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Intervista a LAETITIA KY di Francesca Di Giorgio*
con la partecipazione di Amélie Diabate

Mentre sta per chiudere la 59. Biennale di Venezia, il prossimo 26 novembre, una delle sue protagoniste, l’artista di origine ivoriana Laetitia Ky (Abidjan, 1996) apre una sua personale in Italia, da LIS10 Gallery, ad Arezzo, dal titolo, Empow’Hair (con una installazione del giovane Marco Rambaldi), a cura di Alessandro Romanini. Una mostra che mette in dialogo arte e fashion design, allineandosi alle tematiche, alle finalità e alla metodologia Do-It- Yourself delle opere dell’artista ivoriana.
L’opera della Ky, scelta come immagini guida della mostra è, ancora una volta, uno stimolo a riflettere su ciò che accade alle donne in diverse culture prendendo spunto da fatti di cronaca contemporanea come, in questo caso, la morte, a causa della brutalità della polizia morale iraniana, della giovane donna di 22 anni, Mahsa Amini. In Iran per le donne è obbligatorio coprirsi i capelli e il collo, chi osa non seguire queste regole è in pericolo. «Le donne dovrebbero avere il diritto di scegliere il modo in cui vogliono vestirsi. La cultura del pudore o dell’ipersessualizzazione non dovrebbe far pressione su di loro. Alziamo la nostra voce per Mahsa Amini, per le donne iraniane e per tutte le donne di tutto il mondo che si sentono oppresse dall”hijab obbligatorio» dichiara l’artista in uno dei suoi recenti post pubblicati sul suo profilo social veicolo di messaggi quotidiani sui temi a lei più vicini…

Leggi ora l’intervista a Laetitia Ky che le è valsa la cover del numero #118 di Espoarte…

La incontriamo in una sera di aprile durante la festa di apertura del Padiglione Costa d’Avorio della 59. Biennale di Venezia. Siamo nel grande cortile dell’Accademia di Belle Arti in Fondamenta Zattere, a pochi passi dal Magazzino del Sale 3, sede ufficiale del Padiglione ivoriano, The dreams of a story, a cui Laetitia Ky partecipa come unica donna africana insieme a Aboudia, Armand Boua, Frédéric Bruly Bouabré, Aron Demetz e Yeanzi.
Impossibile non vederla. Laetitia da lontano sembra una Medusa che porta sulla sua testa un immenso bouquet di fiori coloratissimi. Non è un copricapo, sono i suoi capelli acconciati come un fascio di radici e steli che partono dalla sua testa e si protendono in tutte le direzioni a disegnare lo spazio come farebbe una scultura qualsiasi. È una delle tante opere che la Ky realizza a partire dal suo corpo, un corpo molto presente anche nelle sue pitture, e che si fa base partecipe per una scultura mobile e metamorfica, esatto contrario di monumento, portavoce di messaggi molteplici legati a grandi temi contemporanei filtrati da elementi identitari nazionali, costumi e folklore ivoriani. Questioni di razza, genere e giustizia sociale sono alla base delle riflessioni dell’artista diventata conosciutissima attraverso i suoi profili social, instagram su tutti, e che usa, con la disinvoltura di chi è cresciuta con questi mezzi di comunicazione.

Laetitia Ky Pow’hair (instead of power), 2022, c-print mounting on Diasec – plexiglass satin, cm 120×80. Courtesy of Laetitia Ky and LIS10 Gallery

Una giovane donna, classe 1996, che comunica (mentre scrivo ha raggiunto quota 507mila follower su Ig) ad un pubblico trasversale il suo essere donna, nera, nel 2022, e la necessità di diffondere messaggi di autostima, accettazione delle diversità, libertà di espressione oltre gli stereotipi con uno sguardo speciale alle donne che ancora lottano in modi differenti per vedere riconosciuti diritti fondamentali della persona o affermare la propria personalità senza timore di giudizi o ripercussioni. Basta guardare una delle ultime immagini/testo lanciata da Laetitia Ky, in occasione della Giornata dell’igiene mestruale. «Una giornata per rompere i tabù e porre fine allo stigma che circonda le mestruazioni […] Le mestruazioni sono e saranno sempre una parte della vita delle donne. Tuttavia, non importa quanto sia biologico e naturale questo fenomeno, le mestruazioni sono un tabù, come tutto ciò che riguarda l’intimità di una donna e può condizionarla socialmente, specialmente nelle zone rurali. Per molte persone una donna con le mestruazioni è considerata impura, addirittura quasi “maledetta”. Questo spiega perché in alcuni paesi non è consigliabile che la donna che ha il ciclo cucini, tocchi certe cose o persone, preghi o svolga alcune attività. In alcuni luoghi esistono anche capanne dove le donne con il ciclo sono costrette ad andare durante quel periodo, allontanate dal villaggio, perché impure. Anche nelle aree sviluppate il tabù esiste. Le donne possono essere ridicolizzate o derise a causa di una macchia di sangue. In tv e negli spot il sangue è blu… […]. Con piccole azioni combinate possiamo aiutare a costruire un mondo in cui ragazze e donne smettano di sentirsi come se fosse un peso nascere con il nostro sesso […]». Recita il lungo post della Ky del 28 maggio scorso.
Solo qualche settimana prima, una carrellata di acconciature storiche, associate alle sue fedeli sperimentazioni contemporanee, svelano gli inizi della sua pratica scultorea con i capelli. «Se non avessi trovato un paio di anni fa un album fotografico che mostrava più di 100 donne africane con le acconciature che indossavano prima della colonizzazione, sicuramente non avrei mai iniziato! I capelli hanno svolto un’importante funzione culturale nelle società pre-coloniali. A seconda della società, usavano l’acconciatura per comunicare sulla loro religione, ricchezza, età, classe sociale, tribù, identità etnica, stato civile. I capelli avevano anche molte connotazioni spirituali comunicando su cose come fertilità, vitalità (più capelli hai, più fertile e forte, sano, potente dovresti essere) e i capelli erano per alcuni un modo per comunicare con il divino (più lunghi sono i capelli, più sei ricettivo a ricevere messaggi da entità spirituali) […].
In contemporanea alla 59. Biennale di Venezia ha dato alle stampe il suo libro Love and Justice: A Journey of Empowerment, Activism, and Embracing Black Beauty ed è già impegnata su fronti differenti: nuove mostre, nuovi contenuti, opere pittoriche, video e performance da attrice.
Iniziamo a parlare con lei partendo da lontano, della sua infanzia e adolescenza…

Laetitia Ky, Feminist!, 2022, c-print, mounting on diasec-plexiglass satin. Courtesy of Laetitia Ky and LIS10 Gallery

Che rapporto avevi con i tuoi capelli da adolescente? Quando hai iniziato a pensare che sarebbero potuti essere un punto di forza, un orgoglio e un mezzo per esprimerti? Hai mai pensato di tagliarli o fare trattamenti liscianti? Come ti prendi cura dei tuoi capelli ogni giorno? Hai un trucco per conservarli al meglio?
Il rapporto con i miei capelli si è evoluto molto nel corso degli anni. Non ho ricordi di me bambina con i capelli “naturali”: mi hanno lisciato i capelli per la prima volta quando avevo cinque anni. La procedura “rilassante” utilizza sostanze chimiche che raddrizzano i capelli
scomponendoli e riformulando le componenti del capello. Durante tutta la mia infanzia, i miei capelli veniva lisciati ogni tre mesi. I miei capelli erano naturalmente lunghi e forti, ma dai nove ai dodici anni sono stata costretta a radermi nel tentativo di aiutarmi a concentrarmi sulla mia educazione. Si pensava che le “belle” ragazze con i capelli lunghi avrebbero passato troppo tempo a prendersi cura dei loro capelli e si sarebbero concentrate sui ragazzi e sugli appuntamenti, invece che sui loro studi.
Quando ho compiuto tredici anni, non ero più costretta a osservare questa regola. Ero pronta a godermi i miei capelli e a lasciarli ricrescere. Poiché ormai ero grande, non ero più interessata alle trecce carine e infantili a cui ero abituata ed ero orientata verso acconciature che richiedevano che i miei capelli fossero perfettamente lisci. Non avevo idea di come prendermi cura dei miei capelli, li lisciavo una volta un mese, a volte anche ogni tre settimane.
Oltre al dolore e al disagio del processo di rilassamento, ho scelto acconciature estremamente stressanti per i miei capelli e il cuoio capelluto. La mia routine consisteva nel rilassare i capelli, tingerli, lavarli, intrecciarli, o chiuderli in una stretta treccia. Così, a quindici anni, i miei capelli erano diventati deboli, sottili, fragili ed estremamente danneggiati.

Laetitia Ky, African kitchen, 2022, c-print, mounting on Diasec – plexiglass satin, 75×50 cm
Edition of 5 + 2 Ap. Courtesy of Laetitia Ky and LIS10 Gallery

Ad essere sincera all’epoca non sapevo nemmeno che indossare i miei capelli naturali potesse essere un’opzione. Non avevo nessun modello che mi dimostrasse fosse possibile. Anche le bambole che avevo da piccola erano tutte bianche e con i capelli lisci. Mi andava bene così, non mi ponevo troppe domande sul perché lisciare i capelli. Ho semplicemente pensato tra me e me: non tutti possono avere i capelli lunghi e lisci come quelli delle Barbie o dei Bianchi visti in TV o nei film. Pensavi che la tecnica di lisciare i capelli fosse semplicemente un modo per sembrare tutti più belli. Poi, dopo un incidente in cui ho perso più di un quarto dei miei capelli a causa di un procedimento stressante ho iniziato a cercare soluzioni su internet e YouTube per farmi ricrescere i capelli e ho scoperto una comunità di neri americani dai capelli naturali. Fu una scoperta! A quindici anni, per la prima volta, mi resi conto che non solo era un’opzione praticabile astenersi dal lisciare i capelli, ma era possibile per le persone che mi somigliavano essere belle indossando i loro capelli naturali. Ho scoperto così suggerimenti e trucchi per una corretta cura dei capelli e ho subito capito che la mia routine era dannosa non solo per loro, ma anche per la mia salute in generale.
È stata per me una svolta che mi ha aperto la strada a nuove possibilità e idee attorno ai concetti di bellezza, orgoglio e autostima. Sono tornata così ai miei capelli al naturale e un paio di anni dopo, ispirata da un album fotografico che ritraeva donne africane nell’era pre-coloniale con le loro acconciature tradizionali, ho iniziato a scolpire con i miei capelli e ad usarli come un modo per esprimermi.
Oggi non faccio quasi nulla per la cura dei miei capelli. Un lavaggio accurato una volta al mese, un’asciugatura in profondità ed il gioco è fatto! I miei capelli non hanno bisogno di molti lavaggi.

Laetitia Ky, African hairtistry, 2022, c-print, mounting on Diasec – plexiglass satin, 75×50 cm
Edition of 5 + 2 Ap. Courtesy of Laetitia Ky and LIS10 Gallery

Hai imparato l’arte dell’intrecciare i capelli, molto piccola, a cinque anni da tua madre, ma lei come ha visto questo tuo modo di esprimerti? La tua famiglia ti ha appoggiata? E le altre donne ivoriane, africane e nel mondo?
Mia madre mi sostiene ed è felice delle grandi opportunità che ho ogni giorno. In Costa d’Avorio e dall’altra parte dell’Africa alcuni apprezzano davvero la mia arte e ciò che rappresenta e altri no. Io scelgo sempre di concentrarmi sul positivo.

Esiste ancora timore e reticenza nel far crescere i capelli afro e mostrarli al naturale, quale messaggio ti sentiresti di mandare alle donne a riguardo?
Direi che nessuna vera libertà o felicità è possibile se non accettiamo pienamente ciò che siamo dentro e fuori. Amare se stessi è il primo passo da fare per essere in grado di avere la forza di ottenere tutto ciò che desideri nella vita.

Laetitia Ky, Feminist! 2022, c-print, mounting on Diasec – plexiglass satin, 75×50 cm
Edition of 5 + 2 Ap. Courtesy of Laetitia Ky and LIS10 Gallery

Quando pensi alla Laetitia bambina, qual è la prima immagine che ti viene in mente?
Quando penso a me stessa bambina penso solo alle insicurezze, ne ho avute molte. Tutto di me era un problema ai miei occhi. Capelli, pelle, naso, corpo e anche il fatto che fossi una donna. Tornare al naturale ed imparare ad amare i miei capelli, mi ha aiutata ad apprezzare anche i miei lineamenti da donna nera, inclusa la bellezza della mia pelle scura e la mia faccia con il suo grande naso. Innamorarmi dei miei capelli mi ha fatto innamorare di me, del mio essere nera e della mia femminilità.

Parlando del tuo lavoro non possiamo non pensare alle artiste che negli Anni ’70 hanno usato il loro corpo per fare arte e lo hanno fatto in una declinazione fortemente politica e sociale. Penso ad esempio a Carolee Schneemann (1939-2019) che sviluppò l’aspetto erotico-politico del femminismo e dell’emancipazione della donna. Nell’opera Interior Scrool del 1975, l’artista estrasse dalla vagina, intesa come sorgente di conoscenza interiore, un suo scritto di ispirazione femminista, di cui poi diede lettura al pubblico. Hai mai guardato al lavoro di queste artiste con una tua chiave contemporanea?
Come raccontavo prima, ho iniziato a fare arte perché sono stata ispirata principalmente da alcune mie antenate. Dalle donne e dalle loro pettinature prima della colonizzazione. Ora, quando creo, prendo ispirazione dalle mie esperienze di donna africana nera, dall’esperienza degli altri, dall’attualità, dalla società in cui vivo e dalle sue problematiche.

Padiglione Costa d’Avorio, The Dreams of a story, veduta dell’installazione di Laetitia Ky, 59. Esposizione Internazionale – La Biennale di Venezia. Ph Nicola Gnesi. Courtesy: LIS10 Gallery

Dopo gli Anni ’70, alle esperienze di Body Art, manca la carica sovversiva e il senso di sfida che, a partire da una riflessione personale e intima, si allarga al contesto sociale. Quali pensi siano oggi i mezzi per arrivare ad un più ampio pubblico possibile e trasmettere un messaggio trasversale che superi questioni di genere e razza?
Non so se alcuni mezzi siano migliori di altri, ma quello che ho imparato è che quando vuoi trasmettere un messaggio e vuoi che le persone lo ricevano, non devi mai censurare la tua voce. Non devi preoccuparti se il contenuto del tuo messaggio sarà scioccante o meno, apprezzato, condiviso, deriso… Devi solo esprimerlo nel modo che ti sembra il più forte possibile e non aver paura di essere audace.


Laetitia Ky, Padiglione della Costa dìAvorio, 59. Biennale d’Arte di Venezia

Laetitia Ky è un’artista e attivista ivoriana nata ad Abidjan nel 1996. All’età di 15 anni, ha conseguito il diploma di maturità letteraria e ha iniziato a studiare economia presso l’Istituto Politecnico Nazionale di Yamoussoukro. Nel 2016 ha iniziato a realizzare sculture intrecciandosi i capelli e pubblicando fotografie su Instagram, Facebook e Twitter. Realizza le sue trecce incorporando vari materiali: fili di metallo, appendini, fili, cera o extension per capelli. Il femminismo è una delle sue fonti di ispirazione che media attraverso l’arte e la moda. Nel 2018 è diventata la ivoriana più seguita su Instagram con oltre 63.000 iscritti e ha lanciato un marchio di abbigliamento, Kystroy, che mescola cera e jeans sfilacciati. Lavora con marchi di moda per promuovere i loro prodotti usando le sue sculture di capelli, come con il marchio di calzature etiche Umòja alla fine del 2019, Marc Jacobs nel 2020 o Giuseppe Zanotti nel 2021.
Recita nel film La Nuit des rois di Philippe Lacôte, selezionato alla Mostra del Cinema di Venezia 2020 nella sezione Orizzonti. Nell’aprile 2022 pubblica il suo libro Love and Justice: A Journey of Empowerment, Activism, and Embracing Black Beauty e, fino al 27 novembre 2022, sue opere sono in mostra all’interno del Padiglione della Costa d’Avorio della 59. Esposizione Internazionale – la Biennale di Venezia dal titolo The dreams of a story, a cura di Massimo Scaringella e Alessandro Romanini.


* Tratto dall’intervista pubblicata su Espoarte #118: https://www.espoarte.net/shop/shop/espoarte-118/


 

Laetitia Ky. Empow’Hair
con una installazione di Marco Rambaldi

A cura di Alessandro Romanini

LIS10 Gallery
Via Cavour n° 5, Arezzo

26 novembre 2022 – 15 gennaio 2023
Inaugurazione sabato 26 novembre dalle 12.00 alle 20.00

Info:  +39 3473667794
info@lis10gallery.com
https://www.lis10gallery.com/

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