzontale e viceversa. Utilizzando come supporto per la pittura quasi esclusivamente una carta abrasiva di grande formato e mutando frequentemente posizione e orientamento della carta stessa per dipingerla con colature di pittura molto liquida, l’artista necessita di un doppio piano d’appoggio. L’uno, più pesante, funge da sostegno; l’altro, più leggero, è impiegato come base rigida su cui fissare provvisoriamente la carta, al fine di conferirle consistenza e maneggiabilità. Proprio come i suoi dipinti, lo studio di Matteo Montani si presenta fluido, mutevole, caratterizzato da un intrinseco movimento interno. Come accennato, il confronto con la natura, intesa nell’accezione di sistema complesso e autoregolante, riveste un ruolo di primaria importanza. Come egli stesso afferma:

“Quando dipingo, più che in relazione con il paesaggio, percepisco me stesso come la relazione con il paesaggio; mi sento, umilmente, una forza della natura”.

Impressi nei suoi lavori risultano pertanto, in armonica combinazione tra loro, sia quei movimenti ascensionali, propri del vapore o della nebbia, sia quelli discensionali, come le piogge o le precipitazioni, sia quelli laterali, tipici invece dei venti. L’accostamento simultaneo di tali fenomeni deriva processualmente da un movimento estrinseco alla pittura, poiché direttamente agito dall’artista nello spazio a sua disposizione. Montani infatti vive lo studio in modo totalizzante, sfruttando ogni superficie fruibile, muovendosi liberamente in esso ed esprimendo pienamente la propria gestualità, così da imprimerne sul supporto ogni minima variazione.

Particolare dello studio di Matteo Montani

L’artista si espande, stratifica, accumula materiali e strumenti. I colori, le polveri metalliche e i diluenti sono disposti in modo casuale e caotico. Al controllo del gesto fa da contraltare la necessità di sperimentare tecniche e linguaggi in modo istintuale e non precedentemente preordinato; a una pratica pittorica costante e condotta con attitudini e movenze proprie del rito, corrisponde un latente bisogno di scoprire, riscoprire, sorprendersi, assecondando la logica del puro accadimento. Per Montani il lavoro del pittore consiste nell’entrare in contatto con alcuni segni inizialmente misteriosi, che, in un secondo momento, rende propri. È come se, dopo aver casualmente scoperto un alfabeto e in seguito averne compreso il senso più profondo, l’artista si impegnasse a riprodurlo, per poi dare forma a un linguaggio autonomo e di per sé significante.

Matteo Montani, Il nuovo giorno, 2019, polvere di bronzo su carta abrasiva montata su tela, 138×196 cm, collezione privata, ph. Sebastiano Luciano

Dopo aver utilizzato per anni prevalentemente il blu reale chiaro, al punto da rendere quest’ultimo una sorta di firma, dal 2009, nello studio di Nepi, ha sperimentato per la prima volta le polveri metalliche che hanno ulteriormente arricchito le proprie opere di una vasta gamma di riflessi cangianti. Anche per tale ragione è essenziale che in studio filtri molta luce naturale, così da permettere all’artista di saggiare le varie potenzialità luministiche, a diverse ore del giorno.

Matteo Montani, Silverbeans, 2022, polvere di alluminio su carta abrasiva montata su dibond, ferro, rame, 103x219x14 cm, ph. Federico Gherardi

La cosiddetta ora d’oro, quella più prossima al crepuscolo, offre, com’è facile intuire, gli effetti massimi di riverbero. In quegli attimi, lo studio si ammanta di soffuse suggestioni cromatiche determinate tanto dal metallo interno alla composizione, quanto da quello extra-pittorico e riflesso nella superficie dipinta. La pittura fluttua e si accende nello spazio, lo spazio penetra nella pittura e la accresce.

Ritratto di Matteo Montani, ph. Federico Gherardi

Matteo Montani (Roma 1972), dopo aver conseguito il diploma di Accademia di Belle Arti (Urbino e Roma) nel 1997, comincia la sua attività espositiva nel 2000 allo Studio Casoli di Milano. Nel 2001 vince il premio Suzzara e partecipa alla Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa a Sarajevo. Dal 2005 espone regolarmente il suo lavoro in gallerie private e spazi pubblici, in particolare è di rilievo la collaborazione con la Galleria L’Attico (Roma) oltre che con Otto Gallery (Bologna), Luca Tommasi (Milano), Elkon Gallery (New York) e la Galleria Bonomo (Bari-Roma). Partecipa alla XV Quadriennale d’Arte di Roma. Nel 2018 vince il Premio Michetti e nel 2021 realizza un’opera murale permanente al Museo Manzù di Ardea con i fondi del Premio Arte Contemporanea indetto dal Ministero dei Beni culturale e la Direzione generale Arte Contemporanea. Tra le sue esposizioni museali: Museo D’Arte di Ravenna (2008), Museum Am Dom, Würzburg (2011), Museo Hendrick C. Andersen, Roma (2013), Museo d’Arte Contemporanea Lissone (2017). Le sue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private tra le quali: Cattedrale di Würzburg (Germania), Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea (Roma), Museo H.C. Andersen (Roma), Fondazione La Quadriennale (Roma), Museo Michetti (Francavilla al Mare), Collezione Unicredit (Milano), collezione Artefiera (Bologna), VAF Stiftung (Francoforte), Musei Vaticani (Città del Vaticano). matteomontani.com

Particolare dello studio di Matteo Montani

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