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TARQUINIA (VT) | Auditorium San Pancrazio | Fino al 27 settembre 2020

intervista a FLAMINIO GUALDONI di Livia Savorelli

A pochi giorni dall’annuncio del vincitore del Premio Città di Tarquinia Vasco Palombini 2020 – premio assegnato all’artista Silvia Celeste Calcagno, scelta tra gli artisti protagonisti della mostra Italia: Una Generazione (oltre alla vincitrice, Andrea Salvatori, Sissi, POL Paolo Polloniato, Nero/Alessandro Neretti)  – approfondiamo con il curatore Flaminio Gualdoni, le ragioni di un progetto curatoriale nato in una città ricca di storia come Tarquinia e del Premio dedicato alla figura di Vasco Giovanni Palombini, presidente della Società Tarquiniense d’Arte e Storia dal 2008 fino al 2013, e “fine estimatore d’arte, soprattutto contemporanea, appassionato di letteratura, profondo conoscitore della storia antica e moderna”, grande amico del pittore e scultore cileno Roberto Sebastian Echaurren Matta, che fu presente a Tarquinia per oltre trent’anni, intrecciando la propria creatività con la ceramica ed ideando il laboratorio “Etruscu-ludens”.

Veduta di ITALIA: UNA GENERAZIONE, Auditorium San Pancrazio, Tarquinia. Ph Riccardo Pieroni

Il suo nome è fortemente legato alla città di Tarquinia. Nel 2018, le veniva infatti assegnato il Premio Città di Tarquinia Luciano Marziano, dedicato al critico Luciano Marziano, figura nodale per la città e fra le più autorevoli nel campo della produzione ceramica. Un premio destinato a eccellenti personalità della critica e della storia dell’arte distintesi nella curatela di rilevanti eventi espositivi e per la loro produzione bibliografico/scientifica con riferimento alla ricerca sulla scultura ceramica. In cosa è consistito questo premio e come si lega al Premio Città di Tarquinia Vasco Palombini 2020 e alla mostra ITALIA: UNA GENERAZIONE?
I due premi sono in stretta connessione: lo studioso premiato col Marziano è chiamato a progettare una mostra, nel cui seno una giuria identifica l’autore cui viene assegnato il premio Palombini. Alternativamente, così, si premiano tanto le attività di studio quanto la pratica creativa, in modo organico.

Nero/Alessandro Neretti, SILENT PROCESSION / STAIRCASE (processione silente / scalinata), 2019, terracotta smaltata, legno di abete, cm 140x100x147h. Courtesy dell’artista. Ph Mirko Micozzi

Come ha condotto, in fase di progettazione della mostra, il dialogo con il potenziale culturale della città che la ospita Tarquinia – considerata a livello internazionale Pinacoteca del Mondo Antico per le importanti tombe etrusche presenti sul territorio e dal 2004 Patrimonio dell’Umanità e sito Unesco – e con la figura di Vasco Giovanni Palombini, al quale il Premio è dedicato?
Tarquinia è la meraviglia che sappiamo, ma credo che il peso di tanta tradizione abbia un po’ tarpato le ali alla ricerca ceramica moderna: che pure esiste, ed è ora di valorizzare. Palombini è stato, per decenni nel tempo vicino a noi, un grande riferimento intellettuale e non solo, oltre che un interlocutore prezioso di Marziano, innamorato di questo luogo, e di Matta, che qui ha compiuto esperienze straordinarie.

Veduta di ITALIA: UNA GENERAZIONE, Auditorium San Pancrazio, Tarquinia. Ph Riccardo Pieroni

Come Giovanni Mirulla, Direttore riviste D’A e La Ceramica Moderna & Antica, sottolinea nel suo testo, lei ha avuto un ruolo importante nella qualificazione artistica della scultura contemporanea, nel solco di rigide suddivisioni delle arti in maggiori e minori. Possiamo ad oggi affermare che la Ceramica si sia effettivamente emancipata come medium?
Sì, adesso lo possiamo dire. La mia compianta amica Anita Besson valutava che uno dei fenomeni più notevoli di oggi è che i grandi autori di ceramica adesso sono entrati stabilmente, anche nelle aste, nelle fine arts. Hans Cooper ormai è un genio riconosciuto, Betty Woodman, Peter Voulkos, Nanni Valentini e Edmund De Waal sono esposti in grandi gallerie, eccetera, e finalmente molti si sono accorti che Leoncillo è stato uno scultore fondamentale. Il discorso sarebbe lungo e complicato – personalmente, è dagli anni settanta che insisto – ma lo si può sintetizzare così: ormai la faccenda delle arti minori è un utensile intellettuale che non funziona più. Ricordo che molti anni fa, in un dibattito, mi chiedevo provocatoriamente perché si fondano musei di ceramica ma non musei di olii su tela… Un lustro di mastro Giorgio è un capolavoro del rinascimento da mettere a fianco dei suoi simili, opere di pittori o scultori o miniatori eccetera. Le arti sono minori solo se gli artisti sono minori.

Andrea Salvatori, A.DAAA, 2016, terraglia invetriata e porcellana, cm 50x50x90H. Ph Mirko Micozzi

 Non deve essere stato facile riunire in una mostra soltanto cinque nomi come emblema di una generazione. Con quali criteri ha strutturato il progetto curatoriale, identificando cinque artisti della generazione degli Anni ’70, che come Claudia Casali sottolinea nel testo in catalogo «esprimono quanto di meglio oggi la scultura e l’arte ceramica propongono non solo a livello nazionale con spirito e modalità di ampio respiro, mescolando attitudini e pratiche legate alle arti visive (fotografia, scultura, pittura, installazione)»? Quali visioni il progetto mira ad evocare e quali caratteristiche ritiene comuni a questa generazione di artisti nati negli anni Settanta, anche in riferimento alle generazioni precedenti, in termini stilistici e di approccio innovativo alla ceramica?
Dunque, partivo da termini chiari. Ragionare sulla scultura in ceramica italiana contemporanea, che è un unicum incomparabile per continuità e livelli qualitativi, e chiedersi quale evoluzione si sia verificata dopo la generazione dei maestri storici. Mi è apparso evidente che la generazione di cui si dà conto in questa mostra, convenzionalmente quella degli autori nati nel decennio settanta, sia una declinazione ulteriore e tutt’altro che ovvia: non vive il “problema della ceramica”, ma la usa come usa tutti gli altri media tecnici a disposizione, e in una dimensione veramente cosmopolita – che è faccenda ben diversa dal provincialismo – e aperta a sperimentazioni. Lei dice “soltanto cinque nomi”: ma non si offre, qui, un panorama o un censimento anagrafico, si ragiona di personalità mature e compiute, e le si provoca a dirsi in uno spazio architettonico fortemente connotato tessendo una visione unitaria di cosa sia, o possa essere, il luogo della scultura. Solo autori di questa stazza possono reggere la bellezza di San Pancrazio. Per certi versi, è una mostra che è scaturita dal suo luogo, intellettualmente schiarita e, proprio per questo, aperta.

POL Paolo Polloniato, PIENOARENDERE, 2017. Ph Mirko Micozzi

Nel suo testo critico a corredo della pubblicazione, lei cita l’artista Alfonso Leoni (1941-1980) – al quale il MIC si appresta a dedicare nel prossimo mese di ottobre un’importante mostra per celebrare i quarant’anni dalla sua prematura scomparsa – indicandolo come «colui che primo da noi fece della ceramica la vera matter problematica del ragionare su forma, e processo, e materia, e immagine, con atteggiamenti di acutissima sovversione, e decostruzione, e collage/décollage mentale prima ancora che fabrile». Ci può restituire un breve ricordo di questo grande innovatore ma meteora dell’arte contemporanea?
Non l’ho conosciuto personalmente, ma ricordo bene l’effetto che mi fece la sua mostra a Milano nel 1978, con il corollario delle lunghe ore di riflessione che feci con Valentini in quell’occasione. Nanni stava percorrendo la sua via solitaria e ispida, e si ritrovò a fianco uno più giovane che lo spingeva a ragionamenti ancora più estremi. Considerava Leoni, e io la pensavo come lui, un autore che aveva modificato radicalmente i termini della questione, una vera figura di faglia. Poi, segno dei tempi, sino a questa mostra faentina non è più accaduto niente: ma nel frattempo è stato interessante che una nicchia di artisti primari lo considerasse già un maestro.

Sissi, MOTHER ORGANS, 2017, ceramica smaltata, cm 40x40x100h. Courtesy Galleria d’Arte Maggiore g.a.m., Bologna/Milano/Paris. Ph Mirko Micozzi

Il 5 settembre scorso, il Premio Città di Tarquinia Vasco Palombini 2020 è stato assegnato dalla giuria – composta da Claudia Casali, Direttrice del MIC (Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza) in qualità di Presidente di Giuria; Mariastella Margozzi, Soprintendente del Polo Museale della Puglia, storica dell’arte già facente funzione in qualità di direttrice della GNAM di Roma; Massimiliano Tonelli, Direttore della rivista Artribune; Ugo La Pietra, scultore ceramista di fama internazionale, e Paola Palombini, in qualità di rappresentante della famiglia erogatrice del premio – a Silvia Calcagno, con l’opera Zero per la sua incisività nel linguaggio scultoreo contemporaneo, impatto estetico, approccio tecnico innovativo ed esiti originali. Ci può introdurre questo lavoro e quali sono le caratteristiche della ricerca dell’artista (anche in relazione alla tecnica da lei brevettata del fireprinting®) che le hanno aperto la strada alla vittoria, dopo il prestigioso riconoscimento già avuto nel 2015 come prima donna a ricevere il prestigioso Premio Faenza?
Devo dire che tra i cinque autori non avevo un prediletto, e men che meno nutrivo aspettative. Calcagno è, tra le figure emerse negli ultimi anni, molto caratterizzata anche per questa sua contaminazione non scontata con l’immagine fotografica, e il fatto di aver concepito un’installazione ad hoc è stato evidentemente decisivo. Le sue nuove opere sono sempre più asciutte e intense e sono convinto che, nel suo caso, il meglio debba ancora venire.

Silvia Celeste Calcagno, ZERO (particolare), 2019, stampa monocromatica su grès cm 230×0,9x400h (110 elementi di cm 36x24x0,9h). Ph Riccardo Pieroni.

PREMIO CITTÀ DI TARQUINIA “VASCO PALOMBINI” 2020
MOSTRA: ITALIA: UNA GENERAZIONE
ARTISTI: Silvia Celeste Calcagno, Andrea Salvatori, Sissi, POL Paolo Polloniato, Nero/Alessandro Neretti

a cura di Flaminio Gualdoni
Promozione e Organizzazione: S.T.A.S., Società Tarquiniense d’Arte e Storia

22 agosto – 27 settembre 2020

Auditorium San Pancrazio
Via delle Torri n. 15, Tarquinia (VT)

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