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Un’iniziativa intelligente come in Italia se ne vedono poche, sana, sincera e utile al di là dell’estetica per sondare la geografica dell’arte delle micro realtà europee, attraverso l’opera di 20 artisti selezionati sul campo e per conoscenza diretta di progetti e poetiche. Nato da un’idea-progetto di due artisti del piccolo Stato d’Italia, San Marino, little constellation, sorge per mettere in relazione, accostandole, le diverse esperienze provenienti dalle microaree geoculturali e i piccoli stati d’Europa che, nella maggior parte dei casi, sono afflitti da difficoltà anche peggiori di quelli tipici delle periferie. Nelle intenzioni si tratta di un evento destinato a spostarsi da una sede all’altra: quella milanese, si auspica essere solo la prima di una lunghissima serie di tappe che porteranno il pubblico ad una maggiore consapevolezza, superando il mero confine del bello e dell’interessante fini a se stessi, ormai pressoché privi di significato nella società contemporanea. L’affascinante Sala delle Colonne della Fabbrica del Vapore, vedrà un alternarsi di immagini e suoni capaci di ridefinire i confini individuali concorrendo a genere nuove geografie; Careof ospiterà interventi differenti che vanno dalla performance all’installazione, desideroso di creare un rapporto col pubblico; DOCVA, infine, renderà consultabile l’archivio video documentaristico inedito realizzato dagli ideatori Rita Canarezza & Pier Paolo Coro durante i loro viaggi nei 13 microstati. Abbiamo intervistato il curatore, Roberto Daolio, interrogandolo sugli aspetti principali dell’iniziativa…

Viviana Siviero: Roberto Daolio, critico d’arte, è il curatore e il supervisore del progetto little constellation, definito come «il primo appuntamento dedicato ad una visione dell’arte contemporanea nelle micro aree geoculturali e piccoli stati d’Europa». In che cosa si concretizzerà fattivamente questa definizione?
Roberto Daolio: In primo luogo, si tratta di un progetto ideato da due artisti, Rita Canarezza e Pier Paolo Coro, che possiamo dire trovi un epilogo che preferiamo pensare come tappa in itinere, in una mostra a Milano. Questo dà la possibilità di rilevare una delle possibili essenze di little constellation, che nel catalogo ho definitio “little big constellation”, micro aree che costituiscono una sorta di rilevamento vero e proprio fra gli artisti di piccoli paesi e stati ma anche di enclavi…
Da questo punto di vista, la concretizzazione è costituita, date le circostanze, da una mostra che attua con analoghi lavori, una situazione rappresentativa. Molti sono video, ma è fortemente rappresentato anche l’aspetto performativo, interessante e curioso.  Sigtryggur Berg Sigmarsson e Ingibjorg Magnadottir, ad esempio, sono due performers islandesi, capaci, attraverso il loro lavoro, di sfondare, seppure in modo differente, uno stereotipo legato al loro paese di appartenenza. L’uno più introspettivo, l’altro più articolato in dimensione teatrale della performance, ma entrambi riescono a sostenere non tanto il problema dell’identità, che può valere per tutti, ma una definizione di identità, che si potrebbe spostare nei confronti del sentire assieme, dell’empatia, aspetto che risulta anche da molti altri lavori. Lo stesso viene affrontato in maniera raffinata e intimista dallo svizzero Pierre Portelli, che è rimasto nella dimensione empatica così come Albani e Mussoni, entrambi sanmarinesi, che si mettono in discussione attraverso problematiche personali: la Mussoni ha messo in gioco le sue reali problematiche motorie, dimostrando la capacità di superare i propri limiti, salendo su una mongolfiera. Il discorso di carattere geopolitico, così, può essere tradotto decisamente in maniera più diretta e comprensibile.

Milano è la prima tappa, moltissimi i paesi coinvolti, così come ci ha anticipato: Andorra, Cipro, Islanda, Liechtenstein, Lussemburgo, Malta, Monaco, Montenegro, San Marino, ma anche Canton Ticino, Ceuta, Gibilterra e Kalinigrad, per una “corte” costituita da 20 artisti, provenienti dai paesi sopracitati, impegnati in un confronto che si presenta molto interessante. Un’iniziativa viva ed importante che potrebbe portare frutti inattesi; che cosa vi aspettate in termini di genere risultati?
Il progetto, in termini di genere, è stato definito come la molteplicità dei linguaggi, aspetti e ricerche, assodate in questi anni non solo più circoscritte nell’area linguistica, ma più complesse, con motivazioni che trovano delle affinità scoperte durante il percorso di conoscenza iniziato da Canarezza & Coro, nel corso degli ultimi cinque anni. Da questo punto di vista possono emergere non solo le variazioni linguistiche, che non sono solo identitarie, ma sono quelle che portano non tanto all’emergere dei confini, ma alla sospensione degli stessi, per ritornare a pensare in termini che non siano semplicemente legati all’aspetto storico geografico. Il progetto è orientato in una direzione analitica, perché la ricognizione è stata fatta prima in termini etnografici ed etnologici, giungendo ad un risultato che rappresenta un’estrema varietà in unitarietà di intenti, che sottolinea le differenze personali nella direzione dell’integrazione.

L’origine del progetto nasce da un’idea di Rita Canarezza e Pier Paolo Coro, per la creazione di un network internazionale: di cosa è sintomatica, secondo lei, questa esigenza, che proviene proprio dalla necessità di due artisti?
Non è un caso che questa esigenza nasca da due artisti che appartengono al cosiddetto piccolo Stato, San Marino. Noi abbiamo un enorme stereotipo relativamente a San Marino, ma ogni stereotipo porta con sé una parte di verità legata ai microcircuiti, in cui non viene affrontato il sapere dell’arte in maniera autentica. Così si possono creare dei conflitti: molti piccoli stati hanno dei musei, centri attivi per l’arte contemporanea, che spesso però non sono dirottati nei confronti dell’arte intesa come sapere. Come accade in situazioni più allargate, essi divengono celebrativi del passato o di una rappresentazione dell’arte in termini più internazionali e meno aderenti agli stimoli interpretativi della realtà che viviamo. Gli artisti – non utilizzo il termine giovani, perché quelli coinvolti in little constellation sono di diverse generazioni – possono essere accomunati nel senso della sensibilità, di un agire, di un creare e di un sentire…

Come sono stati selezionati gli artisti e come crede evolverà il progetto in futuro?

Il gruppo di artisti è stato selezionato a partire da un contatto diretto degli artisti Canarezza & Coro. Il materiale raccolto mi è stato comunicato e insieme ne abbiamo ricavato profili individuati durante viaggi, da cui sono stati riportati materiali ed esiti di incontri.
Canarezza & Coro hanno basato il progetto su questa metodologia di rilevamento sul campo. Ciò che se ne deduce è un aspetto antropologico nato per capire come si cada in queste realtà particolari. La selezione con partecipazione è una cosa curiosa ed interessante, che contrasta e rappresenta una novità rispetto a quella a freddo, basata sulla scelta asettica di lavori. Quella utilizzata per il nostro progetto, invece, si basa su conoscenza, empatia e volontà, che porta appunto a quel “sentire assieme” di cui parlavo prima, che trasforma il progetto ma in modo che questa “piccola costellazione” costituita da una rete di artisti possa essere collegata e quindi disegnata. Ne sono nate figure simboliche che definiscono le costellazioni: la figura simbolica è stata creata collegando gli artisti, che hanno però mantenuto le loro differenziazioni e la loro autonomia.

Il progetto in breve:
little constellation
cura di Roberto Daolio
assistente curatore
 Alessandro Castiglioni
ideatori e curatori del progetto di ricerca
 Rita Canarezza & Pier Paolo Coro
Fabbrica del Vapore
Via Procaccini 4, Milano
Spazio espositivo: Sala delle Colonne
Video documentari: DOCVA
Performance: Careof
Info: +39 0331 777472
Fino all’8 aprile 2010
www.littleconstellation.org
Artisti in mostra: Danil Akimov & sound art lab, Albani & Mussoni, Sigtryggur Berg Sigmarsson, Barbara Bühler, Canarezza & Coro, Nina Danino, Oppy De Bernardo, Sandrine Flury, Barbara Geyer, Irena Lagator, Ingibjorg Magnadottir, Mark Mangion, Christodoulos Panayiotou, Paradise Consumer Group, Pierre Portelli, Quino & Juanjo Oliva, Matteo Terzaghi & Marco Zurcher, Axsinja Uranova, Martin Walch, Trixi Weis.

In alto da sinistra:
Axsinja Uranova, Ruins of memory, video 2007. Courtesy of the artist
Martin Walch, Voyeur, 2009, plastic foils, inflated object, cm 450x230x230

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