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BOLZANO | Museion | Fino al 25 maggio 2015

Intervista a ROSSELLA BISCOTTI di Corinna Conci foto di Gianluca Turatti 

Quando un progetto artistico diventa strumento di consapevolezza? La trasposizione di situazioni sociali e politiche all’interno del mondo dell’arte è caratterizzata da un’elaborazione dei concetti che apre nuove visioni. Analisi e approfondimenti permettono di inquadrare la nostra struttura culturale e localizzarci all’interno di essa. Ma per arrivare a scattare questa istantanea bisogna prendere in considerazione la nostra storia. Oggetto del discorso di questa artista sono i fantasmi del passato, che vengono rivalutati per essere elaborati nuovamente nel qui ed ora, apparentemente come in un percorso psicoterapeutico. Rossella Biscotti supera il procedimento personale e prende in considerazione fantasmi collettivi, sociali e politici.
Museion presenta la sua prima personale in un museo italiano: tra le opere, i calchi in silicone azzurro delle Teste in Oggetto (2009), cinque teste di bronzo di Vittorio Emanuele III e Benito Mussolini realizzate nel 1942 per l’Esposizione Universale di Roma, che rivitalizzano un pezzo di storia ancora oggi incisa nei nostri giorni. Sono esposti anche i calchi in piombo facenti parte del progetto The Prison of Santo Stefano (2011-13), frammenti del primo panopticon per ergastolani costruito nel 1793 sull’isola pontina di Santo Stefano. Tra i lavori realizzati per l’occasione invece, Note su Zeret, appunti di viaggio alla grotta di Zeret in Etiopia, rifugio di un gruppo di sostenitori della resistenza etiope massacrati dalle truppe coloniali italiane nel 1939, ed un nuovo video per la facciata di Museion.

Il titolo della mostra recita L’avvenire non può che appartenere ai fantasmi. Ciò che noi abbiamo vissuto ieri viene rappresentato nell’attualità…
Il titolo è una citazione dal libro Gli spettri di Marx del filosofo francese Jacques Derrida.

Rossella Biscotti, Le teste in oggetto, 2014. Foto Gianluca Turatti. Museion, Bolzano

Le tue opere raccontano storie che, solitamente, rimangono dentro alcune aree di attività chiuse su se stesse. Come descriveresti il tuo ruolo nel procedimento di traduzione di situazioni politiche e sociali in situazioni artistiche?
Per me sono sempre interpretazioni di alcune situazioni, pensieri, concetti che non rappresentano la politica o la situazione tout court. Nel caso del progetto The Prison of Santo Stefano (2011-13) l’esperienza che porto non è solo quella del carcere in sé, ma anche di chi ha realizzato il lavoro, di chi ha battuto il piombo sul pavimento delle celle e del corridoi, e di chi l’ha trasportato sull’Isola. Quello che io propongo è una riflessione sulle tracce che sono rimaste, sullo spazio e il costringimento fisico e psicologico delle persone che erano lì, e lo faccio attraverso il materiale. In qualche modo se vuoi fare l’esperienza di Santo Stefano devi andare a Santo Stefano. Credo che se vuoi vedere che cos’è il carcere devi andare nel carcere così come se vuoi effettivamente avvicinarti alla politica devi farla attivamente.

Rossella Biscotti, The Prison of Santo Stefano, 2011 2013. Foto Gianluca Turatti. Museion, Bolzano

Il tema delle carceri compare spesso nelle tue ricerche. Ne è un esempio, oltre The Prison of Santo Stefano (2011-13), anche il laboratorio I dreamt that you changed into a cat…gatto…ha ha ha (2013), opera che hai realizzato nel carcere dell’Isola della Giudecca per la 55. Biennale di Venezia. Da cosa nasce l’interesse per questo ambito difficile e delicato?
In realtà sono tutti progetti collegati. Sono passata da un lavoro all’altro seguendo le tracce che comparivano. Tutto è partito da Il processo, lavoro che ho iniziato nel 2006 ed è ancora in qualche modo in corso. In questi anni ho avuto occasione di conoscere alcune persone che hanno subito vari anni di carcere: attraverso i loro racconti ho iniziato a lavorare sul progetto successivo, quello del carcere di Santo Stefano e, infine, sul laboratorio onirico che ho realizzato per la Biennale di Venezia.

Le tue opere non sono riconducibili immediatamente ad una mentalità maschile o femminile, bensì ad un pensiero aperto ad una varietà di dinamiche umane. Come vivi il tuo essere donna nella produzione dei tuoi lavori?
Non rifletto mai come donna né sui procedimenti né sulla relazione dell’opera con il pubblico. È chiaro che il femminile è parte del mio essere e forse in qualche modo diventa parte del lavoro anche se non è detto. In alcuni casi esiste, invece, una specificità di genere, perché certi lavori non potevano essere fatti da uomini o non avrebbero avuto la stessa intensità e intimità come per esempio il lavoro nel carcere femminile dell’Isola della Giudecca per la Biennale di Venezia.

Rossella Biscotti. “L’avvenire non può che appartenere ai fantasmi”
a cura di Letizia Ragaglia

31 gennaio – 25 maggio 2015

Museion
via Dante 6, Bolzano

giovedì ore 19 visita guidata gratuita alla mostra
Ogni sabato e domenica pomeriggio dalle ore 14 alle ore 18 si svolgono i “dialoghi sull’arte”: i mediatori sono a disposizione del pubblico per domande sulle opere in mostra e sull’arte contemporanea in generale.

Orari: da martedì a domenica ore 10.00/18.00

Info: +39 0471 223413
info@museion.it 

www.museion.it

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