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#laprimavolta

Fermarsi alle impressioni provate/provocate dalla prima visione di un’opera d’arte. Accogliere il primo istinto e tentare di trascriverlo soffocando la necessità di addobbarlo con troppe parole.
Pacare le interpretazioni più complesse, che si potrebbero generare interrogando ripetutamente l’immagine e l’autore della stessa, a favore di una lettura rapida basata sulla personale pulsione nei confronti della specifica visione.
Qui, veloce non è sinonimo di superficiale ma di «prossimo all’impulso»: accorciando i tempi di riflessione, studio e confronto, si emancipa la spontaneità.

Questa è La Prima Volta di Giorgia Bergantin che chiede ad artist* da lei scelti di inviarle una foto di una propria opera inedita (non ancora esposta o pubblicata su cataloghi, articoli, social…) e che si consegna anche a noi, alla nostra visione, per la prima volta, attraverso i canali web e social di Espoarte, per due sabati al mese.


di GIORGIA BERGANTIN

In paese è arrivata una nuova compagnia di attori. Dei grandi cartelloni colorati hanno ricoperto le mura di tutti i palazzi: annunciano uno spettacolo nel piccolo teatro in centro.

Le luci sono soffuse, il sipario ancora chiuso. È di un bianco accecante, che quasi illumina la platea. Finalmente si inizia ad intravedere il palco: è una macchia nera e profonda, vuota e silenziosa. Nessun rumore a rassicurarmi, che impaziente cerco con lo sguardo e con l’orecchio una qualsiasi presenza umana. Poco a poco fasci di luce bianca tagliano in diagonale lo spazio; questi squarci illuminano delle sagome di volti. Tiro un sospiro di sollievo, breve. La mia tranquillità non dura per molto: appare una massa affollata di attori, ma sono immobili e sembrano soffocare sospesi lungo una parete verticale. Iniziano a sentirsi dei sussulti, dei sibili, dei ronzii: provengono dalle bocche degli anonimi manichini. Osservare questo spettacolo è terrificante: vengo inglobata nell’oscurità, sola, anche se accompagnata da continue voci incomprensibili. Nulla è familiare.

Un silenzio tombale abbraccia tutto il teatro,

Una luce tenue copre tutto il palcoscenico.

Il pozzo nero scompare e un fitto drappo di rami e foglie scende velocemente dall’alto. Spuntano qua e là nuove facce di uomini e donne, che lentamente esplorano questo luogo respirando aria pulita. Ora tutto è familiare.


Elisa Bertaglia (1983), laureata in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Venezia nel 2009. Le sue tele raccontano delle storie, a volte leggere, abitate da accoglienti bambini primordiali, altre più cupe, desertiche e solitarie. Di recente ha preso parte al progetto Art Site, chiudendo a gennaio una mostra personale a Palazzo Madama e una collettiva alla Palazzina di Caccia di Stupinigi a Torino. A breve la si vedrà co-protagonista insieme ad altri dieci artisti contemporanei nella mostra Ligabue, la figura ritrovata al Museo Antonio Ligabue, Palazzo Bentivoglio a Gualtieri (RE), a cura di Matteo Galbiati e Nadia Stefanel.
https://elisabertaglia.com/

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