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di ENNIO BIANCO

L’Intelligenza Artificiale (AI), con gli attuali sistemi di Machine Learning e Deep Learning, sta riscuotendo un sempre maggiore interesse da parte di artisti impegnati ad indagare le relazioni tra arte, scienza e tecnologia, perciò anche importanti centri espositivi stanno proponendo e discutendo sulle loro opere: tra quelli più in evidenza, il Barbican Center di Londra presenta Ai: More then Human (1), il MAK di Vienna Künstliche Intelligenz & Du (2), la Kate Vass Galerie di Zurigo Automat und Mensch (3), la Transfer Gallery di New York Forging the Gods (4) e infine l’HEK di Basilea Entangled Realities, Living with Artificial Intelligence (5). Un’unica fotografia del complesso di proposte risulta difficile, tuttavia generalizzando si possono individuare due linee di tendenza in qualche modo contrapposte.

Refik Anadol, Latent History (still) © Refik Anadol. Courtesy fotografiska

Su un fronte troviamo artisti che, forti delle loro conoscenze matematiche e informatiche e delle relazioni con i grandi centri di calcolo di Google, di NVIDIA, etc., stanno esplorando le possibilità estetiche e creative offerte dall’AI e creano addirittura algoritmi propri, producendo opere originali, spesso molto scenografiche. È il caso di Latent History di Refik Anadol presentata alla @fotografiska di Stoccolma, per la quale l’artista ha raccolto un milione di dati fotografici da materiali d’archivio: “Attraverso l’esplorazione di ricordi fotografici degli ultimi 150 anni, questa mostra mira a indagare e re-immaginare la memoria collettiva, gli strati nascosti della storia e la coscienza di una città [Stoccolma] che altrimenti potrebbe rimanere invisibile”, ha dichiarato l’autore.

In questo caso siamo di fronte all’espressione più avanzata della ricerca. Altri artisti con competenze non settoriali stanno cercando di capire cos’è e come funziona l’AI, in particolare che possibilità offre il famoso algoritmo GAN (Generative Adversarial Network), che lo scorso anno ha permesso al gruppo Obvious di realizzare l’opera Edmond Belamy, poi battuta all’asta da Christie’s per 432.000 $ (6). Proprio considerando chi non è avvezzo al linguaggio di programmazione, diverse società di software stanno offrendo delle piattaforme on-line che rendono accessibile l’operatività grazie ad interfacce intuitive e soprattutto permettono di ottenere dei risultati in tempi di elaborazione contenuti. Piattaforme come ganbreeder.app, runwayml.com, playform.io, wordseye.com, ecc… offrono diversi tipi di funzionalità, fra le quali l’inserimento di un set di immagini per addestrare il modello AI, l’utilizzo di diversi tipi di GAN, la generazione di immagini mixate o l’interpolazione di esse, fino alla generazione di immagini da parte del modello AI.
Attraverso queste applicazioni, l’artista in realtà non controlla fino alla fine il processo creativo: grazie al Machine Learning o al Deep Learning, l’algoritmo impara nel corso dell’elaborazione dei dati delle immagini; una volta terminato questo apprendimento, la macchina esprime la propria “creatività”, sfuggendo ad ogni controllo. Di fatto l’artista aspetta soltanto il risultato. Domenico Dom Barra, artista internazionale noto per le sue opere glitch, sperimentando queste piattaforme AI on-line, ha notato una analogia proprio con la glitch art: egli afferma che “Anche per le opere AI l’artista partecipa solo in parte [al processo creativo], di fatto limitandosi a porre le macchine nella condizione di generare le immagini finali. Dopodiché l’artista seleziona [quelle che ritiene più interessanti], ma le immagini sono opere della macchina”.

Domenico Dom Barra, Caballero y Dama en la corte de los Aragones, 2019

Alcuni curatori, proprio in virtù del fatto che l’artista non controlla il processo creativo nel momento in cui si generano le immagini, includono l’AI Art nel grande filone della Generative Art ma la loro scelta non risulta convincente. Nella Generative Art, infatti, l’artista scrive il programma che genera sempre lo stesso flusso di immagini: di fatto si tratta di uno “spartito” che potrebbe non essere eseguito dall’artista stesso, come succede normalmente per la musica, ma la cui esecuzione determina lo stesso risultato. L’artista AI ha un ruolo diverso: è soprattutto focalizzato nello scegliere e nell’alimentare i modelli AI con grandi set di immagini; più significativa sarà la loro dimensione, migliore potrà essere il risultato. A tal proposito, il critico e curatore Jason Bailey, in un recente articolo, ha avuto modo di osservare che  “entreremo in un’era di appropriazione di massa e di remixing radicale di materiali visivi come mai visto prima”. (7)

Egor Kraft, Content Aware Studies, 2018, Image courtesy Egor Kraft

Il primo dei tre esempi di questa appropriazione lo troviamo con l’opera Content Aware Studies di Egor Kraft, che ha ricavato le sue scansioni 3D di sculture classiche da famose collezioni museali internazionali (ad es. British Museum, Metropolitan, National Roman Museum ecc…). Il processo creativo cerca di reintegrare i frammenti dispersi di sculture dell’antichità classica, generando oggetti mai visti prima, con ciò muovendosi tra la ricostruzione storica e l’ibridazione con l’estetica più recente.

Machine Learning Porn from Jake Elwes on Vimeo.

Con Machine learning porno, Jake Elwes ha invece utilizzato per l’addestramento del modello le immagini che Yahoo identifica come pornografiche. La rete neurale è stata quindi riprogettata per generare le fantasie pornografiche dell’AI.

Lo stesso Mario Klingemann, vincitore del Lumen Prize Award con l’opera The Butcher’s Son, ha spiegato, in un’intervista a “Fast Company”, che ha scelto di allenare i propri modelli sulla pornografia perché è “una fonte affidabile e abbondante di dati che mostra persone con tutto il corpo”.

Mario Klingemann: The Butcher’s Son, 2018

Gli artisti possono addestrate i modelli AI anche utilizzando materiali propri. È questo il caso di Anna Ridler che ha archiviato un grande numero di foto di tulipani per realizzare l’opera Mosaic Virus, nella quale suggerisce un parallelismo storico fra la tulipomania che ha colpito i Paesi Bassi nel ‘600 e la l’attuale speculazione sulle criptovalute.

Anna Ridler. Mosaic Virus

L’offerta sempre maggiore di strumenti AI da parte delle piattaforme on-line sta comunque portando gli artisti a non limitarsi ad alimentare un modello e ad aspettare il risultato, ma a sperimentare vari tipi di GAN, dosandone e modificandone la sequenza di utilizzo e talvolta intervenendo sulle immagini stesse, anche con cancellazioni di parti poco interessanti, in sostanza cercando di arrivare ad un proprio linguaggio visivo.

Oltre agli artisti che esplorano le possibilità estetiche e creative offerte dall’AI, ve ne sono altri che rimettono in discussione sul piano etico, psichico e sociale, politico ed economico, le sfide e le opportunità legate all’AI, come quelle suggerite dai sistemi di Face Recognition (8), di Bad training (9), dai Deepfake (10), dalla robotizzazione del lavoro ripetitivo, dalle applicazioni per scopi militari.

Con l’opera “Facial Weaponization Suite”, ad esempio, Zach Blas ha preso posizione contro la Face Recognition e le ineguaglianze che da questa tecnologia derivano. A partire da dati biometrici facciali, l’artista crea delle maschere, poi utilizzate in interventi pubblici e spettacoli: la Fag Face è generata da informazioni ricavate da volti di uomini queer, un’altra maschera esplora come vengono considerate le persone di pelle scura, una terza mette a fuoco le reazioni del femminismo contro l’occultamento del volto, una quarta indaga l’applicazione della tecnologia biometrica di sicurezza al confine tra Messico e Stati Uniti e la violenza nazionalista che essa istiga.

Facial Weaponization Communiqué: Fag Face from Zach Blas on Vimeo.

Per realizzare Il bias della macchina, Nushin Isabelle Yazdani ha addestrato un modello AI con migliaia di fotografie di detenuti statunitensi, come metafora dei sistemi predittivi di polizia. In un numero sempre maggiore di paesi, le analisi predittive e le decisioni di valutazione preliminare del rischio vengono trasferite a macchine e algoritmi. L’artista pone delle domande che fanno riflettere lo spettatore: in che modo una macchina decide in quale distretto è probabile che il crimine accada o quale condannato sarà recidivo in futuro? Cosa significa demandare la predizione in un mondo in cui la popolazione di colore sta affrontando discriminazioni strutturali mentre ai bianchi viene dato un vantaggio e il beneficio del dubbio?

Visualizing structural discrimination and machine bias – GAN Training from Nima on Vimeo.

Nell’opera Autonomous Trap 001, James Bridle mette in scena un’auto imprigionata dai propri stessi sensori visivi all’interno della linea bianca di un cerchio. Questo, che ad una prima lettura può apparire come uno stupido scherzo fatto da qualche burlone ai danni di un’auto a guida autonoma, è invece qualcosa che trae origine da alcune considerazioni che l’autore ha esposto in New Dark Age: Technology and the End of the Future: “L’accelerazione tecnologica – afferma – ha coinciso con la crisi dell’idea per cui a una maggiore conoscenza corrisponde una maggiore capacità di agire razionalmente. Oggi le cose ci appaiono sempre più opache e incomprensibili. Di fronte a questa complessità siamo disorientati, presi da forze troppo grandi e irrazionali. La nostra visione del futuro è sempre più oscura”. Proprio per questo, procede, alcune espressioni della nostra cultura mostrano di essere affascinate dal passato, dal Medioevo, nella sua immagine più gotica ed esoterica; ed infatti il cerchio in cui è imprigionata l’auto allude a quello magico di sale, che veniva usato dalle streghe per esorcizzare i demoni e tenerli al di fuori del loro rituale.

Autonomous Trap 001 from stml on Vimeo.

Trarre delle conclusioni su quanto sta succedendo nel complesso mondo dell’AI Art significa fotografare una situazione complessa, in grande fermento ed estrema mutazione. Ciò che si può descrivere oggi non sarà senz’altro vero fra un mese. La sezione dedicata alla Computer Vision di arxiv.org, il grande archivio che raccoglie le più aggiornate documentazioni in vari campi scientifici, si incrementa ogni settimana di nuove ricerche, su queste poi si gettano a capofitto decine se non centinaia di programmatori, che a loro volta generano delle applicazioni che vengono presentate in modalità open source sul sito github.com. Per dare un’idea di questa crescita esplosiva, basti pensare che dal 2014, anno in cui Ian J. Goodfellow ha scoperto la tecnologia GAN, che ha consentito una formidabile accelerazione a tutta la ricerca sul Deep Learning e l’Intelligenza Artificiale, suscitando grande interesse da parte degli artisti, sono stati pubblicati oltre 500 documenti per spiegare le nuove tipologie di GAN.

C’è da ritenere che, come per la nostra realtà quotidiana, anche per l’Arte legata agli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale verranno creati nuovi e potenti strumenti in grado di offrire agli artisti straordinarie possibilità creative, perciò siamo ancora lungi dal poter esprimere delle conclusioni definitorie, mentre ci aspetteranno senz’altro molte occasioni di stupore e riflessione.


  1. Barbican Centre (Londra), “Ai: More then Human”, dal 16.06 al 26.08.2019.
    Artisti presenti: Mario Klingemann , Massive Attack , Universal Everything, Neri Oxman,  Es Devlin, teamLab e altri.
  2. MAK – Museum für angewandte Kunst (Vienna), “Künstliche Intelligenz & Du”, dal 29.05 al 06.10.2019.
    Artisti presenti:  automato.farm, Rachel Ara, Mladen Bizumic, James Bridle, Tega Brain, Julian Oliver und Bengt Sjölén, Kate Crawford, Vladan Joler, Simon Denny, Heather Dewey-Hagborg und Chelsea E. Manning, Lynn Hershman Leeson, Constant Dullaart, David Link, Jonas Lund, Giulia Bruno e Armin Linke in Zusammenarbeit mit Luc Steels, Trevor Paglen, Philipp Schmitt e Steffen Weiß, Superflux e Jorinde Voigt.
  3. Kate Vass Gallerie (Zurigo), “Automat und Mensch”, dal 19.06 al 15.10.2019.
    Arttisti presenti: Cornelia Sollfrank, Mario Klingmann, Alexander Mordvintsev, Memo Atken, Helena Sarin, Tom White, Anna Ridler, Robbie Barrat, David Young.
  4. Transfer Gallery (New York, “Forging the Gods”, dal 18.04 al 11.05.2019.
    Artisti presenti: Zach Blas and Jemima Wyman, Peter Burr, Stephanie Dinkins, Lawrence Lek, Lauren McCarthy, Anna Ridler, Jenna Sutela, Theo Triantafyllidis, and Pinar Yoldas.
  5. HEK – Haus der elektronischen Künste (Basilea), “Entangled Realities, Living with Artificial Intelligence”, dal 09.05 al 11.08.2019.
    Artisti presenti: Mario Klingemann, Ursula Damm, James Bridle, Trevor Paglen, Sebastian Schmieg, Lauren McCarty, Zach Blas & Jamina Wyman, Anna Demitriu & Alex May, Fabric, Jenna Sutela, Anna Ridler & David Pfau, Holly Herndon & Mat Dryhurst.
  6. Sotheby’s ha battuto all’asta un’opera di Mario Klingemann dal titolo “Memories Of Passersby I” per 40.000 £. L’opera consiste di due schermi che generanosenza fine ritratti maschili e femminili.
    Il gallerista Aidan Meller ha promosso la realizzazione di un umanoide ultra-realistico, chiamato Ai-Da. Si tratta di un robot incredibilmente sofisticato progettato e costruito da un team di ingegneri della società di robot Engineered Arts, mentre per le sue capacità e gli algoritmi hanno provveduto studenti dell’Università di Oxford e Leeds. A detta del Gallerista Ai-Da ha già venduto opere d’arte per oltre un milione di sterline.
  7. “Mass Appropriation, Radical Remixing, And The Democratization Of AI Art”, Jason Bailey, 26 maggio 2019, Artnome.
  8. I sistemi di Face Recognition vengono utilizzati per una varietà di scopi: al momento dell’assunzione di un dipendente, del pagamento di un acquisto al dettaglio, al check-in in aeroporto, alla sorveglianza di massa, all’indicazione dell’orientamento sessuale. Una tecnologia che, oltre ad interferire prepotentemente nella privacy degli individui, spesso presenta dei «falsi positivi».ù
  9. Il Bad training, vale a dei l’addestramento dei sistemi di intelligenza artificiale con dati parziali o errati, può costituire la nuova infrastruttura del razzismo. Il modo in cui vengono usati i big data può rafforzare i nostri peggiori pregiudizi o ci può aiutare a risolverli. C’è stato un caso clamoroso in cui la polizia ha addestrando il sistema AI per la previsione dei crimini in base ai volti dei detenuti.  Le immagini che sono state prodotte sono state in grande parte di afroamericani o ispanoamericani.
  10. I Deepfake sono fondamentalmente dei falsi che si ottengono attraverso una tecnica di sintesi di immagini umane basata sull’intelligenza artificiale che permette, per esempio di sostituire immagini dei volti tratte con quelle si un altro video.
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