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PERUGIA | Palazzo della Penna | Fino all’8 agosto 2021

Intervista ad ILARIA MARGUTTI e a ROBERTO GHEZZI di Francesca Di Giorgio

Quando si parla di Natura la tentazione è forte, la si vorrebbe contenere tutta, trovare un posto nella nostra mente per custodirne i racconti non sempre immediati ad una prima lettura. Questo perché la Natura comunica con noi attraverso profondità e superficieRadici e foglie, per citare il titolo della mostra di Ilaria Margutti e Roberto Ghezzi nelle sale di Palazzo della Penna a Perugia, a cura di Michele Dantini e Michela Morelli – e tramite quel soltanto che ci avvicina ad un’idea di essenzialità da ricercare attraversando il Tutto.
Radici sospese, specchi d’acqua ideali, stoffe ricamate, disegni, libri ed oggetti sono accostati gli uni agli altri in un’armonica composizione, mai per accumulo. Si rivela così il dialogo tra due artisti mossi da un sentire comune…

Radici e foglie soltanto. Roberto Ghezzi e Ilaria Margutti, veduta della mostra, Palazzo della Penna, Perugia

In mostra si respira una certa osmosi, un flusso di energie tra opere che sembrano equilibrarsi a vicenda. Le radici geografiche comuni non bastano a raccontarvi…
Ilaria Margutti: Con Roberto ci conosciamo da qualche anno e ci siamo accorti di avere una poetica molto affine, perché ci muovono le stesse domande, amiamo molto la solitudine e fare lunghe camminate nei boschi; in entrambi vive una profonda necessità di ascoltare come la Natura si rivela all’essere umano. Forse questa somiglianza dipende dalla conformazione del territorio in cui viviamo, accompagnato anche da una cultura storico-artistica molto ricca. Ho trascorso gran parte della mia vita a Sansepolcro e l’affresco della Resurrezione di Piero della Francesca, è da sempre dentro ai miei occhi, dentro alla mia visione del mondo, scorre nei miei fili, già da prima che imparassi a ricamare. Quel Cristo immerso nel silenzio e nella luce della Valtiberina, mi ha insegnato a cercare un’armonia, non solo formale, ma anche viscerale, a come pormi difronte al paesaggio, come osservare le forme della Natura nella tragica bellezza della sua ciclicità.
In quel dipinto la vita e la morte convivono in un equilibrio perfetto: nell’istante in cui si incontrano, in quell’attimo preciso, si compie il miracolo di sentirsi a un passo dal senso dell’esistenza. Credo che ciò in cui io e Roberto ci siamo riconosciuti, risieda in una domanda per entrambi fondamentale ovvero: come tornare ad ascoltare la Terra nelle sue infinite complessità, nelle assonanze con l’essere umano e nei movimenti invisibili che accadono quando non la guardiamo.
Roberto Ghezzi: Potrei affermare che la mostra è nata, a livello di concept e di allestimento, quasi come un intreccio tra le nostre ricerche, non a caso, le radici, simbolo di legame, rete, ramificazione, compaiono sia nel titolo che in molte nostre opere. Le sale del museo di Palazzo della Penna ospitano alternativamente le mie opere e quelle di Ilaria, ma il nostro, più che confronto è, appunto, un dialogo, direi quasi un flusso. Il tema attorno al quale nascono questi ultimi lavori è ovviamente quello della Natura, tanto caro ad entrambi, seppur declinato in maniera molto diversa, con sottili punti di contatto. Se nel lavoro di Ilaria la presenza umana, diretta o mediata, è molto spesso visibile in forma o pensiero, nel mio caso la parte gestuale è quasi sempre delegata alle forze e ai misteri degli ambienti e degli ecosistemi in cui installo i miei tessuti per la creazione di Naturografie ©, le particolari opere che da molti anni caratterizzano il nucleo centrale della mia ricerca. È una mostra che ha avuto una lunga gestazione, noi stessi siamo cresciuti insieme ad essa e nelle sale si possono riconoscere quasi tutti gli aspetti del nostro ultimo percorso.

Radici e foglie soltanto. Roberto Ghezzi e Ilaria Margutti, veduta della mostra (opere di I. Margutti), Palazzo della Penna, Perugia

Se parliamo di dialogo sono evidenti le parole ricamate da Ilaria mentre nelle opere di Roberto il linguaggio sembra essere mediato, sottinteso o non del tutto manifesto… La poesia si fa presenza sensibile?
I. M. : Per me ricamare è come ritrovare il ritmo naturale del respiro generato da un movimento ciclico che mi permette di entrare in una sorta di meditazione nella quale è come se percepissi le sfumature di ciò che ci è invisibile. È come vivere dentro ai dettagli di un cosmo che si manifesta nel gesto creando un ricamo senza fine. Trovo tutto questo molto poetico già di per sé. Nell’opera Il corpo mancante, ho ricamato poesie che ho scritto partendo da un verso di Antonella Anedda: “ricordati quanta tenacia ci è voluta per decifrare la mappa dentro le parole”. Le parole diventano così territori infiniti da esplorare, realtà complesse che richiedono uno sforzo fisico e mentale perché si possano rivelare in tutta la loro vastità. Nelle parole tutto comunica, esterno e interno, realtà e immaginazione e tutte le sfumature di un infinito possibile.
R. G. : Nel mio lavoro, se il concetto sotteso al rapporto artista/ambiente naturale appare ben delineato, il linguaggio con il quale parlano le opere – che poi è l’alfabeto di “Madre Terra” attraverso il quale io dipingo – è un codice solo parzialmente decifrato. Potrei affermare che la poesia è scritta sulle superfici delle mie Naturografie ©, negli imperscrutabili percorsi di un millepiedi intento a cibarsi del preparato edibile con cui ho trattato il tessuto, o nei solchi scavati dal fango al ritirarsi della marea. Presenza sensibile, tangibile e, talvolta, anche decifrabile, ma solo se necessario. La poesia potrebbe esigere mistero, svelarne i perché e i percome non sempre è un bene.

Radici e foglie soltanto. Roberto Ghezzi e Ilaria Margutti, veduta della mostra (opere di I. Margutti), Palazzo della Penna, Perugia

La dimensione installativa è evidente in entrambi. Nel solco dei vari piani di dialogo che innesca la mostra come avete pensato di far parlare l’esterno, la natura di particolari luoghi dell’Umbria, con gli spazi interni di Palazzo della Penna? Qual è il vostro rapporto personale con questo territorio?
I. M. : Non riesco a lavorare su un’opera se non in relazione allo spazio nel quale vorrei vederla installata, per me tutto esiste solo nel dialogo, gli elementi esistono solo se sono in corrispondenza tra loro, ogni cosa è somigliante. Per questo ho lavorato all’installazione Il giardino delle somiglianze, nella quale ho montato una serie di fiori di ferula, pianta infestante ma bellissima, che cresce anche nelle zone tra Perugia e Foligno.
I fiori sono annodati con un filo rosso, a rami di alberi dei nostri boschi che sembrano radici, sospesi nel vuoto a innalzarsi, avvicinarsi al cielo e allo stesso tempo, legarsi alla terra, come se il filo fosse il sangue che attraversa la vita. Nell’installazione Togliere le parole di mano, ho voluto inserire un omaggio a Bettina Fuso, artista perugina vissuta nella seconda metà del ‘900, ricamando, attraverso una performance svolta nel giardino del Fuseum, alcuni dei suoi scritti nel mio grande lenzuolo. Una sorta di diario collettivo, un lavoro in divenire che sto compiendo riportando parti di diari personali.
R. G. : Considero l’Umbria la mia seconda casa. Sono tornato da qualche anno ad abitare nella campagna cortonese, proprio sul confine. Il Lago Trasimeno è diventato negli ultimi anni quasi un secondo studio all’aperto, luogo ideale per testare tessuti, preparati, supporti. È stato inevitabile sentire l’esigenza di rendere un omaggio ufficiale a questa incredibile terra di mezzo che mi ha dato e continuerà a darmi molto, anche negli anni a venire. Per l’occasione ho, infatti, realizzato una grande installazione, Ecosistema, che riproduce esattamente il perimetro della sala del museo dove poi l’ho esposta. È stata creata lasciando interagire con le acque del Lago una trentina di metri lineari di crinolina per ben tre mesi.
Una vera e propria delocazione, accompagnata da un video che documenta le fasi creative dell’opera e che dovrebbe offrire al visitatore la sensazione di essere circondato dal lago, dai colori, dalle forme e dagli odori del bellissimo specchio d’acqua umbro. In effetti, a parte l’acqua, che per motivi logistici non ho potuto portare, il resto del lago c’è proprio tutto, realmente.

Radici e foglie soltanto. Roberto Ghezzi e Ilaria Margutti, veduta della mostra (Naturografie a confronto, sx Aquileia, dx Trieste di R. Ghezzi), Palazzo della Penna, Perugia

Se le radici, citate dal titolo, riconducono a quella spinta comune che vi porta a non restare mai in superficie e ad andare in profondità, le foglie indicano il pendant, la corrispondenza è tra due “estremi”, tra ciò che si inabissa nel buio della terra a ciò che cerca la luce…
R. G. :
Il dialogo tra luce e tenebra, aria e terra, è molto presente nel mio lavoro.
Le Naturografie© sono sempre installate al confine tra aria e terra o aria e acqua, quindi racchiudono in se questa duplice matrice di buio e di luce, di ascesi verso il cielo e di ritorno alla terra, proprio come alberi in cui la parte non visibile è spesso la più rilevante. Ma direi che tutto il percorso espositivo è ricco di allusioni e rimandi alla radice, intesa sia in senso proprio sia come paradigma dell’elemento naturale ridotto ai minimi termini; e quindi radice di albero ma anche connessione di cellula neuronale, corallo, scheletro di foglia, ramo, sistema arterioso, disegno, rete, e così via. L’albero è celebrato in tutte le sue forme: ad esempio nell’opera Sacra Genesi, realizzata mediante una installazione a terra di circa 60 cubetti in plexiglass retroilluminati contenenti piccoli alberi stabilizzati, all’interno di un ambiente affrescato con motivi floreali, il microcosmo vegetale del bosco assume un aspetto quasi sacrale. Un piccolo omaggio alle divinità verdi che permettono ancora la nostra vita sul pianeta Terra.
I. M. : C’è un libro che io e Roberto, ci siamo letti più volte: La vita delle piante, metafisica della mescolanza di Emanuele Coccia. Partendo dagli studi di Stefano Mancuso sulle piante e dal famoso testo di J.W. Goethe La metamorfosi delle piante, il libro di Coccia, è un viaggio poetico e filosofico che intreccia l’essere umano e l’ambiente vegetale in un gioco di relazioni e mescolanze tra dentro e fuori, tra profondità e superficie, tra vita e metamorfosi, e ci accompagna proprio dentro alle somiglianze di come la Natura si crea e di quanto noi non possiamo far altro che imparare a riconoscerci. La radici, come i rami, i flussi dei fiumi, le ramificazioni nei corpi viventi, sono forme somiglianti, che si espandono, penetrano, scavano e portano alla luce la vita.
Così, sapere che il fiore non è un elemento aggiuntivo della pianta, ma è una delle sue tante metamorfosi (lo scrivo sintetizzando ai minimi termini il concetto) è come sentire l’appartenenza a quella profondità della vita che da dentro si espande verso il fuori, si estende, occupa, genera connessioni e interno ed esterno, diventano un corpo unico.

Radici e foglie soltanto. Roberto Ghezzi e Ilaria Margutti, veduta della mostra (“Sacra Genesi” di R. Ghezzi), Palazzo della Penna, Perugia

Nell’ultima sala della mostra, la rivelazione. Mettendo i vostri procedimenti e strumenti di ricerca, sotto gli occhi di tutti, è come se “giocaste a carte scoperte” con il pubblico e, allo stesso tempo, ritornaste all’origine di tutto… È così?
R. G. :
È esattamente così, almeno per me. Il disegno è la prima grande conquista, l’ho studiato fin da bambino ma è tuttora la prima cosa che faccio quando vedo un paesaggio nuovo, o quando voglio iniziare a valutare un luogo per installare. In questa sala l’aspetto progettuale viene presentato non solo come backstage ma come parte integrante di un processo che nel suo insieme costituisce la vera e propria opera, e senza il quale tutto sarebbe affidato un po’ al caso. Quindi, disegni in tecniche miste, ma anche progetti veri e propri, libri, reperti, mappe. E diari di viaggio, forse la parte più bella e autentica del mio lavoro, quella da cui non potrei mai separarmi. Lì dentro ci sono io, sotto ogni punto di vista. Senza velleità estetiche, né narrative. Profumano ognuno delle terre dove li ho portati, e quando li apro ne esce sempre un po’ di sabbia di quei luoghi. E giuro, non so dove sia, perché sfogliando non si vede nulla, forse c’è ancora un filo diretto con le spiagge dove li ho compilati.
I. M. : Ciò che sta dietro a un processo artistico, è di fatto una sequenza di approfondimenti, ripensamenti, tentativi di comprendere il mondo, appunti di viaggio e, per restare in tema, è una progressione di lente e continue metamorfosi; una serie di sperimentazioni che, solo dopo una lunga sedimentazione, divengono opere. Anche i processi della Natura si compiono lungo mutamenti lenti e impercettibili, per questo, mostrare ciò che sta dietro l’opera, o l’abisso del pensiero dell’artista, può essere in qualche modo messo in relazione ai tempi, quasi immobili, nei quali la Natura si genera. Questa sua apparente fissità, ci svela però, uno dei maggiori limiti umani, quello di non riuscire a percepire l’attesa come un tumulto, una sommossa, come un ammutinamento all’immutabilità. La Natura come l’Arte e la vita, procedono per metamorfosi invisibili e credo sia necessario imparare ad ascoltare. Per questo abbiamo pensato che esporre i nostri strumenti, potesse consegnare al visitatore un ulteriore veicolo per interpretare la poetica di tutto il percorso espositivo entrando meglio nella trama della nostra ricerca.

Radici e foglie soltanto. Roberto Ghezzi e Ilaria Margutti, veduta della mostra, Palazzo della Penna, Perugia

Radici e foglie soltanto. Roberto Ghezzi e Ilaria Margutti
a cura di Michele Dantini e Michela Morelli
organizzazione Comune di Perugia, in collaborazione con Munus Arts&Culture

Museo civico di Palazzo della Penna
via Podiani 11 , Perugia

Fino all’8 agosto 2021

Orari: da martedì a venerdì ore 10.00-19.00; Sabato e domenica – ingresso solo su prenotazione

Info: +39 075 9477727
palazzodellapenna@munus.com

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