Non sei registrato? Registrati.
MILANO | GILDA CONTEMPORARY | 16 GIUGNO – 31 LUGLIO 2021

Intervista a LUCIANO CIVETTINI di Rebecca Delmenico

Un artista è un intellettuale che non ha paura di sporcarsi le mani”
(cit. Luciano Civettini)


Luciano Civettini
, artista noto per la poetica sognante ed evocativa, inaugura la propria personale Déjà vu, a cura di Cristina Gilda Artese e Alessandra Redaelli, presso gli spazi di Gilda Contemporary che accoglie un corpo di lavori a cui l’artista ha dedicato oltre un anno e mezzo di lavoro. Come spiega la gallerista Cristina Gilda Artese, «Il termine déjà vu rimanda anche all’idea di voler riprovare qualcosa che si è sognato di essere o di fare o si è vissuto in una dimensione altra da quella tangibile e concreta. Mi piace questo meccanismo perché ho immaginato che anche il pubblico potesse avere un déjà vu a livello sentimentale, viverlo come stato dell’essere e giocare sul fatto che a livello emotivo scaturisca un déjà vu dall’artista ma esso possa essere destato anche nello spettatore
La modalità espressiva di Civettini è il risultato che deriva dallo studio immersivo di alcune tematiche tradizionali della storia dell’arte rivisitate in una chiave originale e molto personale. Ho discusso e posto alcune domande a Luciano Civettini, che ci porta nel cuore pulsante della nuova serie di opere.

Luciano Civettini, Piccole solitudini insignificanti, 2021, olio e acrilico su tela , cm 100×120

Come è nata questa nuova serie a cui ti sei applicato per oltre un anno di lavoro?
Ho dedicato molto tempo allo studio e alla ricerca di alcuni pittori impressionisti a cui sono molto legato come Renoir, Degas, Monet e Morisot. Mi sono soffermato in particolare sulle biografie e sugli episodi della vita dei vari artisti e mi sono immedesimato nelle loro giornate, è stato un modo per entrare in intimità con loro e con loro ragionare sulla pittura. Su come questi artisti studiassero la luce, i rapporti di colore, il paesaggio, la natura.
In certi momenti è stato come se davvero mi ritrovassi a tavola con Renoir a guardare lo stesso vaso.

Luciano Civettini, LETTERE, 2021, acrilici e collage su libro resinato, cm 28×15

In questi lavori più che mai fai tue le vive suggestioni che delineano il tuo linguaggio che coniughi con diversi medium. Tecniche diverse: un’esigenza?
Assolutamente sì. La tecnica è funzionale a quello che vuoi raccontare. Ne è un esempio la serie Blur, che ho iniziato nel 2009, che ha come finalità di sradicare la leggibilità di un libro, che subisce una mutazione: la copertina si trasforma in superficie dove disegnare e dipingere, per poi sigillare il tutto con la resina. Ci sono idee che riesco a raccontare solamente chiudendo il libro e resinandolo. La resina ha un valore semantico, è lei che segna e racconta il pezzo. La tecnica è sempre sottomessa all’idea per quanto mi riguarda. L’incipit può essere un’intuizione, una frase, un profumo, un istante, il medium è il mezzo per rappresentare l’idea, per dare forma al sentimento. Inoltre non mi piace essere monotono, preferisco sperimentare e non esito a usare acquerelli, acrilici, collage e tecniche miste.

In mostra troviamo infatti i nuovi lavori della serie Blur, carte di piccola dimensione e tele che hanno per soggetto nature morte e paesaggi, temi a te cari, ma visti sotto una luce diversa. È cambiato il punto di vista con cui guardi ai grandi artisti che ti hanno influenzato? Anche le scelte cromatiche sembrano confermare questa direzione.
È esattamente così. Questi lavori per certi aspetti si discostano nettamente dalle mie prime serie, più pop e figurative. Ad esempio è forte l’influenza della pittura orientale, più metafisica e zen, per cui ho trasportato su delle tele quasi totalmente bianche delle campiture con piccoli tocchi di colore cercando di dare degli equilibri all’interno delle composizioni con delle macchie di colore che mi ricordano un vaso di fiori o un tavolo, appena accennato, con delle macchie nere appoggiate sulla superficie. Ma dietro quelle macchie nere c’è tutta una storia: sono le prugne che Monet ha regalato a Degas in cambio di un ritratto che aveva fatto a Monet e moglie. Ho dipinto vasi con qualche rosa su un tavolino in un vasetto che ho immaginato appartenesse a Berthe Morisot che mi invitava a casa sua e, entrando, la prima cosa che mi è balzata agli occhi è stato proprio quel vasetto.

Luciano Civettini, FLEURS, 2021, acrilici e collage su libro resinato, cm 30×15

Sembra davvero che tu abbia fatto un’immersione profonda e intima facendo tue alcune istanze dell’impressionismo per rielaborarle poi nel tuo personale linguaggio, che possiamo ammirare anche nei lavori che hanno per oggetto il paesaggio. Come ti sei rapportato con lo studio della luce? Hai una predilezione per un momento del giorno in cui tratteggiare i tuoi paesaggi?
Ho realizzato i paesaggi in una seconda fase parallela alle nature morte. Sono evidenti dei ghiribizzi bianchi che testimoniano il legame col Barocco di Fragonard, che ha influenzato moltissimo Renoir ed altri impressionisti sia nel paesaggio che nelle nature morte. Io ho apportato la mia cifra personale, non nel citare spudoratamente il Barocco o Fragonard ma realizzando delle finte macchie a pennello che richiamano ghiribizzi rococò decorativi che mi conducono a un paesaggio che è quello della pittura del Settecento. I toni sono più serali, ho guardato alla tavolozza che usava Coubert a un certo momento della giornata e che mi rappresentasse quell’attimo in cui c’è ancora un po’ di luce ma capisci che, di lì a poco, scomparirà e arriverà la notte.

Luciano Civettini, LA SUA ANIMA VIBRAVA, 2020,
acrilici e collage su libro resinato, cm 24×14

Il filo conduttore che scorre tra tutte le opere che hai realizzato, comprese quest’ultima serie, a livello emozionale resta sempre la malinconia, vuoi parlarci di questo sentimento che riesci così bene a trasfondere nelle opere?
La malinconia è sempre presente ma non è uno stato d’animo struggente, è piuttosto una dolce malinconia che sprigiona da un ricordo, dalla memoria, dalla sensazione di mancanza che accompagna l’essere umano nel suo sentirsi incompleto. Il nocciolo del mio lavoro è proprio questa emotività restituita con freschezza grazie ad alcuni accorgimenti, come inserire punti di colore o sovrapporre in orizzontale carte da parati creando un collage. Ho fantasticato su questi artisti che, seduti in giardino, si scrivevano delle lettere per scambiarsi idee, aneddoti, o magari per organizzare una mostra. Nell’idea di lettera, riportata in alcune opere, è racchiusa la dolce malinconia che sprigiona dall’attesa della risposta.

Quanto è importante la parola nella definizione della tua opera? Spesso compaiono frasi o parole come “La sua anima vibrava”, “Renoir”, “Blumentanz” o “I love Fragonard”. Che significato dai a questi elementi?
In alcune opere ho inserito frasi, parole, titoli. È un meccanismo di cui faccio uso: il titolo spesso e volentieri mi fa attivare la percezione di ciò che voglio raccontare, il titolo stimola l’impulso a capire l’opera. Lascio la parola libera di fluire, con una calligrafia quasi infantile. Inoltre la parola riequilibra l’opera, basta una parola dove percepisco un vuoto ed ecco che l’opera trova il suo equilibrio. Ma lascio sempre un tocco di “non finito” che dona spontaneità alla composizione.

Luciano Civettini, I LOVE FRAGONARD, 2021, acrilici su cartone telato, cm 80×60

Luciano Civettini. Déjà vu
a cura di Cristina Gilda Artese e Alessandra Redaelli

17 giugno – 31 luglio 2021
Opening mercoledì 16 giugno (con 3 turni di accesso: ore 18-19-20)
Con prenotazione obbligatoria e conferma da parte della galleria

Gilda Contemporary Art
via San Maurilio 14, Milano

Info:
info@gildacontemporaryart.it
press@gildacontemporaryart.it
https://gildacontemporaryart.it/ 

Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •