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Venezia | Palazzo Grassi | 15 aprile – 15 luglio 2012

di GABRIELE SALVATERRA

Spettacolare, sordido, ricercato, ammiccante, teatrale ed ermetico. Questi e molti altri gli aggettivi con cui si può descrivere il lavoro di Urs Fischer dopo l’esperienza intensa e contraddittoria di una visita alla sua personale allestita a Palazzo Grassi. Un percorso eterogeneo che tra trovate gratuite e colpi di scena coinvolgenti lascia emergere la costante vena ironica dell’artista.

Non più di un anno fa Fischer aveva illuminato, non solo letteralmente, la Biennale di Bice Curiger grazie a una candela a grandezza naturale con le fattezze dell’amico Rudolf Stingel in contemplazione del Ratto delle Sabine di Giambologna. La scultura, destinata a sciogliersi nel corso dei mesi, ragionava sulla temporalità dell’opera d’arte, proponendo un monumento transitorio dal sapore kitsch che strizza l’occhio apertamente al pubblico. Nell’incipit della mostra di Palazzo Grassi, Fischer deve invece fare i conti con lo sfoggio di edonismo scintillante del Baloon Dog di Jeff Koons dalla collezione Pinault, davanti al quale risponde con un cagnolino di pezza di irriverente goliardia: una ripugnante scultura cinetica congegnata con tecniche bricolage che sembra arrivare dalle bancarelle di una fiera.

A pochi passi lo svizzero continua sulla stessa direttrice portando il caos del proprio studio tra le mura della galleria ed elevando il luogo di concezione artistica a grande scultura spaziale. Con un’estetica di squallida accumulazione stile-Hirshhorn la corte di Palazzo Grassi viene invasa da un laboratorio confusionario più vicino alla sala prove di un gruppo underground che alle botteghe degli artisti di punta del contemporaneo. Anche così il nitore specchiante del cagnolino di Koons viene contaminato dalla decadenza polverosa di un processo creativo contorto.

Salendo al piano alto si incontrano opere pensili che, scambiando i punti di appoggio e la direzionalità dell’oggetto, sovvertono con efficacia l’idea di scultura stante. I calchi degli orifizi dell’artista, emblemi di un corpo mutilo ed eccentrico, vicini all’idea di frammento di Bruce Nauman, si alternano a dettagli fisiologici neo-surrealisti che emergono dalle pareti come in Robert Gober.
Tra sculture cinetiche, polvere, ruderi, peli, materiali poveri e oggetti trovati, lo svizzero sembra divertirsi a saccheggiare il repertorio dei colleghi piegandosi alle regole del gioco istituzionale senza in fondo crederci troppo. Questo scetticismo, unito a una vena macabra che accompagna in sottofondo tutta la mostra, porta lo spettatore sempre più all’esterno del museo come se il white cube, anche di fronte ai lavori più provocatori, fosse comunque luogo di contemplazione rassicurante, se non addirittura di statica celebrazione. Gli oggetti che affastellano le sale di Palazzo Grassi mentre sollecitano la nostra curiosità dichiarano anche la loro lontananza dalla vita, il loro carattere funebre e polveroso. Lo stesso Fischer seduto assieme all’immancabile Stingel in una nuova scultura-candela, si logora lentamente proprio nel momento contemplativo che forse porterà all’ideazione di una nuova trovata.

Così in Necrophonia, l’installazione salita agli onori della cronaca per la presenza di una modella al suo interno, questa distanza tra il flusso della vita e la stasi dell’arte diventa perfettamente percepibile. Entrando nella stereotipata ricostruzione di un atelier di scultura e ormai assuefatti allo sguardo unidirezionale tipico della visita museale, si rimane a disagio di fronte a un essere umano che risponde a questo sguardo portando con forza la vita nell’arte.

Una mostra che racconta di quanto sia bello giocare con l’arte anche se le opere più emozionanti ancorché problematiche – sembra dirci Fischer – sono fuori dal museo.

Madame Fisscher
a cura di Caroline Bourgeois

Palazzo Grassi
Campo San Samuele 3231, Venezia

15 aprile 2012 – 15 luglio 2012

Orari: tutti i giorni 10.00 – 19.00 | tranne il martedì | Chiusura delle biglietterie alle ore 18.00
Info: +39 041 523 1680
www.palazzograssi.it

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