Intervista a PAOLO CARLI di Francesca Di Giorgio
Dopo oltre quarant’anni di stand by torna Marmo, la rivista annuale nata come diretta emanazione culturale di Henraux S.p.A, l’azienda di Querceta (LU) leader nel campo dell’escavazione e della lavorazione del marmo e del granito. Qui grazie ad Erminio Cidonio amministratore unico dell’azienda, negli anni ‘50 e ‘60, hanno lavorato i più importanti scultori dell’epoca tra cui Henry Moore, Hans Jean Arp, Joan Mirò, Georges Vantongerloo, Emile Gilioli, Maria Papa, Jacques Lipchitz, lsamu Noguchi ecc… E ancora oggi artisti come Tony Cragg, Mikayel Ohanjanyan, Mimmo Paladino, Emilio Isgrò, Park Eun Sun scelgono i “laboratori” di Querceta e Pietrasanta per realizzare i loro lavori.
Marmo è un dichiarato riferimento alla realtà in cui nasce, l’attività della Fondazione Henraux e il mondo della scultura celebrato anche attraverso il Premio Internazionale di Scultura Fondazione Henraux, in memoria di Erminio Cidonio (la quarta edizione nel 2018).
La prima uscita in pubblico del sesto numero, ieri sera durante il Fuorisalone di Milano, nello showroom di Minotticucine, ricorda le ambizioni degli inizi e dei primi cinque numeri nati per diventare una “piattaforma culturale moderna” come la definiva Bruno Alfieri, direttore della rivista fino al 1964.
Una linea guida ben presente a Paolo Carli, Presidente e A.D. di Henraux dal 2003, quando ha scelto di riaprire il dibattito ad artisti, architetti, designer, critici d’arte e del design sui temi più vicini ad Henraux: qualità, innovazione, intrinseca contemporaneità, con un’attenzione particolare ai materiali…
In quale clima culturale nasceva, tra gli anni ‘60 e ‘70, la rivista Marmo?
La rivista Marmo nacque nel 1962 per volere di Erminio Cidonio, allora amministratore unico di Henraux. Si trattò di un progetto a suo modo rivoluzionario perché nasceva in un momento, il secondo dopoguerra, in cui l’intero comparto marmifero stentava ad accogliere le innovazioni tecnologiche e i fermenti culturali che si andavano manifestando in Europa e nel mondo, ancorato ad una tradizione di mestiere solida e preziosa, ma pressoché immobile.
Lo scopo era quello di riconsegnare al marmo la sua identità perduta: a causa del largo uso che ne era stato fatto durante il ventennio fascista, tale materiale fu infatti screditato da scultori ed architetti che preferirono affidare le loro sperimentazioni a materiali considerati più moderni e “democratici”.
Cidonio intese quindi rilanciare il marmo nei diversi settori della cultura figurativa contemporanea e tra i vari strumenti cui diede vita per attuare tale utopica strategia vi fu la fondazione della rivista Marmo, metaforica agorà culturale, spazio di riflessione e di confronto sui temi dell’architettura, del design e dell’arte che ha dato voce ad autorevoli esponenti di tali discipline consentendo così, a una realtà periferica, di acquisire visibilità internazionale.
Di quali collaborazioni si avvale il nuovo numero della rivista? Emergono delle “visioni” comuni dai singoli contributi critici?
Abbiamo voluto dare vita a una combinazione di nomi, più e meno noti, eterogenei per stile e formazione, che avessero però in comune un’unica caratteristica: la qualità.
Il numero si apre con l’intervento di Gillo Dorfles, che aveva già contribuito al primo numero di Marmo nel 1962, e che qui ci regala una testimonianza impareggiabile del passato, sempre però con una peculiare, e per certi versi sorprendente vista l’età, freschezza nello sguardo.
Si susseguono Nicola Micieli, Luca Beatrice, Aldo Colonetti – presente con un suo testo e con un’intervista a Mario Botta –, Michela e Paolo Baldessari, Craig Copeland, Marco Casamonti, Flavio Arensi che intervista Mimmo Paladino, Marva Griffin, Costantino Paolicchi e Alessandra Scappini.
Pur non avendo letto i testi degli altri autori è stato interessante osservare come ciascuno abbia inserito all’interno del proprio intervento almeno un riferimento ai temi affrontati negli altri contributi. Il risultato è quello di un’eco che risuona da un testo all’altro producendo una sinfonia di grande equilibrio.
Progetti in cantiere per Fondazione Henraux e attorno alla rivista?
Dopo la presentazione di Marmo6 verrà subito messo in cantiere il numero 7 che uscirà il prossimo anno: abbiamo già in mente alcuni nomi che vorremmo intervenissero e vogliamo prenderci tutto il tempo necessario per renderlo ancora migliore del numero 6.
Contestualmente, la Fondazione Henraux è impegnata su almeno altri tre fronti: la quarta edizione del Premio Internazionale di Scultura che si svolgerà nel 2018 e l’iniziativa “Volarearte”, a carattere biennale come il Premio, che, in sodalizio con Toscana Aeroporti, offre dal 2011 l’opportunità di ammirare opere monumentali di maestri della scultura contemporanea negli spazi esterni ed interni dell’Aeroporto Galilei di Pisa. La quarta edizione avrà luogo quest’anno a partire dal mese di maggio.
Infine, con queste iniziative della Fondazione Henraux, ha ripreso vigore e nuova consapevolezza il progetto di Cidonio per un museo della scultura contemporanea, e il mio desiderio – sempre più concreto – è di riuscire a formare una nuova raccolta e di ricongiungere un giorno non lontano, in una significativa mostra, la collezione formata negli anni Sessanta e nei primi anni Settanta con le opere cedute e con quelle ancora di proprietà dell’Henraux.
Marmo6
Contributi di: Flavio Arensi, Michela e Paolo Baldessari, Luca Beatrice, Mario Botta, Paolo Carli, Marco Casamonti, Aldo Colonetti, Craig Copeland, Gillo Dorfles, Marva Griffin, Nicola Micieli, Mimmo Paladino, Costantino Paolicchi, Alessandra Scappini
Editore: Henraux S.p.A.
Anno: 2017
Pagine: 128
Prezzo: 10 €
Fondazione Henraux
Via Deposito 269, Querceta (LU)
www.fondazionehenraux.it
[Tratto da Espoarte #96]