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Galleria Pack
Milano

Matteo Basilé. Thishumanity (di Elena Baldelli)


Per il suo ultimo progetto, Matteo Basilé sceglie, come scenario di partenza, Paolo Uccello e i tre atti della Battaglia di San Romano, stravolgendo la perfezione armonica di quegli eterni istanti per raccontarne la fase successiva: la lotta. I soldati senesi e fiorentini si tramutano in “soldatesse” improvvisate, la campagna toscana cede il posto al personale «Photo Fight Club Studio» dell’artista-fotografo. Questa umanità sale sul ring e combattendo si svela, rivela la sua porzione umana fatta di mostruosa meraviglia. Thishumanity è un insieme di scontri, riscontri, incontri…


Elena Baldelli: Il citazionismo continua… i personaggi riconducibili alla tradizione sacra lasciano il posto ai soldati de La battaglia di San Romano. Perché hai scelto, per il progetto Thishumanity, di guardare al celebre trittico di Paolo Uccello?
Matteo Basilé:
Sono un artista visionario che guarda di continuo alla storia, per poter disegnare un nuovo scenario per il futuro. Thishumanity parla dello scontro tra minoranze sociali; i miei santi e folli si sono solo armati per difendere la loro parte umana, quella spesso mostruosa e meravigliosa, perché penso che nell’uomo il lato mostruoso e oscuro sia il lato più affascinante, per un artista, da esplorare. La battaglia di San Romano, per me, è stata, da sempre, un esempio straordinario di ordine matematico applicato alla realtà. La battaglia è costruita come una formula matematica e tutto è perfetto, immobile, pronto per la fase successiva, quella del caos, del disordine apparente, dove l’istinto di sopravvivenza ha la forma di un frattale.

…E perché far combattere il frame successivo di questa battaglia solo a protagoniste femminili?
Ho voluto iniziare la prima delle dieci battaglie pensate per questo progetto con, appunto, la minoranza esistente più grande… quella femminile. Minoranza, ovviamente, intesa non come numero, ma come sesso culturalmente più debole. Ho immaginato uno scontro tra donne, una contro l’altra, in un rito dove la distruzione non è altro che un momento di rinascita dell’identità femminile. La guerra la fanno gli uomini… e queste mie donne, metà sante e metà guerriere, combattendo uccidono la parte maschile che le ha portate alla perdita della loro identità. Ho ricostruito questa battaglia immaginaria in un luogo dipinto, appunto, nel Rinascimento italiano, quel rinascimento che servirebbe a tutti noi e mi sono ispirato a Paolo Uccello che, come lo descrive il Vasari nelle sue Vite, «non ebbe altro diletto che d’investigare alcune cose di prospettiva difficili e impossibili». Ecco un giorno mi piacerebbe essere ricordato con le stesse parole, dove le mie investigazioni e le mie prospettive difficili e impossibili saranno quelle umane…

Ci hai abituato a collegare il tuo lavoro ad ambientazioni da grandangolo, a luoghi sacri e di culto, a minuziosi allestimenti scenici, a travestimenti. Dietro a tutto ciò, sicuramente, si nasconde un lavoro piuttosto complesso: dalla scelta della location, a quella dei modelli e dei costumi… Come pianifichi i momenti precedenti allo scatto? Com’è organizzato solitamente un tuo set?
Più passa il tempo più i miei lavori hanno bisogno di una cura nella ricerca iconografica, scenica. I miei set sono sempre più simili a quelli di un film, anche se mi muovo con budget ridicoli in confronto al mondo cinematografico. Intorno a me, ormai, si è consolidato un gruppo di lavoro affiatato che ci vede sempre insieme, immersi nella realizzazione di queste storie. Con questo team studio le scelte dei costumi, del trucco, dei personaggi.
I luoghi sono quelli in cui sto vivendo… Thishumanity è scattato tra l’Indonesia e l’Italia.

Per Thishumanity, invece, hai scelto di oscurare le scenografie; solo il nero alle spalle delle figure. L’unico soggetto è umano…
Ho ritratto 180 donne provenienti da tutto il mondo. Le ho ritratte dopo la battaglia allestita nei miei due studi, dove ho costruito una sorta di ring di circa 40mq, in cui le donne invitate si battevano realmente… Il mio è diventato per quattro mesi il primo photo fight club studio. Tutte le donne che hanno partecipato sono state portate a fare qualcosa di apparentemente “innaturale”, ma al decimo minuto, nell’arena, ho visto una raccoglitrice di riso o una bambina di nove anni trasformarsi in bestie feroci. Dopo circa un’ora di veri combattimenti, dove io scattavo, le prendevo singolarmente e, in un ambiente notturno, intimo, riportavo ognuna di loro a rianalizzare insieme a me il momento appena vissuto, ovvero quando una madre può uccidere il proprio figlio per sopravvivere ad esso… è stato uno dei lavori più intensi e complessi che abbia mai fatto.

Uomini, donne, bambini, vecchi… nei progetti precedenti li hai tutti beatificati. Thishumanity mostra l’umanità in un’accezione differente: molto umana, forse troppo umana. Thishuman= questo umano e Thishuman= disumano. Con questo gioco di parole inglese-italiano hai voluto esprimere un giudizio?
Non giudico, ma racconto… ritraggo, ma non ritratto… Thishumanity è una presa di posizione nel raccontare l’umanità tutta… la battaglia delle donne per prima, lo scontro tra albini, nani, obesi, star di Hollywood poi. Voglio che una volta per tutte si scontrino le diversità, per capire che, forse, in questo momento storico e culturale in cui tutto è global, la normalità non esiste e forse non c’è mai stata: tutto dipende dal punto di vista con cui si vede il mondo.

Due tappe scelte per Thishumanity: la galleria Pack di Milano e il Singapore Art Museum…
Queste le prime due tappe… di seguito in Cina per la prossima Biennale di Pechino e poi mi piacerebbe riuscire ad esporla nella sua interezza a Roma, in uno spazio pubblico.

La mostra in breve:
Matteo Basilé. THISHUMANITY
Galleria Pack
Foro Buonaparte 60, Milano
Info:+39 02 8699 6395
www.galleriapack.com
23 novembre 2010 – 29 gennaio 2011
Inaugurazione: 23 novembre dalle 18.00 alle 21.00

“Thishumanity”, 2010

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