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In occasione della mostra Pietro Guida. Piazza d’Italia* che inaugura oggi, martedì 14 luglio, al Castello di Copertino (Lecce) la redazione di Espoarte vuole omaggiare l’artista nel giorno del suo 99esimo compleanno, pubblicando l’articolo monografico che Lorenzo Madaro gli ha dedicato sul numero #108  di Espoarte.

Veduta della mostra Pietro Guida. Piazza d’Italia, Castello di Copertino, Lecce, 2020. Foto: Beppe Gernone

di LORENZO MADARO

Un uomo e una donna meditano nel silenzio della campagna; una scultura modulare in ferro vive nella sua dimensione astratta. Qualche metro più in là, uno sportivo gioisce per una vittoria. E tra queste e tante altre sculture c’è Pietro Guida, novantottenne artista campano, ma pugliese d’adozione dal 1951, che si muove tra le opere con una certa famigliarità, d’altronde è il padre di tutte queste creature disseminate nel giardino adiacente al suo villino novecentesco. Nella casa-studio, non lontano da Manduria, in provincia di Taranto, il maestro vive circondato da centinaia di sue opere realizzate nell’ultimo mezzo secolo e oltre, posizionate nelle stanze che si rincorrono tra laboratori, depositi e biblioteca. Qui sono conservati anche i testi dedicati alla sua ricerca, da quelli degli anni Sessanta di Filiberto Menna, Franco Sossi – ingiustamente dimenticato – ai più recenti di Francesco Abate, Brizia Minerva, Letizia Gaeta e Gianluca Marinelli, e i documenti sulle tante mostre di respiro nazionale che, tra i Sessanta e i Settanta, l’hanno visto impegnato in gallerie e spazi pubblici.

Veduta della mostra Pietro Guida. Opere costruite al Museo Castromediano di Lecce, 2018. Ph. Antonio Leo

«Sono venuto in Puglia per la prima volta nel 1943, durante la guerra. Poi ci sono tornato definitivamente, dal 1960 al 1971 ho insegnato scultura all’Accademia di Belle Arti di Lecce, dopo ho diretto il Liceo Artistico di Taranto», mi racconta il maestro. Dopo esordi figurativi, proprio nel 1960 Guida adotta tubi eternit, ferro e acciaio, mattoni e altri materiali industriali per concepire sculture modulari e aniconiche, pienamente in sinergia con le emergenze in corso in Italia e in altre geografie, non a caso Sossi lo include nelle sue ricognizioni. «Eravamo molto amici, c’era un grande affiatamento tra noi, comprese il mio ritorno al figurativo, ma preferiva la mia linea astratto-costruttivista», rammenta oggi Guida che, dalla seconda metà dei Settanta, realizza in cemento grandi opere figurative, acrobati e scene mitologiche.

«Non ho mai fatto arte per il mercato e mi considero soddisfatto di ciò che ho ottenuto vivendo in una regione fuorimano», mi ha raccontato in occasione della mostra Pietro Guida. Opere costruite, che nel 2018, con Luigi De Luca e Brizia Minerva, ho curato nel Museo Castromediano di Lecce, con il sostegno della Regione Puglia, in omaggio a tutto il suo lavoro sperimentale.

Nel 1947 Guida ha conseguito il diploma in scultura all’Accademia di Belle Arti di Napoli e in quel torno di anni, assieme ai suoi compagni di strada, tra cui Raffaello Causa, Renato De Fusco, Anna Maria Ortese e Armando De Stefano, milita nel Gruppo Sud, legato a un recupero dell’espressionismo e definito da Ferdinando Bologna «la vera spina dorsale del rinnovamento dell’arte napoletana e la matrice di tutti i più importanti movimenti che seguirono». Sono anni di riflessione sulla scultura figurativa, attraverso le radici del Novecento che vanno da Arturo Martini a Marino Marini, anticipate da un precoce interesse per Henry Moore. In Italia imperversava la pittura informale, che anche nell’Italia meridionale – nonostante ci fosse una tradizione ancora legata alla figurazione – ha iniziato a prendere piede. Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta l’Arte cinetica e programmata avvia le basi per una ricostituzione della forma progettata: l’arte non doveva più essere frutto di un gesto istintuale e materico, ma di una progettualità predefinita, anche grazie all’utilizzo di materiali industriali provenienti dalla stretta contemporaneità tecnologica. Anche la sua scultura di quegli anni risente di tali istanze.

Nei primi anni Sessanta, mette da parte la ritrattistica espressionista che aveva contrassegnato il suo lavoro con efficacia, per cambiare strada, virando quindi verso esperienze legate all’astrazione ma senza dimenticare le radici figurative della sua ricerca: nascono così le opere legate al tema del fico d’India. «Sentivo la necessità del rinnovamento, cominciai però con un compromesso con me stesso – commenta il maestro. Mi innamorai dei fichi d’India, che iniziai a riprodurre in scultura. Filiberto Menna, nella presentazione di una mia mostra personale a Bari, nel 1964 [alla galleria La Metopa, ndr], ha capito che alla base del mio lavoro di allora, già astratto, c’era un aggancio figurativo: nelle mie prime opere astratte, realizzate con i mattoni, c’è la nostalgia dell’immagine. Intendevo saggiarmi come scultore astratto per capire se ci fosse la possibilità di arrivare all’armonia attraverso la scultura astratta, rifiutando però le esperienze dell’informale».

Dettagli dello studio di Pietro Guida

La ricerca dell’armonia della forma è una costante nel suo lavoro, anche in quello figurale degli anni Novanta e degli anni recenti. Un altro punto di contatto profondo tra queste apparentemente inconciliabili visioni è il progetto disegnato. I disegni superstiti di quegli anni ci fanno comprendere come l’opera fosse il risultato di un processo di progettazione preliminare in cui la luce, lo spazio e il ritmo stesso delle forme configurano, all’unisono, una «fantasia razionalizzata», come la definisce Franco Sossi nel saggio La scelta del presente del 1970. «Questi disegni – ha sostenuto Guida – sono importanti per capire l’aspetto ideativo del mio lavoro scultoreo di quegli anni, su carta studiavo la concatenazione dei mattoni e proprio per questo le opere di questi primi anni Sessanta – così come quelle successive – sono progettate a monte. Esposi quelle sculture alla galleria del Cavallino di Venezia». Dopo questa mostra c’è il passaggio alla scultura in ferro. A Taranto gli artisti salutano con entusiasmo l’inizio della grande industria e Guida entra in sintonia con questo materiale. Nascono nuove opere, anche di grandi dimensioni. Ed oggi?

«Oggi per me la scultura deve essere una scultura di sentimenti, come ha ricordato Brizia Minerva, passioni e rappresentazioni. La scultura astratta per me non esprime questi aspetti – confessa. Oggi la scultura non esiste più, i miei due riferimenti massimi sono Bernini e Martini. Michelangelo, al dire il vero, non mi piace troppo e Rodin non mi piace proprio. Rispetto a questo momento della mia vita, cosa dovrei dire? Penso di aver lavorato troppo. Riguardo alle mie opere astratte, che tu hai sempre molto rispettato, cosa dire? Non spetta a me giudicarle, a un certo punto le ho abbandonate». E ritorna a tracciare segni figurali su un foglio di carta, tra mitologia e storia, passione e vitalità.

Pietro Guida è nato a S. Maria Capua Vetere (Caserta) nel 1921. Consegue il diploma di scultura all’Accademia di Belle Arti di Napoli nel 1947. In quegli anni, assieme a Renato Barisani, Gennaro Borrelli, Raffaello Causa, Renato De Fusco, Anna Maria Ortese, Armando De Stefano, Guido Tatafiore, aderisce al Gruppo Sud, divenendo uno dei protagonisti del rinnovamento culturale del capoluogo campano. Comincia nel frattempo la sua attività espositiva: Galleria del Naviglio, Milano 1949; Galleria Selecta di Roma, 1958; VII e VIII edizione della Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma. Oltre che in numerose collezioni private le sue opere figurano presso la raccolta delle stampe Bertarelli del Museo Sforzesco, Milano; Galleria del Cavallino, Venezia; Collezione Deana, Venezia; Presidenza del CONI, Roma; Collezione Finkelstein, New York; Collezione Civica d’Arte Moderna, Bari; Fondazione T. Balestra, Longiano; Collezione Schulte, Dusseldorf; Museo della Scultura Contemporanea – MUSMA – di Matera; Museo PAGANI di scultura all’aperto di Legnano; Museo del ‘900 a Napoli – Castel Sant’Elmo Napoli; Rettorato dell’Università del Salento – Lecce. Dal 1951 Pietro Guida vive e lavora a Manduria (TA).

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Pietro Guida. Piazza d’Italia
a cura di Lorenzo Madaro, Mariastella Margozzi, Pietro Copani
catalogo con contributi, oltre che dei curatori Mariastella Margozzi, Madaro e Copani, di diversi autori, tra cui Francesco Abbate, Brizia Minerva, Marina Pizzarelli e Michele Prisco, e con un ricco apparato fotografico di Beppe Gernone che documenta il work in progress dell’allestimento delle sculture all’interno del Castello.

14 luglio – 19 settembre 2020
Fino al 31 agosto, inoltre, sarà ancora possibile visitare all’interno del Castello la mostra Under pressure. Baldo Diodato per Copertino, a cura di Pietro Copani e Lorenzo Madaro, che propone una panoramica del lavoro recente del maestro dopo circa tre decenni di vita tra New York e Philadelphia.

Castello di Copertino, Lecce

Orari: dal lunedì al sabato dalle 8.30 alle 13.30

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