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VENEZIA | 58. Esposizione Internazionale d’Arte – May You Live In Interesting Times | Fino al 24 novembre 2019

a cura di Livia Savorelli
con la partecipazione di Viviana Siviero*

CHRISTIAN MARCLAY

San Rafael, Stati Uniti, 1955. Vive e lavora a Londra.

La ricerca di Christian Marclay si basa sull’appropriazione di suoni, immagini ed oggetti preesistenti per dare vita a nuove narrazioni su più schermi.
All’Arsenale, l’artista statunitense presenta una nuova opera, 48 War Movies: in questo caso il punto di partenza sono 48 film di guerra nella loro interezza e non parti unite in un collage. Le immagini che si susseguono e si sovrappongono, facendo distinguere nitidamente solo i bordi, sono associate all’audio assordante di un bombardamento.
Si tratta di un’opera che di fatto potrebbe essere proiettata all’infinito senza mai ripetersi.

ZANELE MUHOLI

Durban, Sudafrica, 1972. Vive e lavora a Johannesburg, Durban e Città del Capo.

Zanele Muholi, Various works, 2015-2018, wallpaper, 58. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, May You Live In Interesting Times. Courtesy: La Biennale di Venezia. Ph. Italo Rondinella

La fotografa sudafricana Zanele Muholi si definisce spesso un’“attivista visiva” sia per l’impegno nell’attivismo queer sia per la sua ricerca artistica che combatte con tenacia e passione nei confronti del silenzio imposto e dell’invisibilità. Con la serie Faces and Phases, tuttora in corso, l’artista raccoglie ritratti delle donne lesbiche nere del Sudafrica.
In un’altra serie Somnyama Ngonyama, Hail the Dark Lioness realizza degli autoritratti, alcuni esposti in Arsenale come wallpaper, altri di formato più piccolo e stampe alla gelatina d’argento, presenti nel Padiglione Centrale. Attraverso il proprio corpo e la provocazione perpetrata con uno sguardo fiero, la Muholi inverte il processo rispetto a quando rivolge il proprio obiettivo sulle altre donne. Il suo sguardo, indifferrente ed imperterrito, si posa sull’osservatore e sembra dirgli: «Guardami, sono nera, sono lesbica, sono una forza che non può essere ignorata».

OTOBONG NKANGA

Kano, Nigeria, 1974. Vive e lavora ad Anversa.

Otobong Nkanga, Veins aligned, Murano glass, paint, blast furnace fusion, wet sandblasted, Lasa Marble Venato Fior di Melo®. Installation view at Arsenale, detail, variable dimensions,
58. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, May You Live In Interesting Times. Courtesy: La Biennale di Venezia. Ph. Andrea Avezzù

Otobong Nkanga è un’artista nigeriana – la cui pratica artistica abbraccia il disegno, la scultura, l’installazione e la performance – che indaga i meccanismi di causa ed effetto tra il corpo, la terra e le sue risorse naturali.
“Nessuno di noi vive in una condizione statica”, ha dichiarato l’artista. “Le identità sono in continua evoluzione, e quelle africane sono molteplici. Pensiamo per esempio alla cultura nigeriana, senegalese, keniana, francese o indiana: è impossibile parlare di un’identità specifica senza parlare dell’impatto che hanno avuto il colonialismo e lo scambio di merci, beni e cultura”.
Mentre nel Padiglione Centrale ai Giardini, sono presentati i disegni a tecnica mista che evocano lo spostamento (spesso violento) e lo scambio di minerali, energia, merci e persone, all’Arsenale si sviluppa l’opera Veins aligned, che ha ricevuto la menzione speciale della giuria. In questa importante installazione, che si sviluppa in lunghezza come un grosso serpente, l’artista utilizza il vetro e il marmo, sviluppando una riflessione che indaga come la natura incontaminata possa essere contaminata da “vene” rappresentate da sostanze chimiche e pesticidi.

TOMÁS SARACENO

Tucumán, Argentina, 1973. Vive e lavora a Berlino.

Tomás Saraceno, Spider/Web Pavilion 7: Oracle Readings, Weaving Arachnomancy, Synanthropic Futures: At-ten(t)sion to invertebrate rights!, 2019, mixed media, 58. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, May You Live In Interesting Times. Courtesy: La Biennale di Venezia. Ph. Francesco Galli

I ragni possono prevedere il futuro? Secondo l’argentino Tomás Saraceno – architetto ma anche artista e studioso di astrofisica, ambientalismo, termodinamica, biologia, aracnologia e composizione musicale – questi affascinanti esseri sordi e muti sono capaci di percepire le vibrazioni sulle ragnatele e, in questo modo, è possibile comunicare con loro (per fare una domanda al ragno, da casa, scaricare l’app Aractomancy). Così l’artista mesi prima dell’inaugurazione ha creato, ai Giardini, un ambiente ad hoc – lo Spider/Web Pavilion 7 – inserendovi molti esemplari di aracnidi sociali e semi sociali, che hanno cominciato a creare le loro magiche architetture; la struttura è stata fatta ruotare di quando in quando affinché le relazioni architettoniche si complicassero per farsi metafora dell’universo attraverso l’attuazione della consapevolezza delle interrelazioni fra i diversi sistemi che costituiscono la realtà in cui viviamo. I ragni poi sono stati rimossi perché “alieni” e ora gli stessi spazi sono in attesa di esemplari autoctoni che ne proseguano l’operato. Un’opera che non è protetta e che chiede al visitatore delicatezza; un filo indistruttibile, fragile solo nelle giunture; un’opera che si pone come un’evoluzione rispetto alle precedenti ragnatele-scultura realizzate dall’artista. Ispirato alle divinazioni praticate in alcune zone dell’Africa, Saraceno pone la struttura in relazione ad una serie di tarocchi modificati a tema, che dichiarano il ruolo degli aracnidi qui investiti della responsabilità di predire il futuro, attraverso creazioni e vibrazioni, per rivelare un messaggio fortemente ecologico attraverso il concetto di comunicazione, analogamente a quanto avviene per l’altra opera di Saraceno, esposta all’Arsenale, elegantissima ed affascinante, in stretta relazione con il circostante ed intitolata profeticamente On the disappearance of cloud… [Viviana Siviero]

SLAVS AND TATARS

Collettivo fondato nel 2006 con sede a Berlino.

Slavs and Tatars, Dillio Plaza, 2019, mixed media, 58. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia, May You Live In Interesting Times. Courtesy: La Biennale di Venezia. Ph. Italo Rondinella

Il collettivo Slavs and Tatars opera – attraverso sculture, installazioni e lecture performance – nell’ambito di due barriere considerate sia a livello fisico sia a livello simbolico: il vecchio Muro di Berlino e la Muraglia Cinese. In questo terreno scivoloso, in cui Occidente ed Oriente si scontrano e si fondono, ridefinendosi a vicenda, gli artisti mescolano in ambienti dal forte impatto visivo le iconografie dei due mondi, rappresentati simbolicamente dagli “scontri” tra cultura, politica, storia e religione che nel corso dei tempi si sono succeduti e stratificati.
L’allestimento all’Arsenale rimanda immediatamente, a livello visivo, alla sovrapposizione e al mix di stili orientali ed occidentali. La cultura, espressa attraverso la tradizione culinaria, trova una sua rappresentazione nell’installazione Dillio Plaza, una fontana all’interno di una vasca tipica di un hammam: un luogo di calma (apparente) dove poter fruire delle esalazioni inebrianti derivanti dalla fermentazione di bevande alla salamoia, messe anche a disposizione del visitatore per “recuperare le energie durante la visita della Biennale”.

Continua…

* Tratto da Espoarte Digital – Speciale Venezia

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