MONACO | Nouveau Musée National de Monaco – Villa Sauber | 18 settembre 2020 – 31 gennaio 2021
Intervista a CRISTIANO RAIMONDI di Irene Biolchini
Il Nouveau Musée National di Monaco presenta Artifices instables. Storie di ceramiche, una mostra costruita per similarità che affronta la storia della ceramica con accostamenti inediti ed occhi nuovi. In questa intervista, il curatore Cristiano Raimondi ci racconta come è nata l’idea della mostra, la scelta degli artisti e le collaborazioni per l’allestimento.
La mostra affonda le radici in una storia ed una tradizione ben definite rispetto alle quali hai però costruito un percorso per “affinità”. Posso chiederti quale è stato il criterio che ha guidato queste affinità mentre costruivi la mostra?
Mi ha sempre affascinato il XX secolo con le sue rivoluzioni industriali ed estetiche. Mi interessano da sempre questi momenti nella storia che sono “interstiziali”, che determinano un nuovo stile. Rivoluzioni culturali che nascono da sperimentazioni, studi del passato ma con i piedi ben ancorati al presente. Per me è interessante quel frangente in cui due momenti in tensione coesistono e poi arriva l’industria che rivoluziona anche l’estetica. Per fare un esempio in mostra: La fabrique de Poteries Artistiques de Monte-Carlo (fabbrica di ceramiche artistiche di Monte Carlo) nasce con una cottura a legna. Quando dal forno a legna si passa al forno a gas si assiste a nuove tecniche, oltre che ad una nuova estetica. La modernità è interna a coloro che hanno capito come poter usare l’industria. Forse oggi chi usa la realtà virtuale e la tecnologia sta facendo la stessa cosa. Una sezione di mostra possibile, ad esempio, poteva essere dedicata a coloro che lavorano con la stampante 3D: penso che sia lo stesso cambio di passo di ciò che fu allora il forno a gas (nel passaggio alla modernità).
Presenti un arco cronologico molto esteso, ritornando ad un momento cruciale per la storia del materiale ceramico: le arts and crafts. Cosa di quella ricerca “eroica” e antimoderna hai cercato di mantenere nel tuo percorso?
Ho pensato che una mostra su artisti e ceramisti dovesse avere un preludio storico: un confronto tra le esperienze della Poteries Artistiques de Monte-Carlo e quelle di George Ohr, un visionario che sperimentava continuamente con tecniche e materiali. La cosa per me estremamente interessante è che queste due esperienze abbiano convissuto, seppur fossero agli antipodi. Ohr era incredibilmente in anticipo rispetto al suo tempo, lui stesso ha fatto di tutto per rendere impossibile la diffusione dei suoi vasi, che vendeva solo a gruppi di cinquanta e dichiarando spesso: «i miei vasi saranno capiti solo nel XX e XXI secolo». Di contro con le Poteries Artistiques de Monte-Carlo ci troviamo davanti ad un esperimento quasi fuori tempo massimo, il nuovo dell’Arts and Crafts avanzava e loro cuocevano ancora a legna. Tuttavia, avevano capito l’importanza di esportare i loro prodotti all’Esposizione Universale come gusto del Principato di Monaco, in altri termini avevano intuito il potere del mercato globale e la conseguente crescita di un gusto di massa.
I due casi storici di partenza sono stati anche il pretesto per delineare delle costanti e degli archetipi che rimangono nella produzione ceramica anche di oggi giorno. Ad esempio il lavoro di Simone Fattal ha una continuità con Albert Diato, un artista nato a Monaco ma un monumento della ceramica. Quando Diato si è trasferito a Faenza portando le esperienze fatte in Afghanistan, con gli smalti e le terre, rivoluziona la scuola. Simone Fattal ha forti stringenze con quel mondo, anche con quelle tecniche.
Nella tua selezione compaiono artisti che hanno lavorato per molto tempo con la materia ceramica, anche tra i contemporanei più stringenti. A guidare le tue scelte c’era anche la volontà di esporre artisti che avessero una padronanza tecnica del mezzo?
Sì per me gli artisti sono prima di tutto inventori. In questo caso gli artisti-ceramisti lavorano con formule, con forni, smalti. Sperimentare è parte integrante del loro sentire. Chiara Camoni sperimenta con la ceramica in una maniera unica, con un’assoluta libertà data da esperimenti, tentativi. Brian Rochefort ha un percorso personale ed unico, sebbene lavori spesso con gruppi di ricerca per sperimentare continuamente con gli smalti. Ecco, direi che questa non è solo una mostra sulla ceramica ma soprattutto sugli smalti. Ron Nagl fissa smalti ceramici su poliuretano, ma smalto e ceramica sono per me sullo stesso piano. Detto questo la mia selezione doveva nascere da artisti che usano la ceramica come primo linguaggio, come campo di tensione e ricerca costanti. Allo stesso modo era per me importante poter esporre un nucleo di lavori per ciascun artista, dargli il giusto spazio. Era fondamentale che ogni artista potesse parlare di un suo mondo, un’atmosfera ed è anche per questo che ho voluto dedicare ad ogni artista un suo ambiente, un suo spazio.
Nella selezione dei pezzi che hai proposto, la vocazione all’oggetto della ceramica non viene in alcun modo negata. Anzi, sembra proprio che tu voglia ripartire da lì per ricostruire una nuova idea di vicinanza, di quotidiano. Come a suggerire aperture e squarci di immaginazione all’interno di questa dimensione. Quando hai avuto chiaro che questa era la strada da seguire?
Sì, è molto vero, ma anche gli artisti in mostra, penso a Ohr e Suarez, non hanno mai avuto paura dell’oggetto. Ma più di tutti il maestro di questa serena convivenza è Picasso. La sua presenza in mostra rende chiaro il valore della libertà. Moltissimi artisti non si sarebbero espressi così liberamente con la ceramica se lui non avesse aperto la strada. In catalogo inseriremo anche il racconto di uno storico incontro tra Picasso e Fontana, in cui Picasso appunto consiglia all’italo-argentino di lavorare con la ceramica, materia nobile e libera. Picasso non era necessariamente un modello per Fontana e Melotti, ma è stato certamente l’esempio più famoso di un grande artista che lavorava la ceramica. Picasso è stato certamente colui che ha liberato la ceramica e l’ha resa famosa (oltre e a creare un’efficace produzione di serie). Qui in mostra abbiamo tutti pezzi unici, i modelli iniziali per le serie, che hanno una forza straordinaria.
Infine due parole sono necessarie anche per il display che hai attentamente costruito: è anche questo un modo per focalizzare l’attenzione sulla capacità del fare?
Per me è fondamentale una concentrazione attenta sul dettaglio, un modo per mettere in luce la sinergia che esiste tra opera e allestimento. Questo modo di sentire, e di vedere, mi è arrivato come eredità dal lavoro svolto da Marie-Claude Beaud, direttrice del NMNM (che è stata una delle prime a lavorare all’opera completa unendo arte, moda e design). Ho chiesto ad Adrian Roveto di ri-editare un suo vecchio progetto (che lui aveva realizzato per la presentazione di una serie di vasi di Ettore Sottsass) e, allo stesso tempo, ho chiesto a Michael Anastassiades e FLOS di poter collaborare con noi. Lavorare con Michael era per me fondamentale perché con lui condividiamo ricerche e percorsi (e molta della mia passione per Ohr la devo a lui) e quindi era altrettanto fondamentale portare la sua visione nella mostra. Era importante che qualunque dettaglio rispecchiasse il sentire degli ambienti e delle opere. Dopo molti anni di lavoro istituzionale al museo, mi piaceva presentarmi anche museografo e allestitore scenografo: volevo aggiungere questo tassello alla costruzione della mostra.
Artifices instables. Storie di ceramiche
Artisti: Poteries Artistiques de Monaco (1871-1918) and Aaron Angell, Eugène Baudin, Chiara Camoni, Johan Creten, Albert Diato, Simone Fattal, Ron Nagle, George Ohr, Pablo Picasso, Brian Rochefort, Magdalena Suarez Frimkess
A cura di Cristiano Raimondi
18 settembre 2020 – 31 gennaio 2021
Nouveau Musée National de Monaco – Villa Sauber
7 avenue Princesse Grace, Monaco
Info: www.nmnm.mc