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a cura di Alessandra Redaelli

Simbolismo e incanti preraffaelliti, surrealismo e realismo magico si fondono nella pittura di Ilaria Del Monte, protagonista di questa nuova Pillola d’arte. I suoi dipinti sono abitati da figure femminili ritratte, per lo più, tra le mura domestiche, ma quella che si dispiega sulla tela è una sorta di battaglia tra la forza primitiva femminile e un ambiente che la intrappola e la costringe. Le rare volte che appare una finestra è chiusa da inferriate, e se si intravede lo spazio oltre lo spiraglio di una porta socchiusa, quello che c’è dietro è un nuovo muro, o una luce tanto intensa che potrebbe accecare. E poi la stanza si anima, e la tappezzeria damascata si srotola dalle pareti fino ad avviluppare la figura, mentre una natura misteriosa germina dagli oggetti, invadendo l’ambiente. È lo spazio del sogno, quello che si apre qui, spazio impossibile che però l’abilità da incantatrice dell’artista riveste di una spiazzante possibilità. La prospettiva è precisa, l’impostazione scenica è credibile, e il senso dell’assurdo resta sulla soglia, ma appena fuori, di modo che il nostro cervello ci dica che sì, da qualche parte tutto questo potrebbe accadere. Ma ciò che più incanta è il senso di pace e consapevolezza che permea ogni immagine. Anche davanti all’evento più impensato, con una tigre nella vasca da bagno o con un drago appisolato sul tavolo del soggiorno, la protagonista mantiene un atteggiamento di composta curiosità, come una giovane strega che stia proprio in quel momento prendendo coscienza del proprio potere e cominci ad apprezzarne le possibilità. La ricorrenza di elementi simbolici come il pesce, l’acqua o l’uovo rimanda a un alfabeto antico che l’artista ci invita a decifrare. Mentre la presenza della bambina – legata alla vicenda autobiografica dell’artista – enfatizza un senso di primitiva purezza che sta anche nel saper comprendere e accettare il proprio lato selvaggio e magico senza farsene sopraffare.

Ilaria Del Monte nel suo studio lavora a: Still Life, 2020, olio su tela, cm 50×85. Foto di Flavia d’Alessandro

1 – Definisciti con tre aggettivi.
Ironica, testarda, fluttuante.

2 – Qual è stato il momento in cui hai capito di essere artista?
Ero una bimba solitaria, con una salute molto fragile. Amavo stare sola a disegnare o a studiare per molte ore e mi gratificava, anche se avevo un carattere ribelle e anticonvenzionale. Il soprannome che avevo alle medie era “l’eremita”, come la figura dei Tarocchi. Avevo una sorta di fissazione per il disegno, prima, e per la pittura a olio poi, e non ho capito che sarei diventata artista in un momento preciso: è stato un processo.

3 – Hai scelto la pittura perché…
Perché mi piace, mi affascina, mi coinvolge e adoro dipingere. Provo gusto nel farlo come nel mangiare un buon cibo o ridere con gli amici. Penso che continuerò a farlo finché avrò il braccio attaccato al corpo.

4 – L’opera d’arte che avresti voluto realizzare tu.
La Deposizione di Pontormo, la pala d’altare dai colori accesi e squillanti che si trova nella Cappella Capponi di Santa Felicita, a Firenze. È come se una luce magica in HD illuminasse l’intera scena. È magnetica, dinamica: nulla del genere si era mai visto in quell’epoca.

5 – Qual è il momento più emozionante della tua giornata?
La mattina presto. Dopo la solita mezz’ora di proiezioni mentali sul soffitto, in cui scorrono pensieri, immagini e buoni propositi, mi preparo il caffè e disegno o sfoglio cataloghi. Mi piace l’aria fresca del mattino. Da qualche settimana, tuttavia, mi sveglio e leggo notizie per aggiornarmi su quello che succede in merito all’emergenza Covid-19. Ascolto scelte e strategie e mi pongo molte domande.

6 – L’arte è ispirazione o applicazione?
Entrambe le cose. La prima ha a che fare con le antenne tese, la seconda con il dare una forma alle idee che arrivano.

7 – Chi eri nella tua vita precedente?
Chissà, forse un rabbino. Ho sempre avvertito un richiamo verso l’esoterismo e le religioni antiche. Qualche anno fa ho scoperto che la mia famiglia paterna ha origini ebraiche: il mio nonno, che era di Ferrara, era figlio illegittimo di quel Silvio Finzi-Contini (in realtà Finzi-Magrini) di cui parla il romanzo di Giorgio Bassani. La madre di mio nonno era la giovane governante della famiglia Magrini e immagino che lui sia sfuggito alle persecuzioni naziste appunto perché illegittimo. Con il divenire degli eventi, delle volte, le sventure si trasformano in fortune.

8 – Tre qualità che non possono mancare all’artista del Terzo Millennio.
Ironia, lucidità, consapevolezza.

9 – Il sogno che non hai ancora realizzato.
Viaggiare per il mondo.

10 – La bellezza salverà il mondo?
Sono chiusa in casa da tre settimane e ancora nessun Testimone di Geova ha citofonato…

ilariadelmonte.com

Leggi anche: Archivio Pillole d’Arte da #1 a#17

Ilaria Del Monte, Sopra il giardino, 2020, olio su tela, cm 80×90. Courtesy: Casati Arte Contemporanea

 

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