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LA SINTASSI DELLA LIBERTÀ | GLI ORI

Intervista a PIETRO GAGLIANÒ di Matteo Galbiati

Non avevamo alcun dubbio sulle qualità di valido studioso e di raffinato pensatore – già apprezzate in altre occasioni –, ma con questo suo ultimo saggio, lanciato poco prima del lockdown nazionale, Pietro Gaglianò (1975) ci consegna un complesso ed articolato volume che, secondo le traiettorie delle sue intense riflessioni, approfondisce in modo determinante alcuni temi che sono diventati di ancor più straordinaria attualità, concetti che, soprattutto in un periodo drammatico come quello che stiamo vivendo, sono oggetto di un continuo ripensamento e revisione.
Come non mai prima d’ora, arte, pedagogia, anarchia e libertà sono valori sollecitati dalla condizione del nostro tempo e dalle nuove sfide che l’attendono in un domani incerto e insicuro. Abbiamo intervistato l’autore, l’amico e lo stimato collega, sui contenuti de La sintassi della libertà, la sua recente fatica editoriale pubblicata da Gli Ori:

Quale è stata la genesi di questo corposo lavoro? Cosa ti ha spinto e come è nata questa tua ampia riflessione?
Il libro nasce dalla persistenza di alcune domande che mi pongo, sia sul mio lavoro critico, curatoriale e pedagogico, sia sul paesaggio che mi include: politico, sociale, culturale. L’arte e la pedagogia costituiscono il mio orizzonte professionale, una dimensione che abito sempre criticamente, costeggiando il limite e cercando declinazioni alternative ai formati e alle strategie dominate dalla cultura del consumo. Il libro è questo, il taccuino di un’indagine, un’esplorazione su possibili declinazioni della libertà.

Pietro Gaglianò Photo Mouhamed Yaye

Ti sei speso molto per questo saggio, mi hai confessato che avresti scritto di più e ancora. Come hai dato ordine e che schema hai seguito nella costruzione coerente del volume? Tutto il saggio si riassume in quattro capitoli: come hai suddiviso gli argomenti e le considerazioni? Quali “temi” e quali “aree” vengono toccate?
Una delle difficoltà legate alla composizione di questo libro era la connessione tra i tre ambiti disciplinari, arte, pedagogia, anarchia. Di tutti e tre mi interessavano, per la ricerca specifica, solo alcune interpretazioni ed esperienze: quelle che emergono alle convergenze tra le varie aree e che mettono in evidenza una certa continuità del concetto di emancipazione. Nei tre ambiti è ricorrente il potenziale della libertà (a volte inteso anche come presupposto) ma per attuarlo è sempre necessaria la percezione solidale di chi ci circonda. L’esperienza dell’arte è sempre soggettiva, ma impone la comprensione di una dimensione sociale; ugualmente l’apprendimento, secondo la pedagogia anarchica e libertaria, è l’esito di un atto volontario (ben distinto dalla somministrazione di dati e competenze) che può compiersi solo nell’incontro con altre intelligenze. E l’anarchismo, al netto di tutti gli equivoci che lo hanno stigmatizzato, si fonda proprio sulla sintesi tra libertà, uguaglianza e solidarietà.
Così i primi tre capitoli affrontano a coppie i tre temi: le relazioni tra il mondo dell’arte (a partire da metà Ottocento) e il pensiero anarchico, il ricchissimo patrimonio di sperimentazioni pedagogiche nella tradizione anarchica e libertaria, in senso inclusivo, e una serie di progetti e situazioni in cui l’arte si è fatta esperienza pedagogica, esaltando quindi il suo valore come spazio di conoscenza e non l’educazione trasmissiva. Il quarto capitolo tenta una sintesi, sollevando alcuni interrogativi sulla possibilità e le criticità di una coniugazione tra arte e cambiamento sociale.

I temi sono importanti e di sicuro interesse. A chi si rivolge questo testo? Chi sono i destinatari finali (o ideali) secondo il tuo punto di vista?
Questa è una domanda che continuo a pormi, chiedendomi prima di tutto che libro sia… In parte è una parziale storia dell’arte riletta con un filtro molto chiaro (di cui ho detto su), ma è anche fortemente un’indagine sulla pedagogia radicale, in un momento di grande interesse su questo tema. Più di tutto è un libro politico (non politicizzato) che esprime una posizione e che propone una prospettiva di rivisitazione dei costrutti sociali (e dei sistemi della produzione e della condivisione della cultura). Quindi spero che i suoi lettori meno annoiati siano gli artisti e chi sta scegliendo di occuparsi di educazione o di produzione culturale.

Sono quattro le parole chiave: arte, pedagogia, anarchia e libertà. Che peso hanno nel nostro presente?
Basandosi sulle esternazioni di chi ci governa la risposta potrebbe essere tragica… La realtà è che tendiamo a confondere i sistemi (dell’arte, dell’educazione) con la vastità delle loro possibili declinazioni. L’arte e la pedagogia, svincolate appunto da una visione restrittiva che le relega nelle aule scolastiche e nelle gallerie o nei musei, sono più che mai indispensabili: sono tra i pochi terreni in cui è possibile elaborare la nostra dimensione soggettiva senza essere in scacco di uno stato di necessità. È il modo in cui si fanno le rivoluzioni, il modo in cui il mondo è cambiato ogni volta che è cambiato in meglio. L’anarchia, come scrivo diffusamente nel libro, è apparentemente scomparsa come attore nel dibattito politico, utile per lo più come capro espiatorio in un volontario fraintendimento della sua storia (basterebbe, con banalità, provare a contare quante vittime sono state fatte nel suo nome e quante nel nome della democrazia). La sua presenza è vivissima però nelle aree più aggiornate della sperimentazione sociale dal basso, dell’ecologismo, del femminismo…

In questo senso il tuo saggio pare quasi profetico, uscito poco prima di un impensabile lockdown mondiale…
Penso che le domande che mi hanno portato alla scrittura di questo libro siano le stesse che animano una parte importante delle tensioni sociali. L’emergenza sanitaria, per quanto tragica e improvvisa, è l’esito prevedibilissimo di una concezione scellerata dell’economia basata sull’assurdità della crescita come unica possibilità, di una totale assenza di pensiero ecologico, di uno scollegamento mortale tra ambiente e società. Spero che queste domande siano prese in considerazione in modo diverso, ma i primi segnali non sono incoraggianti.

Possono dunque essere, come dici, l’arte e la pedagogia sinonimi possibili di libertà?
Più che sinonimi possono essere punti di attivazione per la comprensione della libertà, dipende dalle condizioni, dipende da chi è il soggetto dell’esperienza, dalla sua volontà e, certo, dipende anche dall’opera e dal metodo pedagogico. Non dimentichiamo che arte e pedagogia sono state strumentali a tutti i regimi, ottimi veicoli di persuasione e propaganda.

Pietro Gaglianò, La sintassi della libertà. Arte, pedagogia, anarchia, Gli Ori (in copertina Suzanne Lacy, Between the Door and the Street, 2013. Performance, Brooklyn, New York. Sponsored by Creative Time and the Elizabeth A. Sackler Center for Feminist Art, Brooklyn Museum. Photo by Nicola Goode)

In un mondo codificato, controllato, mappato, taggato, … diventa fondamentale comprendere una “nuova” sintassi della libertà?
Sono terrorizzato dal modo in cui la nostra esistenza è completamente avvolta dalla rete del controllo. Ma ancora più avvilente è che si tratta di un servaggio volontario al quale ci sottoponiamo chiedendo che sia sempre più efficace e stringente, scambiando questa dimensione di connessione globale per libertà e per espansione dell’esperienza. Tra le molte cose che si stanno perdendo in questa accelerazione digitale del dominio c’è proprio l’esperienza, intesa come viaggio, come vita relazionale, come passaggio fisico e mentale attraverso l’imprevisto e la scoperta. Sta a ognuno di noi riscoprirsi libero, reimparare la scala sociale della propria libertà, che oggi viene sempre più rarefatta.

Non resta comunque un testo contro, ma un testo per
Sono aspetti di uno stesso processo cognitivo, essere contro senza avere l’attitudine all’incontro genera solo conflitti e nessuna crescita. Ugualmente, costruire e proporre senza aver prima fatto una robusta disamina critica impedisce lo spirito dialettico che anima ogni sistema di pensiero che voglia essere davvero generativo.

Una domanda provocatoria: pensi di aver lasciato escluso qualche argomento che con il senno di poi, libro in mano, avresti voluto aggiungere?
Ho tralasciato decine di cose, alcune volontariamente per evitare di affollare il libro con troppe storie, troppi riferimenti, altre invece si sono presentate alla mia attenzione dopo la conclusione, nei giorni, nei mesi seguenti. Posso confessare il rimpianto di non avere dato più spazio alle molte e felici esperienze di pedagogia sperimentale che ci sono in Italia. Io mi sento molto in debito nei confronti degli artisti in mezzo ai quali vivo, devo quasi tutto alle loro visioni e avrei voluto più spazio per potermi dedicare alla ricerca di molti altri tra loro.

Il tuo volume può aiutare a ripensare i meccanismi per una nuova socialità?
Forse sì, se è un buon libro sì, ma io non so dirlo. So che potrebbe essere un libro migliore…

Ultima domanda: perché è davvero utile leggerlo e/o studiarlo?
Anche questo non  posso dirlo. Spero che venga letto con attenzione e che magari possa aprire una riflessione ariosa e anche severa sul modo in cui facciamo il nostro lavoro come educatori e operatori culturali.

Titolo: La sintassi della libertà. Arte, pedagogia, anarchia

Autore: Pietro Gaglianò

Anno: 2020

Pagine: 256

Prezzo: Euro 25.00

ISBN: 8873367860

Editore: Gli Ori

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