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SANSEPOLCRO (AR) |  CasermArcheologica | Prorogata al 20 maggio 2022

Intervista a BARBARA PAVAN di Matteo Galbiati

Appunti su questo tempo – la grande mostra allestita a Sansepolcro (AR) negli spazi suggestivi di CasermArcheologica – ci offre l’opportunità per poter approfondire le tematiche, i contenuti e le modalità espressive di chi ha scelto di esprimersi attraverso il linguaggio della fiber art e, così, abbiamo deciso di raccogliere la testimonianza diretta di Barbara Pavan, una delle massime voci storico-critiche in questo ambito. Pavan, che è anche la curatrice della mostra, da anni si dedica, infatti, esclusivamente allo studio, all’analisi e alla promozione di quegli artisti che, a livello internazionale, hanno scelto di esprimersi attraverso l’arte tessile. Ecco l’appassionato, puntuale e generoso riscontro che ha voluto accordarci:

Non perdo l’occasione di questa prima nostra intervista per chiedere a te, che sei tra le poche storiche, critiche e curatrici italiane che si occupano esclusivamente di fiber art, di darci un inquadramento e una definizione di questa modalità di espressione artistica…
Fiber art è una definizione nata nel corso nel Novecento che si è sempre più accreditata trovando soprattutto dagli anni Sessanta in avanti una sua connotazione precisa. Ad essa appartengono le opere che hanno nei materiali – fibre, tessuti, filati – e/o nelle tecniche riconducibili all’ambito tessile – tessitura, ricamo, intreccio, annodatura, legatura, ecc. – la loro principale caratteristica formale.
L’evoluzione dei linguaggi, tuttavia, ha riguardato ovviamente anche la fiber art e ha visto lo sviluppo di ricerche e sperimentazioni di pratiche e medium innovativi: giusto per citare due esempi, l’artista tedesca Diana Scherer addomestica le radici per creare ‘tessiture’ vive; l’americana Janet Echelman progetta in team macro installazioni, monumentali e permanenti, in cui combina abilità artigianali tradizionali, nuove tecnologie e materiali all’avanguardia.

Appunti su questo tempo, veduta della mostra (Rufina Bazlova e Sofia Tocar), CasermArcheologica, Sansepolcro (AR) Foto di Ilaria Margutti

Dunque la definizione di fiber art si è necessariamente evoluta ed allargata e include oggi non soltanto un interessante utilizzo di una pluralità di materiali eterogenei (fibre sintetiche di ultima generazione, corde, reti, fili di metallo, plastiche riciclate, capelli, carta, fibre vegetali innovative, elementi naturali, indumenti, ecc.), trattati con un’altrettanta varietà di pratiche ispirate al tessile, ma anche una ricerca orientata verso le istanze urgenti della contemporaneità come la sostenibilità, l’upcycling, l’ottimizzazione delle risorse che sempre più sovente viene condotta in stretta collaborazione tra gli/le artisti/e e rappresentanti di settori produttivi/industriali, accademici, scientifici, tecnologici. Se dunque da un lato l’estensione dei confini della fiber art la rende più che mai vitale ed attuale per la molteplicità di sperimentazioni possibili in formule ibride e in dialogo con ambiti diversi, essa impedisce, d’altro canto, una definizione rigida e univoca basata su parametri del secolo scorso e largamente superati, pur tenendo sempre come pietra angolare l’impiego di “fibre” o derivati e l’utilizzo di tecniche attinenti all’area “tessile” – entrambi i termini intesi nel loro senso più ampio e evidenziando che è quasi sempre indispensabile la combinazione dei due fattori affinché un’opera sia riconosciuta di fiber art (non lo è, ovviamente, un dipinto sebbene venga impiegata una tela come base).

Appunti su questo tempo, veduta della mostra (Ilaria Margutti, Litli Ulfur), CasermArcheologica, Sansepolcro (AR) Foto di Ilaria Margutti

Quali caratteristiche connotano un artista di fiber art da chi usa, magari sporadicamente, il tessuto o le fibre tessili per le proprie opere? Credo non sia sufficiente l’utilizzo di questi materiali per essere inquadrati in questo ambito? Oppure la “maglie” di definizione sono più larghe?
Non è sufficiente, per quanto le definizioni siano in realtà ormai fluide. Non è inusuale che un artista sperimenti linguaggi differenti non ultimo quello della fiber art. Credo, però, di poter affermare che sia la continuità della ricerca e della pratica a qualificare un/a artista fiber rispetto ad uno/a che lavora anche con il medium tessile. La combinazione materiale/tecnica tessile può classificare l’opera come di fiber art, non però necessariamente l’artista.
Le fibre accompagnano trasversalmente tutte le esistenze e dunque sono fittamente intrecciate all’esperienza umana sia individuale che collettiva; ho riscontrato che la scelta di questo medium, soprattutto se in maniera esclusiva e continuativa, ha quasi sempre un valore personale ulteriore, legato ad esempio all’identità o alla memoria. La fiber art ha spesso anche esigenze formative complesse e presuppone un importante investimento di tempo, poiché alcune tecniche sono lente, certosine e impegnative da padroneggiare e questi elementi – lentezza, ripetitività, tattilità, artigianalità – hanno per molti fiber artist un significato che rientra nella cifra concettuale non solo della singola opera, ma di tutta la propria ricerca artistica. L’approccio saltuario al medium tessile riguarda invece per lo più alcune caratteristiche tecniche (malleabilità, leggerezza, versatilità, infrangibilità), oppure al significato attribuito al materiale in funzione, però, del singolo progetto/lavoro.
Per contro, ho rilevato talvolta da parte di artisti/e fiber l’avversione per qualsiasi etichettatura, quasi il timore che questa classificazione non autorizzi poi idealmente la sperimentazione al di fuori dei confini della fiber art o non riconosca una piena appartenenza del proprio percorso all’Arte contemporanea a tutti gli effetti. È, probabilmente, il risultato di una ghettizzazione della fiber art che nel nostro paese, con rare eccezioni, è durata a lungo e che credo sia in parte direttamente correlata alla distorsione con cui si è sempre guardato – spesso non vedendole – alle attività attribuite all’ambito femminile, tra cui rientrano molte delle pratiche tessili. Un’invisibilità che ha sicuramente penalizzato molti dei/lle coraggiosi/e pionieri/e che hanno continuato a praticare e sperimentare con fibre, tessuti e fili e di cui solo negli ultimi anni si è finalmente riconosciuto e valorizzato adeguatamente il lavoro.

Appunti su questo tempo, veduta della mostra (Beryl Cameron, Christelle Lacombe), CasermArcheologica, Sansepolcro (AR) Foto di Ilaria Margutti

Tornando all’attualità, hai firmato la curatela della mostra Appunti su questo tempo che, da CasermArcheologica, presenta 24 ricerche di artisti internazionali. Ci racconti come è nato questo importante progetto?
Appunti su questo tempo è una mostra fortemente voluta nella sua formula internazionale e transgenerazionale dal Museo del Ricamo di Valtopina che ha commissionato, promosso e sostenuto il primo allestimento lo scorso autunno.
Da gennaio, grazie a CasermArcheologica, è stata riallestita a Sansepolcro con un’integrazione di ulteriori opere. Il progetto è nato in un’ottica di valorizzazione del ricamo come linguaggio espressivo dell’arte contemporanea. Considerato a lungo arte minore, pratica artigianale o passatempo per signorine attempate, il ricamo ha rappresentato invece per secoli l’unico medium per dare voce ad istanze personali o collettive (soprattutto femminili) in mancanza di altri mezzi di comunicazione o di opportunità, nonché la possibilità di dare forma concreta ad una minima creatività (e identità) per molte generazioni di donne. Storicamente e tradizionalmente, è stata una pratica trasversale a tutte le classi sociali, in tempi e latitudini differenti, ha dunque un’importante potenzialità comunicativa e celebrativa oltre ad un’indubbia funzione narrativa, divulgativa finanche terapeutica.
Credo che questa elasticità lo renda adatto ad un’immersione nel quotidiano, ad indagarne tanto la dimensione domestica quanto quella pubblica, sociale, politica, e a trasformarsi in una grammatica alternativa per raccontare il presente.
Da queste considerazioni è nata questa mostra che è un’indagine del nostro tempo affidata ad ago e filo e al talento di 24 artisti/e attivi nell’ambito dell’embroidery art.

Appunti su questo tempo, veduta della mostra (Francesca Rossello, Anneke Klein), CasermArcheologica, Sansepolcro (AR) Foto di Ilaria Margutti

In merito al programma Erasmus+C6, come le opere affrontano i temi della sostenibilità ambientale? Sono riflessioni già presenti nelle ricerche dei singoli o prevale il lavoro fatto ad hoc?
Sì, tutti i progetti che affrontano temi ambientali sono coerenti e in continuità con la ricerca dei/lle singoli/e artisti/e che li hanno realizzati. Proprio perché l’industria tessile è tra i comparti industriali più inquinanti del pianeta, la pratica di molti artisti che utilizzano questo medium è spesso orientata verso la sperimentazione di tecniche o materiali che possano aprire nuovi percorsi virtuosi nella produzione e la loro ricerca non raramente riguarda queste sfide. Per questo in una mostra internazionale come questa sono diverse le opere che sollecitano l’osservatore ad una riflessione che ne chiama in causa anche la personale responsabilità, in quanto abitante di questo pianeta e consumatore in una società che consuma risorse ad un ritmo insostenibile.
È questo, ad esempio, il tema che affronta la giovane artista polacca Alicja Kozlowska che crea sculture in feltro in cui manifesta una riflessione critica sul consumismo compulsivo che ci seduce con il suo packaging colorato e il marketing aggressivo e che ci fagocita, che condiziona il nostro tempo, che delega a ciò che compriamo l’onere di definire chi siamo e – non ultimo – che esaurisce le risorse naturali soffocando poi la terra di scarti e di rifiuti.
Diverso è invece l’approccio al tema dell’artista italiana Francesca Rossello, le cui opere hanno la grazia di una poesia orientale, piccoli capolavori che restituiscono dettagli di una narrazione della natura fatta di minuscoli eventi, di invisibili segni nascosti tra le sue pieghe. Nelle opere in questa mostra ha trasformato in arte le tracce dell’andirivieni certosino di una formica, in altre ha registrato il passaggio del tempo inciso nei cerchi concentrici di un tronco. Nella sua pratica artistica affronta le ombre lunghe delle urgenze ambientali attraverso l’esaltazione minuziosa della bellezza dell’invisibile e la fragilità di ogni elemento dell’ecosistema.
Ancora, l’opera dell’artista svedese Linda Lasson coincide con la sua ricerca umana e professionale tesa a dare forma visiva, attraverso il ricamo, alle molte voci che svaniscono nell’indifferenza, cancellate o silenziate dagli interessi dell’economia, della finanza, dell’omologazione culturale cui la globalizzazione rischia di condannarci. Lasson ha vissuto sulle montagne dello Jämtland, a contatto con il popolo Sami, un’esperienza che l’ha profondamente segnata come donna e come artista e che elabora in opere che ne raccontano l’oppressione coloniale e lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali e minerarie nei loro territori da parte di industrie e istituzioni che ne minacciano la cultura tradizionale e mettono a rischio un’economia locale basata su un sistema tanto sostenibile quanto vulnerabile.
Solo per citare qualche esempio.

Appunti su questo tempo, veduta della mostra (Beatrice Speranza), CasermArcheologica, Sansepolcro (AR) Foto di Ilaria Margutti

Come hai voluto raccontare il nostro tempo? Cosa hai appuntato, esplicitato, messo in evidenza? Cosa trova il visitatore e che percorso affronta? Quali voci si levano dal nostro presente?
Ho voluto che il percorso espositivo ricalcasse per il visitatore una sorta di consultazione di un taccuino di appunti procedendo di opera in opera in una panoramica dei temi che siamo chiamati ad affrontare: la guerra, la migrazione dei popoli, i diritti civili, la libertà di espressione, la pandemia, la malattia, la sostenibilità sociale, la globalizzazione, l’ambiente, l’identità, reale e virtuale, e così via. Il ricamo ha – tra le sue peculiarità – una sua cifra famigliare che riesce a mettere in dialogo intimo e personale opera e osservatore.

Quale relazione hai voluto stabilire, attraverso l’allestimento e la scelta di autori e opere, con i suggestivi e importanti spazi di CasermArcheologica?
Gli spazi di CasermArcheologica hanno nel loro vissuto, nella stratificazione di tante storie che qui sono sedimentate, il punto di contatto con la fiber art. A farne il luogo ideale per Appunti su questo tempo è stato il senso della memoria intesa come riconoscimento del valore e del significato del passato quale presupposto per una migliore interpretazione del presente e quindi per una progettazione più consapevole del futuro. Ma non solo. CasermArcheologica è un luogo di riferimento per la cittadinanza, riconosciuta come architettura che crea comunità grazie alla partecipazione alla Biennale di Architettura di Venezia nel 2018. Anche questa dimensione del dialogo, dell’incontro, dello scambio ha una sua eco nelle pratiche tessili che hanno a lungo aggregato in un tempo condiviso donne di famiglie e età diverse, consentendo la trasmissione di conoscenze e di competenze e il mantenimento di quel medesimo principio di comunità. Quella che ho cercato di instaurare è una relazione sottile che si respirasse nell’atmosfera di sala in sala e che fosse in continuità con questo infinito dialogare. 

Appunti su questo tempo, veduta della mostra (Susanna Cati, Tanja Boukal), CasermArcheologica, Sansepolcro (AR) Foto di Ilaria Margutti

Anche il tuo recente progetto Fiberstorming a Bergamo ha trovato un’espansione spaziale mobile, componendosi in un palinsesto di installazioni disseminate in luoghi e sedi diverse. Ce lo riassumi brevemente? Quali narrazioni si potevano costruire?
Fiberstorming a Bergamo è stato il secondo appuntamento del Salone Italia del WTA World Textile Art (dopo The soft revolution al Museo del Tessile di Busto Arsizio nel 2022) inserito nel programma di Bergamo e Brescia Capitali della Cultura. Il progetto, promosso da ArteMorbida, si proponeva come una panoramica del lavoro di artisti/e fiber italiani/e o residenti sul territorio nazionale. La scelta di una formula diffusa e articolata in un percorso di macro installazioni, una mostra collettiva e diversi open studio di artisti/e del territorio assecondava la mission di avvicinamento di un pubblico sempre più ampio alla fiber art evidenziando la pluralità di declinazioni di questo linguaggio

Una delle collaborazioni per te importanti è quella con ArteMorbida. Ci racconti questa realtà editoriale così settoriale, ma estremamente impegnata nella ricerca e votata alla sperimentazione?
ArteMorbida è un progetto editoriale coraggioso, con una doppia proposta – il magazine online e quello cartaceo, entrambi in italiano ed in inglese – specializzato in fiber art contemporanea che sin dall’esordio ha mantenuto uno sguardo internazionale con una distribuzione in diversi continenti. Ne condivido l’impegno a promuovere la diffusione e la conoscenza della fiber art che sostiene anche attraverso progetti espositivi e partnership con le maggiori manifestazioni mondiali del settore e ponendosi come punto di riferimento per artisti, istituzioni, gallerie, appassionati e collezionisti che vi trovano non solo informazioni ma anche consulenze, supporto organizzativo, progettazione, professionalità e pubblicazioni specializzate. Unica in Italia e tra le più conosciute a livello internazionale, la testata è diventata ormai uno strumento di consultazione abituale per chi si approccia a qualunque titolo alla fiber art.

Un’ultima domanda – scontata! – ci dai qualche anticipazione dei tuoi prossimi impegni? Dove potremo seguire nuovamente la tua indagine sulla Fiber Art? A quali nuovi progetti stai lavorando?
Sono diversi ma di alcuni per scaramanzia preferisco non svelare particolari. Posso anticipare, però, che stiamo preparando con Angela Ciano una mostra diffusa di fiber art sul significato del sacro oggi, promossa da F’Art Arti Visive e in programma a L’Aquila. E curerò tre delle installazioni della quinta edizione del Todi Open Doors che anche quest’anno ha incluso la fiber art tra i progetti selezionati per gli androni dei suoi palazzi storici.

Appunti su questo tempo
a cura di Barbara Pavan
media partner ArteMorbida Textile Arts Magazine

Artisti: Luciana Aironi, Rufina Bazlova e Sofia Tocar (Collettivo STITCHIT), Manuela Bieri, Tanja Boukal, Beryl Cameron, Susanna Cati, Cenzo Cocca, Loredana Galante, Anneke Klein, Alicja Kozlowska, Christelle Lacombe, Linda Lasson, Katrina Leitena, Clara Luiselli, Ilaria Margutti, Laura Mega, Lucia Bubilda Nanni, Maria Ortega Galvez, Sonia Piscicelli IZN, Francesca Rossello, Du Songyi, Beatrice Speranza, Litli Ulfur, Melissa Zexter

Prorogata al 20 maggio 2022

CasermArcheologica
Via Aggiunti 55, Sansepolcro (AR)

Orari: da lunedì a venerdì 15.00-18.00; sabato 16.00-19.00, domenica chiuso

Info: casermarcheologica@gmail.com
www.casermarcheologica.it
www.artemorbida.com

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