LA SPEZIA | Fondazione Carispezia | Fino all’11 settembre 2022
di ALICE BARONTINI
Una struttura in cartongesso, a forma triangolare. Una sorta di grande utero collocato al centro, nella sala di entrata della Fondazione Carispezia.
All’interno di questo spazio fisico e simbolico, per circa due mesi prima dell’inaugurazione, Jacopo Benassi (1970, La Spezia) ha lavorato per dare vita alla maggior parte dei lavori presenti in Matrice, una mostra personale a cura di Antonio Grulli che, a chiamarla semplicemente “mostra”, pare davvero riduttivo.
Perché Matrice, più che un’esposizione, è una narrazione, un teatro, una messa in scena, una catarsi contemporanea. Un’unica grande opera performativa e installativa da percorrere e vivere, seguendo le tracce che l’artista ha disseminato lungo il tragitto da lui stesso architettato.
Dopo aver concepito le sue creazioni all’interno della Matrice, spiato dal pubblico che per un arco limitato di tempo ha potuto osservarlo al lavoro attraverso fori creati alle pareti, Benassi infatti ha letteralmente smantellato e asportato le mura della struttura triangolare che lo accoglieva per poi rimettere insieme i pezzi e riutilizzare le pareti brutalmente sezionate come nuovi elementi costruttivi, con cui reinterpretare e sconvolgere la fisionomia delle sale della Fondazione, imprimendo un’impronta personale e vissuta all’ambiente circostante. Un’azione che ha il sapore di una distruzione rigeneratrice; un’esplosione di energia creativa fino a quel momento tenuta in gestazione.
Per chi oggi visita Matrice l’impressione è quella di essere catapultati in una specie di cantiere in fase di demolizione (o di ricostruzione, dipende dai punti di vista). Si tratta di una grande installazione site specific in cui l’imperfezione, la precarietà e l’errore sono dichiaratamente cercati, desiderati, celebrati ed elevati, in quanto parti sincere dell’esistenza.
Ed ecco allora cornici realizzate a mano con legno grezzo manipolato a suon di colpi d’accetta, pannelli di vetro tagliati che diventano portali verso l’immagine, frasi tracciate con la bomboletta spray, tavoli irregolari, vasetti di pittura e pennelli ben allineati, stracci sporchi di colore appesi in fila su una corda, calchi di gesso, pantofole usate e poi lasciate su uno sgabello come simbolo di identità. E poi, su un lenzuolo bianco, la scritta “Bisogna tradire la tradizione”, che sembra urlata come in una manifestazione in piazza.
Una giungla di connessioni, crudezza e delicatezza, pugni allo stomaco e baci sulla fronte. Tutto fa da cornice a quello che è il fulcro dichiarato del percorso: La Spezia, la “grande madre” dell’artista, il luogo di nascita fisico e artistico di Benassi, fonte d’ispirazione di molta della sua poetica contemporanea ma anche spazio urbano in cui è avvenuto l’incontro con il fotografo Sergio Fregoso (La Spezia, 1927 – 2003), il primo ad indirizzare Benassi verso il mondo della fotografia. Per raccontare il complesso rapporto con la città l’artista ha dato vita a un lavoro libero e per certi versi radicale, che si appropria e sfrutta a piene mani tutte le sfumature dei vari linguaggi espressivi a disposizione ibridandoli, contaminandoli e tenendoli insieme con un’incredibile coerenza poetica e concettuale.
Le opere allestite sulle pareti ritraggono visioni della città d’origine, rappresentata attraverso lo sguardo intimo dell’artista, indissolubilmente intrecciato agli aspetti più personali della sua vita.
Dipinti dai colori polverosi sono stati realizzati da Benassi ispirandosi alle vedute ottocentesche del pittore Agostino Fossati (La Spezia, 1830-1904). I quadri diventano dei paesaggi di fondo, alcune volte quasi un “passe-partout” visivo e spirituale delle foto in bianco e nero che immortalano angoli cittadini nascosti, sovrapposti e tenuti saldi tra loro con cinghie che compattano foto e pittura in un’unica composizione inscindibile, fatta di cancellazioni e sedimentazioni.
Poco lontano, gessi scuri e materici realizzati da Benassi in collaborazione con il restauratore e compagno di vita Augustine Laforêt si innalzano come coste frastagliate delle Cinque Terre, su cui l’artista lascia infrangere i dettagli fotografici della spuma del mare, suggestivamente installati in orizzontale.
Camminando, la traccia sonora delle onde marine riecheggia in sottofondo mentre un video scorre in loop per raccontare la genesi del progetto, proprio là dove una volta si trovava la Matrice. Diventa spunto di narrazione anche l’attività editoriale di Benassi: le riviste dal sapore punk da lui create, i libri d’artista autoprodotti negli anni, le pubblicazioni con editori internazionali, le collaborazioni con intellettuali ma anche l’esperienza del Btomic, club spezzino underground gestito dal 2011 al 2016 dall’artista insieme a un gruppo di amici.
Infine, toccante è l’assolutezza composta della sala indicata con la data scritta a mano, 1943: un omaggio potente alla madre mancata proprio nei giorni precedenti l’allestimento, qui evocata attraverso la sua stessa assenza. Un dipinto realizzato da Benassi, rimasto per oltre trentacinque anni sopra la testiera del letto della mamma, è ora appeso su una porzione di cartongesso della Matrice, tenuto insieme alla foto della traccia lasciata dal quadro sul muro della casa sgomberata e ai dettagli fotografati del mobilio.
Stanza dopo stanza affiora così un mondo intimo e complesso.
Quel che manca, nel raccontare La Spezia, è la presenza della figura umana.
Pare che in questa occasione Benassi faccia con la sua città quello che aveva già fatto nel 2020 con il suo stesso studio, completamente svuotato per essere portato in mostra al Museo Pecci, dando vita alla grande personale “Vuoto”: un’azione artistica che vedeva nell’atto del resettare un’occasione di rinascita, un momento in cui fare i conti con sé stesso, con l’atelier libero, con la necessità di ricominciare.
Ora è come se l’artista sgombrasse la città, per riportarla a un grado zero, a un deserto, alla sua condizione originaria di palude.
Eliminate case, strade, persone, animali paesaggi o vedute, creata una dimensione atemporale, quasi metafisica, l’attenzione dell’artista si concentra sul dietro le quinte, sui dettagli nascosti, sugli angoli a lui più cari, sui giardini in cui iniziò a scattare le prime foto, su ciò che solitamente scorre sotto ai nostri occhi passando inosservato: erbacce, agavi, cespugli, schiuma del mare, le acque stagnanti del canale di scolo che divide la città visitabile dall’Arsenale, parte cittadina inaccessibile.
Tutto illuminato dalla luce del suo flash.
L’unico elemento vivente nelle foto, così come nei dipinti o nelle sculture, è la natura stessa che si impossessa dello spazio delle opere. Una natura seducente e allo stesso tempo misteriosa, rilassante e talvolta pungente come le foglie delle agavi ritratte. Vegetale, eppure in silenzioso ma continuo fermento.
Così, inevitabilmente, osservando i lavori di Benassi germogliano interrogativi che superano i limiti territoriali e la dimensione esclusivamente privata per farsi collettivi. E la mente si lascia trasportare. Altrove.
Jacopo Benassi. Matrice
a cura di Antonio Grulli
Promossa da Fondazione Carispezia
Organizzata da Fondazione Eventi e Iniziative Sociali
Fino all’11 settembre 2022
Fondazione Carispezia
via D. Chiodo 36, La Spezia
Orari: da martedì a domenica, in orario 18 – 22. Ingresso libero
Cortile
Incontri collaterali alla mostra MATRICE di Jacopo Benassi
Auditorium e spazio esterno Mediateca Regionale Ligure “Sergio Fregoso” – via Firenze, 37 La Spezia. INGRESSO LIBERO FINO A ESAURIMENTO POSTI
VENERDÌ 15 LUGLIO, ore 21:30 VALERIO MAGRELLI
poeta, scrittore, traduttore, critico letterario e accademico italiano.
SABATO 23 LUGLIO, ore 21:30
LORI GOLDSTON E LARSEN
Lori Goldston – violoncellista americana e compositrice, ha collaborato con la band Nirvana nel leg- gendario concerto Unplugged, Larsen – gruppo musicale post-rock italiano attivo dalla metà degli anni ottanta. Entrambi hanno suonato anche al Btomic (La Spezia – piazza Brin).
Info: Fondazione Carispezia
+39 0187 258617
feis@fondazionecarispezia.it
https://www.fondazionecarispezia.it/