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MILANO | FM Centro per l’Arte Contemporanea | 26 ottobre – 23 dicembre  2016

Intervista a MARCO SCOTINI di Deianira Amico

Dopo la mostra inaugurale L’Inarchiviabile. Italia anni 70 FM Centro per l’Arte Contemporanea apre la stagione espositiva con un’altra mostra di ampio respiro intitolata Non-Aligned Modernity/Modernità Non Allineata. Arte e Archivi dell’Est Europa dalla Collezione Marinko Sudac, che inaugurerà il 26 ottobre. Ne abbiamo parlato con Marco Scotini, direttore artistico di FM.

Da una mostra che ha raccolto più collezioni attorno ad un tema (L’Inarchiviabile) ad un’esposizione incentrata su un’unica collezione che narra le molteplici modernità della cultura visiva est-europea negli anni della Guerra Fredda. Anche in questo caso il titolo evoca l’idea di negazione di possibili classificazioni canoniche: perché la produzione artistica e culturale nell’area della ex-Jugoslavia rappresenta una “Modernità Non Allineata”?
Hai perfettamente ragione: l’idea di inarchiviabilità o di non-allineabilità con cui FM ha cercato di identificare le sue due prime grandi mostre rimanda ad una volontà di negazione o sottrazione rispetto ai canoni egemonici della modernità. Credo che l’obiettivo di entrambe le mostre sia stato e sia tuttora quello di decostruire l’idea stessa di universalità e di neutralità su cui si è rinchiusa una idea univoca di modernità. Non dobbiamo riscrivere la storia dell’arte contemporanea dopo l’89? Ebbene, facciamolo ripartendo tanto da Est che da Ovest. Per cui, dopo i Settanta italiani, nessuna migliore occasione della nuova esposizione che mette a fuoco la scena artistica iugoslava dall’inizio degli anni ’50 fino alla fine dei ’70 per poi aprirsi sulle produzioni non-ufficiali dell’Europa centrale, con artisti concettuali della Polonia, della Cecoslovacchia e dell’Ungheria. Credo che ormai nessuno metta più in discussione la grandezza assoluta di artisti come Mangelos o Julije Knifer, come Mladen Stilinovic o Sanja Ivekovic, Julius Koller o Stano Filko, se non Dora Maurer o Edward Krasinski. Ma in quale storia dell’arte compaiono? Ad eccezione della sola figura di Marina Abramovic continua a perdurare la separazione tra un occidente artistico contemporaneo e un est arretrato e real-socialista. Ecco che Non-Aligned Modernity/Modernità non allineata intende fare i conti con questo gap e parte dal luogo giusto. Perché l’area iugoslava non aderisce completamente né all’Est né all’Ovest ed è la prima realtà a scindersi dal modello sovietico, non solo politico ma anche estetico. E’ la Iugoslavia che diventa poi un esempio da seguire per l’Ungheria, la Cecoslovacchia, la Romania o l’Albania anche se là i tentativi scissionisti finiranno in tragedia. Ma quello che diventa interessante è domandarsi qual è stato ed è il ruolo del modernismo nel mondo, qual è la sua declinazione sotto il socialismo o come il modernismo abbia potuto denotare mutualmente tendenze politiche opposte. Naturalmente il titolo dell’esposizione gioca anche sul fatto che la Iugoslavia era uno dei cosiddetti paesi non-allineati con India, Egitto, ecc. anche se per noi il problema è di natura culturale e riguarda piuttosto il rapporto tra centri e margini, tra una modernità e la molteplicità di modernismi che si sono realmente formati.

Gorgona Group, Gorgona is Looking at the Sky, 1961, Marinko Sudac Collection

Gorgona Group, Gorgona is Looking at the Sky, 1961, Marinko Sudac Collection

Più di cento artisti ed oltre seicento opere, non solo pittoriche, scultoree e fotografiche, ma anche vinili, film e documenti d’archivio. Intorno a quali nuclei – tematici, cronologici o estetici – si articola la mostra?
L’esposizione Non-Aligned Modernity/Modernità non allineata è la più ampia e comprensiva rassegna che sia stata finora presentata dell’arte dell’Est Europa durante il tempo della Guerra Fredda. Ci sono state mostre davvero importanti sulla scena post-socialista dall’indomani della caduta del muro di Berlino fino ad oggi ma non avevano mai un carattere storico. La mia stessa mostra Il piedistallo vuoto affrontava altri argomenti. Proprio per questo, con Andris Brinkmanis e Lorenzo Paini, abbiamo pensato di dare un taglio cronologico alla mostra che possa procedere di pari passo ad un ordinamento tematico che segua l’introduzione e la declinazione della modernità in quel contesto. Di fatto però si deve pensare ad un modernismo che non consisteva nell’assimilare il linguaggio universalista occidentale ma in un suo equivalente culturale. Dunque i nuclei tematici sono sostanzialmente quattro, per cui si parte dalla rottura di Tito con il Blocco Sovietico nel ‘48 e dal Manifesto di Exat del ’51 con cui l’astrazione costruttivista si sostituisce al realismo socialista e lo fa attraverso un approccio sintetico dove l’arte si combina all’architettura, al design (anche editoriale) e all’animazione cinematografica. E’ un grande momento di trasformazione di tutte le arti in cui, di seguito, nascono la Biennale di Musica di Zagabria (1961) e il primo festival di film sperimentale GEEF del ’63 (presenti in mostra). Poi c’è un’area dedicata al Gruppo Gorgona e che corrisponde ad una messa in discussione radicale del modernismo che precede l’arte concettuale della terza sezione in cui potremmo prendere l’opera di Zeljko Jerman come slogan peculiare, quando l’artista scrive sulla pellicola fotografica “Questo non è il mio mondo”. Chiude infine la mostra la presentazione dell’arte concettuale nei paesi del Centro Europa con una appendice che è dedicata ai luoghi espositivi indipendenti e non ufficiali di quelle aree.

Bosch + Bosch Group (BaElint Szombathy), Three modes -Deconstruction of Yugoslavia, 1974, Marinko Sudac Collection

Bosch + Bosch Group (BaElint Szombathy), Three modes -Deconstruction of Yugoslavia, 1974, Marinko Sudac Collection

Tutte le opere provengono dalla Collezione Marinko Sudac di Zagabria, presentata per la prima volta fuori dai paesi dell’Est Europa. Puoi raccontarci qualcosa in più sulla nascita della collezione e sulla sua natura di progetto “pubblico” (n.d.r. Sudac è il fondatore della piattaforma Museum of the Avant-garde)?
Credo che la casa di Marinko Sudac a Zagabria sia diventata un punto di riferimento imprescindibile per tanti curatori internazionali: da Okwi Enwezor a Sabine Breitwieser a Kaspar Koenig. Quello che Sudac è riuscito a fare dal 2004 ad ora è davvero impressionante se pensiamo che si tratta di una raccolta talmente ingente che nessuna istituzione pubblica è riuscita a realizzare. Anche la collezione Sudac è non-allineata, se pensiamo ai modelli classici di collezionismo perché vi si può trovare non solo opere d’arte ma interi archivi d’artista: corrispondenza, progetti, taccuini, poster, ephemera. Diciamo che la mostra milanese ha voluto rispettare proprio il carattere della raccolta perché nell’assenza di una storia artistica di questi paesi, Sudac è riuscito a seguirne tutte le tracce e restituirne finalmente una, che ora è una fonte per chi volesse consultare il suo website sull’avanguardia. Purtroppo dalla mostra attuale rimane esclusa tutta la parte relativa alla prima metà del Novecento che abbiamo deciso di non esporre pur essendo altrettanto ricca e fondamentale. Diciamo che, per me, Sudac – oltre che un amico – rappresenta un archeologo o un esploratore su una terra incognita.

Il 26 ottobre aprono all’interno di FM Centro per l’Arte Contemporanea altre due mostre: Laura Bulian Gallery con una personale di Ugo La Pietra e la Galleria Giorgio Persano nel temporary space con Michele Zaza. Entrambi gli artisti erano protagonisti della tua precedente ricognizione sugli anni ’70 in Italia. Mi incuriosisce sapere se esistono rapporti tra artisti italiani ed est-europei in quegli anni e se gli eventuali scambi o collaborazioni siano documentati nelle mostre in corso.
Diciamo che si tratta di una estensione dell’Inarchiviabile che si confronta ora con la nuova esposizione sui “vicini di casa” anche se situati oltre la Cortina di Ferro. Si tratta di un dialogo implicito ed esplicito allo stesso tempo perché molti sono stati i contatti tra le due realtà, a partire da Manzoni e Mari con il Gruppo Gorgona ma poi Vaccari e Ivekovic, Anselmo e Dimitrevic e altri. Lo stesso Ugo La Pietra nella sua rivista “Progettare Inpiù” pubblica a metà ’70 un servizio sulla scena artistica di Zagabria. Inoltre l’atmosfera temporale e antropologica di Zaza si può ritrovare in molte opere di Modernità non allineata. Ma lasciamo che sia il visitatore a fare confronti.

At the Moment Exhibition, Haustor, 1971, installation view with Giovanni Anselmo's work, photo-documentation, Marinko Sudac Collection

At the Moment Exhibition, Haustor, 1971, allestimento con l’opera di Giovanni Anselmo, documento fotografico, Marinko Sudac Collection

Nella durata della mostra sono previsti appuntamenti di approfondimento specifici?
Il giorno stesso dell’opening ci saranno anche performance realizzate in situ da artisti fondamentali come Damian e Martek e una rappresentante del femminismo come Katalin Ladic, mentre il giorno dopo ci sarà un incontro con il noto critico serbo Jesa Denegri, il curatore Branko Franceschi e con gli artisti Vlado Martek, Damian, Marko Pogacnik e altri. Poi seguiranno incontri con galleristi e addetti ai lavori come Rainald Schumacher della collezione Telekom di Berlino, un incontro sul display che realizziamo in collaborazione con NABA e che prevede una sezione dedicata all’Est Europa, una serata sul movimento internazionale di base a Zagabria Nuove Tendenze, serate con Michele Zaza, Ugo La Pietra e molto altro.

Qualche anticipazione sul programma del 2017?
In cantiere c’è un nuovo importante appuntamento in occasione di Miart, come lo scorso anno. Ma è meglio non anticipare nulla se non che si potrebbe trattare, in questo caso, di una Modernità Segreta, come l’ha definita il mio amico Peter Friedl.

Non-Aligned Modernity/Modernità Non Allineata. Arte e Archivi dell’Est Europa dalla Collezione Marinko Sudac
a cura di Marco Scotini, con la collaborazione di Lorenzo Paini e Andris Brinkmanis

27 ottobre – 23 dicembre 2016
Opening mercoledì 26 ottobre 2016, ore 18.00

FM Centre for Contemporary Art
Via Piranesi 10, Milano

Info: info@fmcca.it
www.fmcca.it

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