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GENOVA | CerrutiArte |  7 febbraio – 16 marzo 2013

Galeotta la palude greca di Kalodiki per Paolo Bini, che presenta da Cerruti Arte a Genova una nuova personale

Intervista a Paolo Bini di Luisa Castellini

Ha abdicato alle sabbie e alle terre, che lo avevano assecondato nel ripercorrere intere ere geologiche dando vita a carotaggi in uno spaziotempo sidereo, a favore di una maggiore rarefazione. Paolo Bini (Battipaglia, 1984) invita il suo fruitore a naufragare nell’illusione, autentica, della pittura: scoglio e faro ma anche bussola di questa esperienza, che l’artista intende condurre presto anche su scala ambientale, il riaffiorare della struttura, di un ordine ancora possibile. Tutto è iniziato in Grecia, a Kalodiki

La tua nuova personale da Cerruti Arte presenta un corpus di lavori molto definito e recente: dove ci traghetta Kalodiki?
Il titolo della mostra evoca la palude greca di Kalodiki, dove torno ogni anno, che è il mio rifugio. Si tratta di una palude molto lunga, di circa 5 km: una lingua verde di acque e alghe che si fa strada nella terra. Laggiù, durante l’estate, disegno moltissimo, educo la mano alla percezione visiva. Quando rientro questa guida, trovata attraverso l’esercizio costante, viene decantata. L’elemento percettivo ed emotivo necessita sempre un controllo. Da questo percorso nascono le opere in mostra, tutte realizzate tra settembre 2012 e gennaio 2013.

Sempre a Genova ricordo una tua installazione nel cortile di Palazzo Bianco (Rolli Days, 2010) articolata sulla stratificazione di sabbie e di terre. Queste tue nuove opere, invece, hanno rinunciato a quella matericità: cosa sta accadendo?
All’inizio della mia ricerca ho esplorato le possibilità insite nella fisicità degli elementi, dalle terre alle sabbie: è quel cammino che mi ha condotto oggi a una maggiore sintesi del mio modus operandi e del mio linguaggio. Ho rinunciato al dialogo tra elementi diversi e anche agli inserti prettamente materici a favore di una rarefazione che si propaga al gesto e dunque al segno.

L’inno a Kalodiki racchiude in sé questo mutamento e dischiude a una nuova fase della tua ricerca?
Il percorso si apre con un’opera che presenta un vasto inserto su tela a testimonianza delle radici della mia ricerca; nelle altre, invece, la pittura prende corpo da una semplice tabula rasa, con delle carte montate su tavola. Altre, infine, celano una lavorazione sottostante di impalpabili strisce di carta: è da qui che si muove, fisicamente e concettualmente, un nuovo spirito.

Il movimento che le opere di “Kalodiki” compongono, dove ti sta conducendo?
Sto guardando alla pittura in modo diverso: vorrei condurla nello spazio misurandomi con la scala ambientale attraverso interventi site-specific. Il mio obiettivo è far naufragare il fruitore nel colore, nello spazio illusivo della pittura ma senza abbandonarla: quello mai. Penso a questi futuri interventi come a eventi effimeri, di cui possa restare traccia solo documentaria e testimoniale.

Qual è il tuo rapporto con la grande tradizione con cui da sempre ti misuri?
Lo sguardo è sempre dietro la testa, custode della memoria e consapevole di quanto è stato ma proiettato verso il futuro. È in questa direzione che mi sto avvicinando alla pittura intesa come esperienza più totale e quindi ambientale, per la possibilità di creare dei fuori fuoco immersivi.

Tutti i dipinti della serie “Kalodiki” sono fortemente strutturati: è come se la tensione vitalistica, che lascia sempre affiorare un’inquietudine, un elemento inafferrabile, concedesse al fruitore un piccolo indizio…
La struttura, la forma, è una sorta di approdo e di incipit. Una chiave ipotetica, ma possibile, per penetrare il mistero e la tempesta scatenata da questi naufragi nella pittura. Nelle mie opere sono sempre presenti questi “scogli”…

Questo “scoglio” dello sguardo, non si fa presenza più netta nelle tue opere in mostra, muovendosi da una sorta di sfocatura fino a una risoluta linea di separazione?
La presenza dell’ordine, dello “scoglio” cui aggrapparsi nel naufragio dell’emozione e da cui impostare una nuova rotta diventa effettivamente sempre più netta nelle opere in mostra. È come se aumentasse la distanza dall’esperienza diretta di Kalodiki: passo dopo passo le fila percettive del racconto si sfaldano per rispondere a istanze più universali.

Quali sono i tuoi prossimi progetti?
A metà aprile esporrò a Catanzaro, mentre a maggio la galleria Il Catalogo di Salerno presenterà una mia nuova personale.


Paolo Bini. Kalodiki

testo di Claudia Gennari 

 7 febbraio – 16 marzo 2013

CerrutiArte
Piazza dei Garibaldi 18 R, Genova

Orari: martedi-sabato: 9.30 – 12.30; 16 – 19.30

Info: +39 010 2759146
www.cerrutiarte.it

 

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