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VENEZIA | 55. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia – Padiglione Canada | 1 giugno – 24 novembre 2013

Intervista a SHARY BOYLE di Ginevra Bria

Shary Boyle (1972, Canada) è conosciuta per le sue esplorazioni esasperanti di teatri narrativi effimeri. Un percorso svolto attraverso la restituzione di una voce, di un ruolo riconsegnato a figure alienate. Personaggi che redimono i loro diversi stadi di dolore, di sofferenza e di rabbia con una grazia deviante, in fondo ribelle.

Impiegando, all’interno della propria pratica compositiva, un alto livello di artigianato e di dettagli fatti a mano, l’approccio multidisciplinare della Boyle, solitamente, intercetta la storia di figure di porcellana intersecandole con mitologie animiste e tecniche arcane, per creare un universo simbolico unico in sé. Alimentata dai suoi interessi sulle ingiustizie di classe e sulle divisioni sessiste, l’artista oltrepassa i confini tradizionali dei pregiudizi attraverso il meticciamento di dimensioni umane ed animali, animate e inanimate; attraversando categorie quali la vita e la morte, la giovinezza e la vecchiaia, il lato femminile e quello maschile. L’artista include nel proprio lavoro la comprensione del tangibile e dell’intangibile, tra lo spazio inanimato del tempo e della necessità.
All’interno della sua versatile, eterogenea produzione di lavori, che si muovono tra gli ambiti della scultura, del disegno, della pittura, dell’installazione e della performance la Boyle trasferisce la sua personale visione della vulnerabilità umana attraverso la restituzione di una visione rappacificata della poetica umana.

Quando hai ricevuto l’invito a partecipare alla 55. Biennale di Venezia, quale è stata la tua reazione? Ritieni di aver raggiunto, a qualche settimana dall’inaugurazione, tutto quel era necessario compiere?
Shary Boyle
: Quando ho ricevuto l’invito ad esporre a Venezia, ho immediatamente compreso il livello di responsabilità e l’impegno che sarebbero stati necessari a rendere il mio contributo nobile, meritevole. Non è una decisione lieve quella di accettare un tale compito. Ho messo tutta me stessa in questo progetto, coinvolgendo le persone migliori che io abbia mai conosciuto per assistermi. Assieme, abbiamo raggiunto quasi esattamente quel che io originariamente mi ero prefigurata, vivendo una meravigliosa esperienza che ha dato vita a questo processo.

Potresti spiegare come il titolo, Music for Silence, si relazioni con la tua pratica artistica e con le installazioni site-specific che stai creando?
Ho collaborato con diversi musicisti nell’arco degli anni e ho profondamente considerato le funzioni sociali ed emotive, tanto della musica quanto dell’arte, sia in parallelo che separatamente. Ci sono state volte in cui, nel silenzio del mio studio, ho immaginato che l’arte che stavo creando fosse una sorta di composizione, nata con un’intenzione molto simile a quella di scrivere musica più che una pratica artistica tipica del Contemporaneo. In questo senso ho inteso concepire Music for Silence: per incanalare la potenza teatrale della musica dal vivo utilizzando il silenzio; linguaggio basato sull’immagine che io ho sviluppato all’intero del mio lavoro negli ultimi vent’anni. Sculture, pellicole e proiezioni video dunque parleranno senza alcuna richiesta di alcun sottotesto didattico.

In quale senso la tua decisione di presentare a Venezia esplorazioni fantastiche di immaginari narrativi, caratterizzanti un cast di personaggi marginali, riflette la tua opinione sul Contemporaneo canadese?
Invero non ho alcuna intenzione di rappresentare il Canada all’interno del mio lavoro. Anche se, appena leggo la tua domanda, subito, mi viene in mente casa.

Quale aspetto in particolare della cultura canadese contemporanea intendi collegare alle tue installazioni? Una volta, infatti, in una tua recente intervista hai nominato una sorta di “Toronto’s cultural inferiority complex”. Che cosa intendevi evincere?
Nessuna risposta.

Come hai intenzione, invece, di instaurare un dialogo tra il Padiglione e i suoi spazi ingannevoli, inteso sia in senso progettual-concettuale quanto in senso formale?
Mi sono immaginata molte volte l’aspetto architettonico del Padiglione di notte, per vederlo in tutto il suo profilo. Attraverso il mio lavoro ho abbracciato ed enfatizzato l’architettura eccentrica del Padiglione Canada alleggerendo le sue ossa, le sue strutture, e aprendo ogni suo potenziale per fondere sia l’interno che l’esterno degli spazi.

Che cosa ancora potresti rivelarci del progetto?
Music for Silence è un progetto che dà il benvenuto a ciò che rende logoranti e iper-stimolate le nostre vite, dall’inizio alla fine dei nostri giorni. Ci saranno panchine e aria condizionata dove ognuno potrà sedersi e sognare, riflettere, riposare. Tutto è stato fatto con le mie stesse mani e con l’aiuto dei miei amici, con grande amore.

Potresti condividere con noi un desiderio o un messaggio poetico per riassumere il tuo progetto?
Ai più profondi regni degli oceani, alle più lontane cime dei cieli e ai più lontani limiti dei nostri cuori. Speriamo di non raggiungerli mai.

Shary Boyle. Music for Silence
Commissario:
National Gallery of Canada
Curatore: Josée Drouin-Brisebois

1 giugno 2013 – 24 novembre 2013

55. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia
Padiglione Canada

Giardini della Biennale, Venezia

Info: www.gallery.ca/venice/

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