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TORINO | Fondazione Mario Merz | 3 giugno – 6 ottobre 2019

di PIETRO BAZZOLI

A Torino le porte della Fondazione Mario Merz si aprono per mostrare al pubblico, fino a ottobre, le opere selezionate per il Mario Merz Prize, giunto quest’anno al terza edizione
Gli artisti protagonisti sono Bertille Bak (Francia, 1983), Mircea Cantor (Romania, 1977), David Maljkovic (Croazia, 1973), Maria Papadimitriou (Greta, 1957) e Unknown Friend, duo composto da Stephen G. Rhodes (U.S.A., 1977) e Barry Johnston (U.S.A., 1980), che sono stati riuniti in una collettiva a cura di Samuel Gross (responsabile artistico dell’Istituto Svizzero), Claudia Gioia (curatrice indipendente) e Beatrice Merz (presidente della Fondazione Merz).

Mircea Cantor, Aquila non capit muscas, 2018, video HD col., 3’ 40” Courtesy l’artista e VNH Gallery, Parigi

Il vincitore sarà annunciato il prossimo 11 ottobre 2019 al Museo Reina Sofia di Madrid, in concomitanza con l’apertura dell’ampia retrospettiva che il museo spagnolo dedica a Mario Merz, uno dei principali interpreti dell’Arte Povera (Mario Merz. El tiempo es mudo, a cura di Manuel Borja-Villel).
Una scelta questa che premia l’internazionalità capace di mettersi in dialogo con le opere di Merz, alcune delle quali presenti in mostra. È il caso dell’artista di origini rumene Mircea Cantor, che presenta Aquila non capit muscas (2018), un’opera video che registra e decostruisce la sequenza di volo di un’aquila che si scontra con un drone. È la sintesi estrema, diretta, violenta di un incontro tra antagonisti, Natura e macchina, animale e tecnologia. Pare quasi, però, che la sospensione del tempo, il volo interminabile dell’aquila e lo stazionamento del drone, sia la vera protagonista dell’opera: all’incontro-scontro si arriva solo nei frames finali. Il resto è pura concezione in uno scorrere immobile che non si denota come attesa caricata dalla volontà di assistere all’impatto, bensì come momento di riflessione tra ciò che è sempre stato e ciò che ora è.

Maria Papadimitriou, Unpacking Antigone, 2017-19, dimensioni variabili, commissionato da Onassis Culture Courtesy l’artista

Maria Papadimitriou, autrice di origini greche, porta un’opera già esposta a New York nel 2016, in un nuovo allestimento concepito appositamente per la Fondazione Merz. L’installazione propone un teatro collassato su se stesso, di indubbio impatto emotivo, dove gli elementi, nella loro effettiva presenza, si fondono e confondono, accatastati in un simbolismo riconducibile – senza sforzi in vero – alla caduta, nella contemporaneità, dei valori atavici, nell’eco di un quesito che rappresenta la tragedia senza soluzioni di continuità. Unpacking Antigone (2017-19) esplora il celebre dramma di Sofocle, dedicato alla figura di Antigone, svelando una domanda che sorregge l’intera installazione: “È possibile, oggi, rappresentare Antigone?”. Sebbene la potenza di certi classici possano essere definiti tali in virtù del fatto di possedere una potenza concettuale tale da attraversare i secoli, riuscendo a essere sempre tragicamente attuali, l’artista ellenica fa riferimento a un importante capitolo della propria cultura nazionale (ed europea), per mettere l’accento sui concetti fondanti della vicenda: la trasgressione della legge, la fedeltà alla famiglia, il personale progetto di morte.

David Maljković, Yet to be titled, 2019 Courtesy l’artista

David Maljkovic presenta un’installazione composta da elementi funzionali di utilizzo comune, la cui originale destinazione d’uso subisce un forte slittamento semantico, acquisendo, quindi, un nuovo significato. Sedie, tavoli, cavalletti e altri divengono una nuova struttura portante che si offre come display di altre opere di proprietà dell’artista. La sfera privata entra in quella pubblica, unendo il personale alla collettività. Si crea, dunque, un passaggio dal reale utilizzo di un oggetto per giungere a qualcosa di diverso, un viaggio che si conclude nel presente e nella fragilità che gli oggetti stessi hanno acquisito, unendo un vissuto inedito e collettivo insieme.

Bertille Bak, Itinerario bis (Alternative route), 2019, dimensioni variabili, assemblaggio elettromeccanico + 34 stampe pittoriche su cartoline (gratuite) e Notes englouties (Swallowed sounds), 2012, mappe interattive, cm 130x115x44 ciascuna Courtesy l’artista e The Gallery Apart (Roma), Xippas Galleries (Parigi-Ginevra-Montevideo-Punta del Este)

Una delle proposte di maggiore interesse, soprattutto per i risvolti che ha nei riguardi della città di Torino, calandosi perfettamente nel territorio per studio e ricerca, è quella di Bertille Bak. La giovane artista francese espone un insieme di lavori risultati da una serie di esperienze di convivenza e condivisione con le comunità Rom da Parigi a Torino. Un progetto di tre opere, che si sviluppa intorno a una suggestione molto particolare: la durata del semaforo rosso sulle strade torinesi; un video; una sequenza di tabelloni elettronici, ciascuno dedicato alla linea metropolitana di una grande città europea. Si tratta di lavori estremamente connessi, che obbligano il visitatore a compiere passi importanti all’interno di quella che può sembrare una realtà conosciuta ma che, in effetti, viene quasi completamente ignorata. È proprio questa sorta di oblio comunitario che Bertille Bak cerca di scardinare: le opere, frutto del lavoro sinergico con le comunità sociali che analizza, tendono a riportarle a uno stato d’esistenza, affinché siano riconosciute da una società che cerca di nasconderle agli occhi del mondo. Ecco che strade, piazze e metro diventano scenario perfetto dove poter riconoscere le persone come esseri umani, simili, sebbene appartenenti a comunità differenti. Una sorta di risalita dal sottosuolo per dare giustizia a memorie che meritano la stessa dignità di ogni altra, in uno sguardo consapevole.

Unknown Friend, Civilization’s Wake, 2019, Video

Il duo artistico statunitense Unknown Friend espone un progetto video dal titolo Sivilitation’s Wake (2018). L’opera prosegue e conclude la ricerca condotta sul romanzo Le avventure di Huckleberry Finn di Mark Twain del 1884, prendendo le mosse dalla posizione critica avuta sino alla more da Twain nei confronti dall’idea di civilizzazione propria della cultura XIX Secolo. Girato tra Stati Uniti e Italia, il film documenta come le questioni legate all’odio razziale e alla tensione tra le diverse classi sociali siano oggi, come allora, estremamente attuali e come, di conseguenza, le affermazioni di Marc Twain non abbiano affatto perso di senso.

Mario Merz Prize 2019
a cura di Samuel Gross, Claudia Gioia e Beatrice Merz

Artisti finalisti: Bertille Bak, Mircea Cantor, David Maljkovic, Maria Papadimitriou e Unknown Friend

3 giugno – 6 ottobre 2019

Fondazione Mario Merz
Via Limone 24, Torino

Orari: da martedì a domenica 11.00-19.00; lunedì chiuso
Ingresso intero €6.00; ridotto €3.50 (visitatori di età compresa tra i 10 e i 26 anni, maggiori di 65 anni, gruppi organizzati min. 10 persone, possessori di Pyou Card); gratuito (bambini fino a 10 anni, disabili e accompagnatori, possessori tessera Abbonamento Musei e Torino + Piemonte Card, membri ICOM, giornalisti con tessera in corso di validità o accreditati, amici Fondazione Merz e ogni prima domenica del mese)

Info: +39 011 19719437
info@fondazionemerz.org
www.fondazionemerz.org

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