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VENEZIA | Chiesa di San Fantin | 16 aprile – 2 ottobre 2024

Intervista a REZA ARAMESH di Giorgia Basili

A terra 207 indumenti intimi maschili, a grandezza naturale, in marmo bianco di Carrara.
L’involucro senza contenuto va oltre l’idea di feticcio. Il boxer contiene, protegge da occhi indiscreti, raccoglie le scorie, i liquidi del corpo, il seme. Delle mani afferrano il prigioniero, lo strattonano, lo colpiscono e gli tengono la testa bassa mentre una benda copre i suoi occhi e lo porta a perdere le coordinate, non solo spazio-temporali. Non sa più se siano le tenebre o la luce a ferire maggiormente, la consapevolezza dell’orrore o l’ignoranza e la cecità.

207 indumenti maschili, avvolgevano la vita e contenevano la dignità. Cos’è un vestito, alla fine? Soprattutto, se pensiamo agli abiti in un momento nel quale si ambisce alla riconnessione con la Natura, al contatto umile con la terra, alla riscoperta della selvaticità dell’essere umano e del suo “stato brado”?
Gli indumenti intimi sono sinonimo di civiltà. In tutte le società, anche in quelle in cui la nudità non è un tabù come nelle tribù indigene, i perizoma servono a proteggere dagli insetti, dalle intemperie, dagli sbalzi termici. L’indumento intimo è un confine che si varca quando si dis-mette, si decide di privarsene, l’ultimo che lascia le nostre membra prima di un atto di piacere, d’amore, di vita o di semplice corporeità, “bisogno fisico”.
L’indumento intimo è parte del modo in cui ci presentiamo, del nostro “costume” tradizionale, del relazionarsi con l’altro. E cosa accade quando l’uso del potere arriva a invadere lo spazio vitale della persona, a nuocere alla sua salute fisica, mentale e psicologica? Quando si prova a strappare l’ultimo lacerto di dignità privando l’avversario di ogni difesa?

Reza Aramesh, “NUMBER 207”, Study of Sweathcloth as an Object of Desire, Action 248-454, Hand carved and polished Bianco Michelangelo marble, Installation size variable, 2023/2024, Installation detail, ph. Luca Asta, Courtesy Reza Aramesh studio

Curata da Serubiri Moses, in occasione della 60. Biennale di Venezia, l’esposizione Reza Aramesh: NUMBER 207 riflette su questo, sui meccanismi di potere e sul suo abuso, sulla brutalità del trattamento dei prigionieri politici.
Reza Aramesh è un artista britannico di origine iraniana che ha studiato la Storia dell’Arte Europea e, in particolare, la scultura rinascimentale, barocca ma anche neoclassica italiana, basti pensare ai legami formali con Antonio Canova. Aramesh torna a Venezia dopo aver preso parte al padiglione iraniano della 56. Biennale.

Reza Aramesh, “NUMBER 207”, right: Site of the Fall–Study of the Renaissance Garden Action 245: At4:00pm, Friday 08 September 1950, Hand carved and polished Carrara marble, 109.5x75x240 cm, 2024,  left: Site of the Fall–Study of the Renaissance Garden Action 218: At8:26pm, Thursday 16 November 2017, Hand carved and polished Carrara marble, 100.5cm,x72.5x250cm2024. ph. Luca Asta. Courtesy Reza Aramesh studio

L’installazione Study of Sweatcloth si compone appunto del numero sopraindicato di pezzi di biancheria intima. Eppure, la tortura non viene trasfigurata in maniera voyeristica e si costruisce una sottile critica alla storia dell’arte occidentale.
Ciò che più stride, andando a pungolare le nostre aspettative, è la dicotomia tra leggerezza estetica e pesantezza del contenuto: le sculture dei prigionieri, immortalati mentre si spogliano degli abiti, presentano un vestiario e un gusto attento al mondo del fashion occidentale, come si può ritrovare anche nelle sculture e nei dipinti di un artista come Kehinde Wiley, esposto presso la Fondazione Cini nell’arco della 59. Biennale.

Tre serie scultoree sono state realizzate appositamente per la mostra e sono in marmo di Carrara, estratto dalla Cava Polvaccio, la stessa da cui attingeva e selezionava i blocchi Michelangelo Buonarroti.
La Chiesa di San Fantin, proprio di fronte al Teatro La Fenice, è stata scelta perché l’Ordine ad essa collegato, che operava nel periodo post-medievale, accoglieva i condannati a morte per confortarli prima della loro esecuzione.
Abbiamo fatto delle domande all’artista per chiarire dei punti nodali nel suo lavoro.

Reza Aramesh, Study of the Head as Cultural Artefacts, Action 237, Hand carved and polished Bianco Michelangelo marble, 27.9x16x35.9 cm, 2024/2023, ph. Luca Asta, Courtesy Reza Aramesh studio

Perché ha deciso di non estendere la riflessione anche alle detenute?
Le donne sono state storicamente rappresentate attraverso lo sguardo maschile, cosa che ritengo problematica e voglio evitare questo tipo di didattica nella mia pratica.

Perché i capi di biancheria intima sono tutti simili e hanno caratteristiche da moda occidentale?
Si tratta di biancheria intima contemporanea che viene indossata in modo simile in tutto il mondo. Nella fast fashion contemporanea c’è un appiattimento culturale che viene assorbito in modo uniforme ovunque. Volevo riflettere questo tipo di appiattimento visivo nello stesso modo in cui ho reagito all’appiattimento della figura ridotta a numero.

C’è un motivo in più, oltre al numero del suo studio a Londra, per il numero di 207 capi?
Al di là della coincidenza con il numero del mio studio di Londra, che ho scoperto solo dopo la definizione del titolo della mostra, l’esposizione NUMERO 207 è ulteriormente ispirata alla numerologia di Pitagora, il quale credeva che “Tutto è numero”. I numeri, per Pitagora, sono concetti simbolici capaci di riflettere l’ordine universale, piuttosto che semplici punti di riferimento lungo una linea. Il filosofo greco descrisse in termini teologici i concetti simbolici della Monade come “l’origine dell’Uno” − l’intelligenza e il bene − e della Diade, la Materia, considerata come origine del Male. Allo stesso modo, il numero cinque o Pentade era inteso dai Greci come il simbolo della vita. Se riuniti insieme, questi concetti numerologici dietro i numeri due e cinque − che sommati danno il sette e così via − riflettono le preoccupazioni più profonde di questa mostra. Number 207 affronta, infatti, l’espropriazione dei prigionieri lungo i confini e le zone di conflitto in tutto il mondo. Per quanto il numero possa sembrare casuale, lo è anche il processo che trasforma un essere umano in un numero statistico.

Reza Aramesh, Study of the Renaissance Garden Action 245: At4:00pm, Friday 08 September 1950, Hand carved and polished Carrara marble, 109.5x75x240 cm, 2024. ph. Luca Asta. Courtesy Reza Aramesh studio

Reza Aramesh. Number 207
a cura di Serubiri Moses
con il sostegno dell’Institute of Contemporary Art, Miami (ICA Miami)
catalogo “ACTION: BY NUMBER”, SKIRA Editore

16 aprile – 2 ottobre 2024

Chiesa di San Fantin, Venezia 

Info: https://www.actionbynumber.com/

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