VENEZIA (Giudecca) | Casa di Reclusione Femminile | Fino al 24 novembre 2024
di FRANCESCO LIGGIERI
C’è un carcere nel cuore della Giudecca, un luogo che molti non osano immaginare quando pensano all’arte. Eppure, proprio qui, nella Casa di Reclusione Femminile, la Santa Sede decide di lasciare il suo segno, in un atto dirompente che sfida le convenzioni. È il 2024, la 60. edizione della Biennale d’Arte di Venezia, e il Padiglione della Santa Sede diventa il palcoscenico di un incontro inedito, tra l’arte e chi vive recluso, tra la libertà espressiva e i confini tangibili. Il titolo della mostra è un invito: Con i miei occhi. Ma di chi sono questi occhi? Gli occhi degli artisti? Quelli delle detenute? O forse i nostri, di visitatori incerti, (quasi) voyeurs, sospesi tra giudizio e curiosità?
Papa Francesco sarà il primo pontefice della storia a visitare la Biennale, e lo farà il 28 aprile scorso, all’interno di questo padiglione singolare, un manifesto umano e artistico. Curato da Chiara Parisi e Bruno Racine, Con i miei occhi non è una semplice esposizione, ma un progetto vitale, un intreccio di voci che include nomi come Maurizio Cattelan, Bintou Dembélé, Simone Fattal, Claire Tabouret, Zoe Saldana, Marco Perego, Corita Kent, Sonia Gomes e Claire Fontaine. Ogni artista qui si confronta con la realtà carceraria, mettendo a nudo le proprie sensibilità e creando uno spazio che sfugge alla retorica e invita alla riflessione.
Entrare in questo Padiglione significa prima di tutto lasciarsi alle spalle i propri pregiudizi, o almeno tentare di farlo. Le visite, su prenotazione, sono condotte dalle detenute stesse, conferenziere per un giorno, portatrici di una narrazione che erode i confini tra osservatore e osservato.
In questo gioco di specchi, chi guarda chi? E come cambia la nostra percezione quando non possiamo più nasconderci dietro lo schermo di uno smartphone, perché qui, all’interno del Padiglione, i dispositivi digitali non sono ammessi? Un piccolo, ma potente gesto di resistenza alla frenesia contemporanea, un modo per dirci: guarda, davvero, senza filtri.
Il Cardinale José Tolentino de Mendonça, commissario del Padiglione, lo ha detto chiaramente: “Sapremo ancora cos’è vedere con i nostri occhi?” In un mondo sempre più mediato dagli schermi, in cui la visione è spesso distorta e frammentata, il Padiglione della Santa Sede ci invita a riappropriarci del nostro sguardo. Ma non si tratta di un semplice esercizio visivo. Qui, il vedere diventa toccare, abbracciare, immergersi nelle storie di donne che, pur private della libertà fisica, trovano nell’arte un varco verso una nuova forma di espressione.
Ma veniamo alle opere esposte che riflettono questa tensione tra cattività e libertà, tra il limite fisico e l’infinita possibilità dell’immaginazione. Prendiamo ad esempio i ritratti di Claire Tabouret: bambine, giovani donne, le detenute sono immortalate in una serie di opere che restituiscono loro una dignità che spesso viene loro negata. O le placche di lava smaltata di Simone Fattal, su cui si intrecciano poesie e narrazioni scritte dalle detenute. Parole incise su una superficie dura, quasi immutabile, ma che, paradossalmente, diventano veicolo di un dialogo intimo, delicato, capace di scalfire il silenzio delle mura carcerarie.
Corita Kent, figura iconica della Pop Art e suora attivista, porta nel Padiglione un messaggio artistico intriso di missione sociale.
Le sue opere, esposte nello spazio della Caffetteria, fondono arte e attivismo, dando vita a un linguaggio visivo che unisce estetica e spiritualità in un racconto collettivo.
C’è poi la coreografia di Bintou Dembélé, una danza che non è solo movimento, ma resistenza, celebrazione della forza femminile in un luogo che di forza ne richiede tanta, ogni giorno. E le sculture sospese di Sonia Gomes, che fluttuano tra i confessionali della cappella, creando un ponte tra passato e presente, tra la spiritualità e la cruda realtà del carcere.
Claire Fontaine, con la sua installazione Siamo con voi nella notte, ci invita a riflettere sulla libertà e sui confini simbolici che spesso ci imprigionano, siano essi fisici o mentali. Nel cortile centrale del carcere, l’opera dialoga con White Sight, un’altra installazione luminosa che lavora sui temi della consapevolezza e della liberazione dai pregiudizi.
Alla fine del viaggio, il contributo cinematografico di Marco Perego e Zoe Saldana, che presentano un cortometraggio girato all’interno della Casa di Reclusione Femminile della Giudecca. Il film è un viaggio introspettivo sul significato della libertà, interpretato dalle detenute stesse. Non è solo un’opera visiva, ma un’esperienza umana unica che unisce il linguaggio cinematografico con la realtà vissuta.
Se vi aspettate un padiglione semplice, facile etc, siete nel posto sbagliato.
Non è un Padiglione facile da affrontare, questo della Santa Sede. È un luogo che provoca, che interroga. Come si può parlare di bellezza in un carcere?
Anche se, come dice Chiara Parisi, Con i miei occhi è anche una storia di speranza, di desiderio, di un futuro che si intreccia con il presente, di libertà che persiste, nonostante tutto. La bellezza qui non è un lusso, è una necessità. È quella scintilla che permette a queste donne di guardare oltre le sbarre, di immaginare un altrove, anche solo per un momento. Maurizio Cattelan, con la sua opera monumentale sulla facciata della Cappella, è forse l’emblema di questa tensione. Il suo contributo non si ferma alla provocazione visiva, ma diventa parte di una conversazione più ampia, una che coinvolge le detenute stesse, trasformandole in protagoniste attive di un processo che le vede non solo come spettatrici, ma come artefici del proprio racconto.
E così, uscendo a riveder le stelle, mi ritrovo (forse) con più domande di quante ne avevo all’ingresso.
Ma questo è il suo scopo. Non si tratta di fornire risposte, di placare la nostra sete di sapere.
Si tratta di guardare, davvero, e di vedere non solo con gli occhi, ma con il cuore, con la mente, con tutta la nostra umanità. In un mondo che spesso ci costringe a distogliere lo sguardo, il Padiglione della Santa Sede ci chiede di fare esattamente l’opposto: di vedere, e di non dimenticare.
Padiglione della Santa Sede. 60. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia
Con i miei occhi
Commissario: Cardinale José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede
Curatori: Chiara Parisi, Bruno Racine
Artisti: Maurizio Cattelan, Bintou Dembélé, Simone Fattal, Claire Fontaine, Sonia Gomes, Corita Kent, Marco Perego & Zoe Saldana, Claire Tabouret
Fino al 24 novembre 2024
Casa di reclusione femminile
Venezia Giudecca – S. Eufemia, 712
Prenota la visita
+39 06 39967444 (ogni giorno ore 9-15 fino al 24 novembre 2024)