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BRESCIA | Museo di Santa Giulia | 13 novembre 2021 – 13 febbraio 2022

di ALICE VANGELISTI

Migliaia di matite affilate. Dei bambini fatti di latte in polvere. Una sequenza di orologi impressi sulla carta con il sangue. Questi sono solo alcuni appunti visivi degli intensi lavori esposti in una mostra che tocca il cuore ma soprattutto la mente, rendendoci consapevoli di verità nascoste e libertà negate. Perché è questo il senso che descrive al meglio La Cina (non) è vicina. BADIUCAO – opere di un artista dissidente, la personale di Badiucao (Cina, 1986), artista dissidente cinese, che occupa letteralmente le sale espositive del Museo di Santa Giulia di Brescia con opere dal forte intento di denuncia politica e sociale.

Badiucao, HK Cartoon, National Security Threat 1, 2019, stampa digitale, 47×100 cm Credits © Badiucao

Una mostra sicuramente complessa e impegnativa per i temi trattati ma anche per le stratificazioni di significati e riflessioni che le opere, apparentemente semplici, sono in grado di sprigionare. Una mostra che va assaporata con calma, per coglierne a fondo il messaggio e per lasciare il tempo alla nostra mente di elaborare quanto ci stiamo trovando davanti agli occhi. Perché i lavori di Badiucao attirano la nostra attenzione, smuovendo riflessioni e sentimenti che non lasciano – e non devono assolutamente lasciare – indifferenti. Quello che l’artista cinese mette in mostra, infatti, è un coraggioso atto di forza, che pochi altri sono stati in grado di portare avanti, e, proprio per questo, è stato costretto a una vita in esilio in Australia. Ma da lì, la forza delle sue immagini sta smuovendo l’opinione pubblica in un gesto artistico di attacco aperto e di denuncia concreta a un potere autoritario e contrario a ogni libera espressione.
La potenza di tutto ciò colpisce fin da subito e viene sottolineata maggiormente da China’s Artful Dissident, l’intenso documentario presente in mostra, diretto da Danny Ben Moshe, che ricostruisce il viaggio attorno al mondo di Badiucao per intervistare concittadini esiliati e testimoni di violazioni dei diritti umani e che contestualizza maggiormente la storia di un artista che non si è arreso, ma sta continuando a lottare per la libertà di espressione. Un’espressione, la sua, che non è mai scontata, nonostante la semplicità di rappresentazione: e proprio qui sta la sua vera forza. Ognuno, vedendo quelle immagini, può coglierne i richiami diretti e intendere l’intenso messaggio che Badiucao vuole trasmettere. E l’immediatezza di tali immagini è studiata anche in relazione al principale mezzo di diffusione: i social network – e in particolare Twitter – sono stati il canale attraverso il quale l’artista è riuscito a raggiungere una portata sempre più ampia di pubblico, sfruttando proprio quelle piattaforme di apparente informazione alle quali ci aggrappiamo ormai sempre di più.

La Cina (non) è vicina. BADIUCAO – opere di un artista dissidente, veduta della mostra, Museo di Santa Giulia Brescia Photo credits Fondazione Brescia Musei

Ma al posto di condividere immagini “vuote”, Badiucao, senza paura, ha deciso di caricarle di tutta una serie di messaggi veri e autentici contro il proprio Paese e contro il potere autoritario e assoluto, per denunciarne così le repressioni, le informazioni distorte e le violazioni dei diritti.
Grazie a questa operazione, la sua arte ha raggiunto la fama, ma allo stesso tempo è stata per lui un’arma a doppio taglio: da un lato la sua aperta denuncia puntata verso le ingiustizie, dall’altra la minaccia alla propria libertà. Nonostante ciò, l’artista non si è fermato e la mostra di Brescia ne è un ulteriore esempio, sintomo anche della scelta coraggiosa di un museo e di un’amministrazione illuminati che insieme a lui hanno lottato per dare voce alla sua arte, facendogli varcare per la prima volta le soglie di un’istituzione pubblica italiana. Così, nonostante l’ennesimo tentativo di censura da parte del governo cinese, la mostra si è aperta, raccontando la storia di un artista, del suo impegno politico-sociale e della sua denuncia per renderci partecipi di un dramma reale ma di cui sempre più spesso se ne ignora l’esistenza, anche per via della censura, del controllo della comunicazione e della violazione delle libertà che per noi appaiono scontate, ma che sono invece in molte occasioni negate. Proprio per questo non potevano mancare in mostra anche alcune delle opere più recenti dell’artista che sono nate in risposta alla crisi sanitaria innescata dalla pandemia di Covid-19 e su cui aleggiava un’aura di disinformazione totale.

La Cina (non) è vicina. BADIUCAO – opere di un artista dissidente, veduta della mostra, Museo di Santa Giulia Brescia Photo credits Fondazione Brescia Musei

Proprio qui sta il cuore della sua arte: sfidare la censura, sfidare l’informazione distorta, sfidare l’autorità politica. Vocazione, la sua, iniziata nel 2007, quando ancora studente di Legge all’Università di Shanghai vede il documentario The Gate of Heavenly Peace, un girato clandestino diretto da Carma Hinton e Richard Gordon sulle proteste di Piazza Tienanmen. Questa è la vera svolta: decide fermamente di esprimersi in prima linea contro ogni forma di controllo ideologico e morale esercitato dal potere politico, a favore della trasmissione di una memoria storica non plagiata, richiamando all’iconografia propria della propaganda cinese ma rivelando, allo stesso tempo, un’ironia tagliente espressa attraverso forme, colori e toni marcatamente pop.
Così nelle cinque sezioni in cui si articola la mostra si ripercorre la sua arte attraverso una sorta di mappa dei nuclei fondamentali della sua ricerca, legati in particolare ad alcuni Paesi dell’Oriente, che destano agli occhi dell’Occidente un fascino magnetico e senza tempo, ma che celano dietro questo richiamo dell’esotico verità scomode e libertà negate.
E fin da subito è ben chiara la provocazione ironica, critica e dissacrante tipica della sua arte: infatti, ci accoglie Carrie Lam (2018), un grande ritratto ibrido e rivelatore, in cui l’artista, sovrapponendo il viso del Presidente cinese Xi Jinping a quello di Carrie Lam, governatrice di Hong Kong, ne esprime il legame politico e sottolinea allo stesso tempo il declino dei diritti nell’ex colonia britannica.

Badiucao, This Is Why They Buy Our Baby Formula, 2018, latte in polvere, fogli di plastica, 200×800 cm Credits © Badiucao

Accediamo così, accolti inizialmente dal soffocante, ma significativo, colore rosso alle pareti delle prime sale, alla prima sezione, “Cina”, in cui si racconta il suo legame complesso con la madrepatria, in particolare attraverso l’esposizione delle maschere con cui inizialmente Badiucao celava la propria identità – fino a quando decise di mostrare il suo volto in reazione alle continue minacce e intimidazioni da parte del governo cinese. Rapporto tormentato ben espresso anche da Dreams (2016), un letto di 4.000 matite affilate da Badiucao stesso, che incarna appieno il sonno agitato dell’artista-attivista perennemente in esilio e in aperto contrasto con il suo Paese. Oppure ancora da This is why they buy our baby formula (2018), lugubre installazione in cui i corpi di otto bambini sono ricreati attraverso mucchi di latte in polvere e distesi su dei sacchi della spazzatura a denunciare una crisi sulla sicurezza della salute dei neonati per via di un alimento che al posto di nutrirli, li avvelena, portandoli alla morte. In questa sezione si trova inoltre anche un collegamento con la scintilla che ha innescato la sua arte: Watch (2021) richiama alle proteste di piazza Tienanmen, mettendo in scena una serie di macabre impronte fatte con il sangue dell’artista a partire da un orologio di quelli donati dal governo cinese ai soldati che parteciparono al massacro. Un richiamo, infine, alla storia contemporanea si trova in Diario di Wuhan (2020), una toccante raccolta di libere testimonianze da Wuhan, riunite dall’artista e trasmesse su internet nella prima fase della pandemia, condividendo i sentimenti e le parole di chi per primo ha vissuto la paura dell’isolamento forzato ma che era costretto a tacere; in Covid portrait for Dr Li (2020), una serie di ritratti dedicati alle prime vittime cinesi, tra le quali il dottor Li Wenliang che aveva denunciato la presenza del virus; e terminando con Medical prints (2020), una serie di cartelli plastificati che provocatoriamente e ironicamente richiamano la grafica informativa relativa al Covid mettendo invece in mostra l’operazione di censura attuata in Cina.

Badiucao, Muji, 2019, stampa su poliacetato retroilluminato, 63×100 cm
Credits © Badiucao

Passando nella galleria degli stendardi appartenenti alla serie Who is Liu Xia (2018), in cui Badiucao rielabora in alcuni famosi ritratti della storia dell’arte la figura della moglie del Premio Nobel per la Pace Liu Xiaobao, attivista e scrittore cinese impegnato nella difesa dei diritti umani nel suo paese e imprigionato a causa delle sue idee, si accede alla sezione “Hong Kong”, la quale ripercorre invece la storia dell’ex colonia britannica e le proteste accesasi nel 2019 contro la linea politica governativa, a cui anche Badiucao ha partecipato attivamente attraverso la sua arte. Qui sono esposte opere come Lennon Flag (2021), composta da 96 quadrati colorati che evocano i post-it appesi dai cittadini di Hong Kong sui muri della città con messaggi di dissenso, oppure l’installazione Molotov Soy Sauce (2021), che riprende le pratiche dei dimostranti con bottiglie di salsa di soia al posto delle molotov.
Resta anche una testimonianza di Gongle, la sua mostra personale cancellata nel 2018 a Hong Kong sotto le pressioni del governo cinese, attraverso alcuni dei neon colorati e sempre provocatori che dovevano essere esposti in quell’occasione e che qui illuminano, invece, la sezione successiva “Uiguria”, la quale ospita i manifesti dell’omonima serie realizzati da Badiucao per denunciare la situazione di sfruttamento culturale dell’etnia uigura dello Xinjiang. In particolare, tra questi si trova Muji (2019), una stampa che richiama alla decisione da parte di alcuni marchi internazionali di sospendere l’utilizzo del cotone di questa regione in quanto frutto dello sfruttamento degli Uiguri e violazione quindi dei diritti universali e inalienabili dell’essere umano.

La Cina (non) è vicina. BADIUCAO – opere di un artista dissidente, veduta della mostra, Museo di Santa Giulia Brescia Photo credits Fondazione Brescia Musei

Una lotta questa anche a livello commerciale che sfocia invece in contrasti sociali e politici all’interno della sezione “Myanmar”, la quale si concentra sulla repressione del dissenso durante il colpo di stato nel 2021 e il conseguente instaurarsi del regime dittatoriale nel Sudest asiatico attraverso opere come la serie di poster Milk Tea Alliance (2021), animati dalla classica grafica pop e provocatoria che contraddistingue tutta la sua ricerca.
Infine, chiude la mostra la sezione “Mao Nostalgia”, in cui l’artista ironizza sulla manipolazione e strumentalizzazione del mito attorno alla figura di Mao, con illustrazioni dal tratto marcatamente sarcastico e pungente su un personaggio chiave della storia cinese.
La sua è così un’arte sicuramente scomoda, soprattutto per il governo cinese, per la sua propensione a raccontare quello che gli altri non dicono, verità nascoste perché ingombranti che trovano spazio però nei suoi lavori e diventano espressività a servizio di una battaglia civile che non può – e non deve – passare inosservata.

La Cina (non) è vicina. BADIUCAO – opere di un artista dissidente
a cura di Elettra Stamboulis

13 novembre 2021 – 13 febbraio 2022

Museo di Santa Giulia
Via Musei 81, Brescia

Orari: da martedì a domenica 10.00-18.0

Info: santagiulia@bresciamusei.com
www.bresciamusei.com

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