LECCO | Galleria Melesi | 14 marzo – 9 maggio 2015
Intervista a EDUARD HABICHER di Gabriele Salvaterra
Ha aperto lo scorso marzo e c’è ancora tempo fino a maggio per visitarla. Si tratta dell’ultima personale di Eduard Habicher (1956), scultore altoatesino che ha fatto della leggerezza e della sinuosità materica la sua riconoscibile cifra stilistica. La mostra alla Galleria Melesi di Lecco non è solo un aggiornamento sulla recente produzione dello scultore ma anche l’occasione per osservare la nuova opera Will kommen che andrà ad integrarsi stabilmente con l’architettura dello spazio espositivo. Ci siamo confrontati con l’artista su questi aspetti:
Partiamo dalla conclusione con la tua mostra alla Galleria di Sabina Melesi a Lecco. Uno degli aspetti più interessanti di questa personale è forse il tuo intervento all’ingresso della galleria. In questo lavoro (Will Kommen) hai fatto i conti con diversi elementi: la specificità del luogo, l’architettura, lo spazio pubblico. Ci vuoi parlare delle scelte che hai preso in questo intervento?
Il lavoro installato sul balconcino d’ingresso della galleria si affaccia sulla centralissima Via Mascari e porta il titolo Will kommen: benvenuto! È un lavoro che richiama due ali aperte e che dà un accogliente benvenuto al visitatore. Will kommen è anche un gioco di parole, aprendo la parola – come un bambino può aprire il suo giocattolo – si scoprono altri significati: anche lei, anche lui, vogliono venire. Il materiale usato è la putrella d’acciaio IPE in uso per le costruzioni edilizie. È un materiale di forte connotazione razionale ed ingegneristica. È proprio questo aspetto che viene messo in dubbio, aggiungendo quello della fantasia e dell’imprevedibile. Si tratta di un tentativo di dialogo tra due opposti per rivalutare, mettendoli in equilibrio, sia l’aspetto rigoroso, razionale, che quello irrazionale e poetico. Questo lavoro continua nel dialogo con l’architettura, che è parte del mio lavoro.
I tuoi lavori sono spesso installati a parete e hanno le caratteristiche di segni nello spazio quasi grafici. Come interviene la scultura nello spazio in cui è contenuta?
La scultura agisce come stimolo, si tuffa come elemento minimo nello spazio e porta l’intercapedine a vibrare. Questo procedere dà la prevalenza al togliere più che al riempire. Mira ad attivare lo spazio vuoto. La scultura entra nello spazio fisico e psichico dello spettatore e mette in atto un contatto con lui. Il dialogo che intende così instaurare si costruisce tramite un campo di forza del quale fa parte anche il pubblico.
In questo procedimento la leggerezza sembra un aspetto fondamentale, che significato ha per te?
La leggerezza visiva del lavoro vuole riflette la condizione umana. In equilibrio sospeso le forme quasi scivolano, si fermano all’ultimo momento prima del precipizio, fermate da un ancoraggio qualsiasi. Partendo da questa visione si accetta la perdita della sicurezza delle conoscenze acquisite, certe, e anche quella del rischio dell’avventura spirituale. Si spalancano così spazi di libertà e campi di sperimentazione. La mancanza di sicurezza assoluta permea tutto, e come tutto è precario, tutto diventa possibile, si mantiene in bilico tra realtà e immaginazione, tra concretezza e possibilità. La realtà è insicura, è possibilità di accadimenti.
In una tua precedente mostra avevo notato nella tendenza delle tue strutture metalliche a sostenere e comprendere altri elementi un’esigenza a contenere e proteggere. È una lettura in cui ti riconosci?
Il sociologo G.P. Prandstraller parla riguardo al mio lavoro di “principio benevolo” e sottolinea il concetto di aiuto e salvezza; di un senso di protezione che emana dalle strutture apparentemente casuali e provvisorie. Aggiungo poi che questo principio rappresenta in modo del tutto leggibile la condizione esistenziale dell’uomo d’oggi, il quale, preso in mezzo al disordine, intuisce che l’unica cosa seria nella vita è la vita…
C’è una simbologia particolare nella scelta dell’acciaio inox, delle putrelle rosse, del vetro di murano o sei guidato da un piacere materico “astratto” verso questi materiali? Cosa ti ha spinto alla loro scelta?
La scultura è per me una linea di energia nello spazio. Per ottenere questo effetto mi aiuta la leggerezza visiva dell’installazione, il brillio della luce sulla superficie dell’acciaio inox e il colore rosso fiammante delle putrelle. Il metallo usato, sia esso la putrella da costruzione o un elemento lavorato con l’acciaio inossidabile, si smaterializza: dando così leggerezza e scatto al lavoro. Il materiale amorfo industriale si trasforma così in materia viva e vissuta. Nello spazio vuoto o in relazione con quello architettonico nascono volumi virtuali nei quali il fruitore si può immergere.
Si tratta in effetti di un racconto in cui l’aspetto immateriale ha più peso di quello materiale e concreto…
Esatto: il vuoto, l’aria, l’assenza occupano un ruolo importante nella mia ricerca. L’opera crea uno spazio intorno a sé che l’assorbe, che delimita ma non chiude. Anche l’ombra proiettata sul muro possiede una propria corposità e resta nel contempo inafferrabile come una costruzione mentale.
In conclusione che lezione può trarre l’uomo di oggi da questa scultura ineffabile e scattante?
Penso che il risultato di questa riflessione non porti per nulla a tuffarsi in un pessimismo nero, ma al contrario ad accettare la vita attiva, consapevole, serena e ottimista.
Eduard Habicher. Will kommen
14 marzo – 9 maggio 2015
Galleria Melesi
Via Mascari 54, Lecco
Orari: da martedì a sabato 16.00-19.00, altri orari su appuntamento
Info: +39 0341 360348; +39 348 4538002
info@galleriamelesi.com
www.galleriamelesi.com