VERONA | Studio la Città | Fino al 30 settembre 2017
Intervista ad HÉLÈNE de FRANCHIS di Francesca Di Giorgio
Oltre 300 mostre nella galleria di Lungadige Galtarossa 21, senza contare quelle “esterne” nate dall’intreccio di relazioni e collaborazioni sviluppate negli anni. Studio la Città di Verona fa il punto dei suoi ultimi dieci anni, i primi nella “nuova” sede, anche se il suo CV va ben oltre un decennio, con due mostre di inizio stagione costruite come una ininterrotta sequenza di fotogrammi, gli scatti di Michele Alberto Sereni, e una “connection” apparentemente insolita con il mondo della bici e in particolare con Dario Pegoretti che pensa, concepisce ed esegue un telaio per bicicletta proprio come farebbe un’artista.
Un paio di anni fa avevamo incontrato la direttrice Hélène de Franchis (leggi qui) che ci aveva svelato molto sul suo modo di intendere l’arte, oggi la raggiungiamo mentre è a Dubai, in occasione di The Eclipse di Jacob Hashimoto, la mostra alla Leila Heller Gallery e a Verona sono già in cantiere una personale di Emil Lukas (dal 12 ottobre), con alcune delle opere esposte anche a Venezia durante la Biennale e alcuni pezzi nuovissimi e un progetto particolare, a dicembre, a cura di Marco Meneguzzo con una serie di importanti opere degli anni ’70: Smith, Leverett, Hoyland, Camoni, Caccioni, Dorazio, Fogli, Folci ecc…
La prima cosa che ha pensato quando ha visto installate, come fotogrammi di un lunghissimo film, le immagini scattate da Michele Alberto Sereni sulle mostre realizzate negli ultimi dieci anni?
Devo dire che non ho dato grande importanza ai dieci anni, perché in confronto ai quasi 50 dalla nascita della galleria non rappresentano un numero particolarmente emozionante… ho trovato però divertente rivedere tutte quelle foto, veramente non mi sembrava fosse passato tanto tempo. Tutto mi è parso molto recente e molto vivo. Una bella sensazione.
Guardare indietro spinge a fare i conti con soddisfazioni, delusioni, stimoli e spunti per progetti futuri… Con quale filosofia ha pensato alla mostra Dieci anni in Galtarossa e come pensa sarà utile questo flashback per impostare il lavoro futuro?
Ho già intitolato la mostra dopo i 35 anni, je ne regrette rien, ed è ancora così: non che non mi renda conto di aver fatto degli errori o delle valutazioni azzardate, ma mi sembra che il tutto faccia parte proprio del mio carattere e della vita in generale. Avrei voluto fare anche altre cose ma non è stato sempre possibile. A volte divento intollerante e per puntiglio scarto delle cose, per fortuna guardando quelle foto so solo io cosa non avrei dovuto scartare o scegliere. Quello che ho capito riguardando questi dieci anni è che ci sono state delle mostre che mi hanno dato veramente piacere e mi hanno fatto capire cose che non avrei mai potuto comprendere se non vivessi nell’arte. È sempre utile fare un riepilogo per poter continuare con le motivazioni giuste.
Il luogo scelto come ultima sede della galleria, come ha sottolineato anche Marco Meneguzzo in un testo in catalogo, non è affatto scontato. In un certo senso Studio la Città ha assistito, e partecipato, alla nascita di un nuovo distretto creativo veronese?
Non credo proprio di essermi spostata in Lungadige Galtarossa perché pensavo di iniziare un distretto creativo veronese… Dieci anni fa in questa città questo concetto era ancora in fieri. Ho scelto questo posto semplicemente perché mi piaceva!
Questo spazio è lo spazio ideale per il mio lavoro: soffitti alti, spazi aperti, luce fantastica è il sogno di qualsiasi gallerista newyorchese. È anche vero che quando mi sono spostata, alcuni amici mi hanno detto con preoccupazione che ‘andavo in periferia’ (in realtà siamo a poco più di 800 metri dall’Arena), ma è pur vero che l’arte contemporanea fa fatica a trovare spazi nei centri storici delle città Italiane.
The Bike Connection, il secondo progetto inaugurato in parallelo in galleria, lo scorso 16 settembre, è strettamente collegato sia agli spazi di galleria sia all’arte e agli artisti con cui collabora. Ci può raccontare il legame con Dario Pegoretti?
La mostra The Bike Connection è una stravaganza nata inizialmente per caso, poi è diventata una cosa seria e attualissima. Ho conosciuto Dario Pegoretti perché uno dei miei artisti, Jacob Hashimoto, aveva già una sua bicicletta e mi parlava di questo telaista spiegandomi che era il number one nel suo settore. Quando per caso si è trasferito in un capannone della Galtarossa l’ho conosciuto e, naturalmente, Hashimoto ha subito voluto un’altra bici. La condizione di Pegoretti è stata che se la dipingesse Hashimoto stesso. Così la bicicletta reca due firme: quella di Pegoretti e quella di Hashimoto. Da qui è nata l’idea di fare una mostra sulle eccellenze della bici e dell’arte per far capire che la qualità è la cosa che unisce tutto. Così è intervenuta la Brooks England number one delle selle in cuoio raffinatissimo e il lavoro di due artisti, Jacob Hashimoto e Dario Pegoretti. Abbiamo poi completato la “connection” con il design esponendo per gentile concessione di Zanotta quattro sgabelli Sella di Gian Giacomo e Achille Castiglioni. Ho poi invitato Shaun Gladwell, artista australiano di fama internazionale, a fare una performance su una sua bici, è stato emozionante, degna del più grande museo contemporaneo!
Insomma ci siamo veramente divertiti. Desideravo proprio aprire la stagione in un modo ludico per dare avvio ad una stagione che auspico ricca di idee nuove.
Com’è cambiato il lavoro del gallerista in questi ultimi dieci anni? Quali valutazioni sono davvero fondamentali per creare basi solide?
In questi dieci anni il mondo dell’arte è cambiato tantissimo, come del resto un po’ tutto nel mondo. Io cerco di mantenere gli ideali e la ricerca di quando ho iniziato. La globalizzazione ha cambiato molte cose, internet e i social hanno stravolto la comunicazione. Non ho sempre voglia di far sapere a tutti chi sono e quello che faccio, trovo che chi cerca deve cercare, se riceve tutto su un piatto o lo scopre con un click non ha lo stesso significato e rischia di fraintendere l’importanza della notizia e la necessità di approfondire. La conseguenza di questo è lo sguardo superficiale, la necessità di produrre delle immagini che abbiano un impatto immediato. Ho letto questa frase tempo fa: “…ciò che non si vede ma che esiste, coperto dal silenzio, in attesa dello sguardo che sa vedere”. Vorrei continuare a credere di avere quello sguardo.
Dieci anni in Galtarossa. Misura del tempo
foto di Michele Alberto Sereni
catalogo con testo di Marco Meneguzzo
The Bike Connection
Dario Pegoretti – Brooks England
con video e performance di Shaun Gladwell
16 – 30 settembre 2017
Studio la Città
Lungadige Galtarossa 21, Verona
Orari: da martedì a sabato, dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 19:00
Info: +39 045 597549
info@studiolacitta.it
http://studiolacitta.it/