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57. BIENNALE ARTE 2017 | Padiglione Nuova Zelanda | 13 maggio – 26 novembre 2017

di ELEONORA ROARO

Il Padiglione della Nuova Zelanda, con il progetto Lisa Reihana: Emissaires, curato da Rheana Devenport, è tra i più interessanti della 57. Biennale di Venezia.

Lisa Reihana. Biennale Arte 2017. Foto: Michael Hall. courtesy of New Zealand at Venice

Lisa Reihana. Biennale Arte 2017. Foto: Michael Hall. courtesy of New Zealand at Venice

Il video panoramico In Pursuit of Venus [infected] (2015-2017) di Lisa Reihana (Auckland, 1964) rilegge con uno sguardo post-coloniale la rappresentazione delle popolazioni del Pacifico. È il rifacimento multimediale del dipinto neoclassico Les Sauvages de la Mer Pacifique (1804-1805), realizzato da Joseph Dufour e Jean-Gabriel Charvet su venti pannelli, una delle descrizioni illuministe più emblematiche dei Mari del Sud. La rappresentazione si ispira a sua volta ai disegni del cartografo e navigatore inglese James Cook realizzati durante tre viaggi verso la Terra Australis (Austrialia) e la Aotearoa (termine maori per Nuova Zelanda) tra il 1768 e il 1779, ovvero le prime rappresentazioni di quelle terre e di quelle popolazioni.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Lisa Reihana, detail in Pursuit of Venus [infected], 2015–17, Ultra HD video, colour, sound, 64 min. Image courtesy of the artist and New Zealand at Venice.

Il dipinto originale è una sorta di Arcadia: è un mondo senza conflitti, dove le persone danzano felici su un cielo blu. È quindi un’operazione revisionista di un momento di contatto, connessione e conflitto tra gli Europei e le popolazioni indigene, definite “primitive” secondo uno sguardo eurocentrico che definisce in questo modo tutte le culture al di fuori dalla razionalità e dal progresso. L’operazione di Lisa Reihana vuole dare una nuova luce a questo immaginario, che è ancora profondamente influenzato dal suo passato coloniale, nonostante lo smantellamento delle relazioni economiche abbia portato allo sviluppo di più eque ed aperte condizioni di scambio. L’acronimo del titolo è “POV”, che significa anche “point of view”, ovvero punto di vista. Allude quindi alla prospettiva e alla posizione che determinano il significato. Da che punto di vista guardiamo la Storia, in questo caso quella delle popolazioni del Pacifico?

Dufour et Cie, printer & publisher, Jean-Gabriel Charvet, designer The Voyages of Captain Cook (Les Sauvages de la mer Pacifique) 1805, woodblock, printed in colour from multiple blocks hand-painted gouache through stencils, printed image (overall) 170 x 1060 cm, National Gallery of Australia, Canberra, purchased from admission charges 1982–83.

Dufour et Cie, printer & publisher, Jean-Gabriel Charvet, designer The Voyages of Captain Cook (Les Sauvages de la mer Pacifique) 1805, woodblock, printed in colour from multiple blocks hand-painted gouache through stencils, printed image (overall) 170 x 1060 cm, National Gallery of Australia, Canberra, purchased from admission charges 1982–83.

Il suo video si rifà alla tradizione Ottocentesca dei panorama e dei moving panorama che privilegiano il senso della vista come forma di controllo del mondo, la centralità del soggetto e del suo sguardo dominante. Come scrive Donata Pesenti Campagnoni nel suo libro Quando il cinema non c’era. Storie di mirabili visioni, illusioni ottiche e fotografie animate: «Il panorama nasce come spettacolo illusionistico, costruito sugli artifici del trompe-l’oeil pittorico, che mostra di volta in volta paesaggi urbani, naturali, storici e offre la possibilità di vivere in prima persona esperienze e avvenimenti spesso lontani dalla propria quotidianità». Si coniuga quindi perfettamente con rappresentazioni esotiche, che gli abitanti delle città di allora non potevano in altro modo esperire, in particolare di quei luoghi che erano stati recentemente esplorati e conquistati.

Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice

Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Image courtesy of New Zealand at Venice

Il video-panorama realizzato da Lisa Reihana è molto complesso dal punto di vista tecnologico: è una video-proiezione di 64 minuti su 5 canali per un totale di 26 metri, con 33 milioni di pixel per frame e 15k di risoluzione. Girato in parte a Campbewlltown Art Centre con le comunità aborigine australiane Koomurri, è un mix tra animazione digitale e performance con attori reali in costume, con azioni in un loop continuo. Il soundscape realizzato da James Pinker in 7.1 include canzoni aborigine, uno strumento Maori (taonga pūoro) e il ticchettio di un orologio appartenuto a James Cook. Completano l’esposizione cinque Tubi prospettici, ovvero dei cannocchiali al cui interno si vedono alcune immagini fotografiche (la statuetta della Baia di Nootka, la bussola e il copricapo delle Isole Cook) rinvenute dall’artista nel Museo di archeologia e antropologia dell’Università di Cambridge.

Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Courtesy of New Zealand at Venice

Lisa Reihana: Emissaries, Biennale Arte 2017. Photo: Michael Hall. Courtesy of New Zealand at Venice

Padiglione della Nuova Zelanda 57. Esposizione Internazionale d’Arte – La
Biennale di Venezia
Lisa Reihana: Emissaries
Commissario: Alastair Carruthers, CNZM
Curatore: Rhana Devenport, Direttore della Auckland Art Gallery Toi o Tāmaki
Sede: Tese dell’Isolotto, Arsenale
Info:
www.nzatvenice.com/

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