Milano | Manuel Zoia Gallery | Fino al 14 ottobre 2023
Intervista ad ANGELO DEMITRI MORANDINI di Gabriele Salvaterra
Ha aperto lo scorso 14 settembre a Milano, presso Manuel Zoia Gallery, l’ultima mostra personale di Angelo Demitri Morandini. Un debutto milanese che ha offerto al pubblico i molti livelli della ricerca dell’artista, un lavoro ampio di stimoli ma allo stesso tempo decisamente coerente nello stabilirsi all’interno delle coordinate di linguaggio, interazione, manipolazione, ogni volta portate al loro punto critico di rottura. Come scrive Chiara Canali, curatrice della mostra, ci si trova infatti davanti a “un atto estetico che si configura come processo che consente di mettere in luce alcuni nonsense o alcune fratture nell’odierna società della comunicazione e dell’informazione”. Ne abbiamo parlato direttamente con Morandini.
Arrivi da tre anni intensi che a partire da Dante fluttuante, passando per le macchine cinetiche di Ex Machina e molti altri progetti, ti hanno portato a questa mostra da Manuel Zoia Gallery. Si tratta di un progetto in cui ricapitoli i tuoi raggiungimenti o è già un nuovo inizio verso nuove ricerche?
Questa mostra, Languag* Game of Words, credo rappresenti un punto culminante nella mia ricerca artistica, un capitolo che sintetizza le esperienze e le esplorazioni di progetti passati. È il risultato di un percorso lungo che ho intrapreso come artista concettuale, filosofo e ricercatore. Le linee di forza del mio lavoro artistico, incentrate sul linguaggio, sulla manipolazione delle parole e degli oggetti e sulle interazioni umane, convergono in questa mostra. Come è avvenuto anche in progetti precedenti, ho cercato di mettere in evidenza le stranezze e le fratture nella società moderna della comunicazione e dell’informazione.
In Languag* Game of Words mi concentro nuovamente sul linguaggio, ma questa volta partendo dal grafema come elemento fondamentale. Attraverso progetti come Motus Liber. Authority of Symbols: The Manipulative Power of Algorithms e Le parole che non ti ho detto, cerco di sfidare il paradigma logico-sequenziale del pensiero alfabetico, spingendo verso una mente elettronica governata dalle tecnologie digitali.
Questa mostra rappresenta un passo avanti nella mia ricerca, ma è anche un preludio a nuove sfide ed esplorazioni che si svolgeranno prossimamente. È un tentativo di aprire riflessioni e discussioni sul linguaggio, la tecnologia e le relazioni sociali nell’era digitale.
Il tuo è sicuramente un discorso molto ambizioso. Posto che è sempre bello lasciarsi stupire dalle reazioni inaspettate del pubblico, quali sono i processi che vorresti mettere in moto, idealmente, nella sua testa?
Questa mostra ha l’ambizione di coinvolgere la mente, le emozioni e il cuore degli spettatori. Il mio obiettivo principale è quello di stimolare una profonda riflessione sul linguaggio, sulla sua influenza nelle relazioni sociali e sull’impatto delle tecnologie digitali sulla nostra percezione del mondo. Vorrei che i visitatori si sentissero coinvolti emotivamente, che le opere suscitassero domande e discussioni sulle logiche di potere nella società digitale contemporanea, sulla manipolazione e sul significato della parola, e che queste riflessioni continuassero molto tempo dopo aver lasciato la galleria. Vorrei che gli spettatori sperimentassero una sorta di “sintesi” tra il concettuale e l’emozionale, che li portasse a interrogarsi sul modo in cui percepiamo e comunichiamo il significato delle parole.
E tutto questo tenti di ottenerlo con moltissimi media diversi. Sicuramente sei un “eclettico” se si dovessero scorrere le “tecniche” delle tue opere. Come approcci questa parte del tuo lavoro considerato anche il disinteresse che storicamente gli artisti concettuali hanno nei riguardi dello specifico materiale?
In effetti, decidere di adottare una tecnica artistica specifica comporterebbe già un certo grado di interesse per il materiale stesso. Tuttavia, essere eclettici nella mia pratica mette in evidenza un’indifferenza verso una tecnica particolare e la consapevolezza che ciascuna di esse può essere sostituita da quella successiva, senza che questo comprometta il mio impianto concettuale. Essenzialmente, mi sento completamente libero di utilizzare indistintamente un avvitatore, un algoritmo, una matita o l’intelligenza artificiale per esprimere un’idea. Cerco di abbracciare la flessibilità e la versatilità nel modo in cui traduco i concetti in opere d’arte, permettendomi di scegliere il mezzo più adatto a una data espressione, senza limitarmi a restrizioni legate a tecniche specifiche. Questa libertà mi consente di esplorare il mondo dell’arte in modo aperto e senza confini, sempre alla ricerca di nuove modalità ibride per comunicare il mio pensiero e la mia visione del mondo.
Quando si parla con te ogni tanti sembra di parlare proprio con un sistema AI! Il tuo interesse per l’intelligenza artificiale non è infatti della prima ora, avendo sempre cercato di mescolare il tuo io con vari espedienti, più o meno tecnologici, più o meno sofisticati, in grado di mettere in crisi una presunta soggettività o un controllo eccessivo per i dettagli della produzione artistica. In cosa può essere interessante o innovativa l’intelligenza artificiale in un momento in cui risulta molto alla moda nell’arte contemporanea?
In effetti, fin dall’inizio, ho esplorato questa dimensione di fusione tra la coscienza umana e l’ambito digitale. Già nel 2005, in una mostra intitolata Elaboro quindi esisto, ho creato un’opera cinetica che permetteva alle persone di interagire con un programma da me scritto, chiamato Omaggio a Turing (in riferimento al test di Turing utilizzato per determinare se una macchina è in grado di esibire una forma di pensiero), che generava frasi casuali. Questo tema è rimasto centrale anche nella mia mostra del 2022, Ex Machina, dove ho esplorato la transizione tra macchina e uomo attraverso il medium del disegno automatico.
Da un punto di vista personale, mi piace spingere i limiti imposti dagli sviluppatori alle intelligenze artificiali. Ad esempio, ho esplorato i confini etici delle chatbot come GPT ottenendo risultati inaspettati. Credo che utilizzare l’intelligenza artificiale per scrivere libri o creare immagini convenzionali, anche se seducenti, non porti molta innovazione, se non una maggiore facilità e semplicità nell’esecuzione. Tuttavia, cercare l’imprevisto tra i meandri dei dati digitali mi sembra un approccio più proficuo. Dal punto di vista pratico, le intelligenze artificiali offrono notevoli vantaggi in termini di risparmio di tempo. Possono essere utili per correggere testi, adattare le risposte a determinati registri linguistici o persino generare titoli quando si è a corto di idee.
In fondo è uno strumento molto simile a quello che criticavano i luddisti nella loro rage against the machine: nuove macchine che sostituiscono attività precedentemente considerate fondamentali dell’attività umana e che possono essere percepite come conflittuali per un “naturale” percorso di vita esistenziale e lavorativo. Nelle opere più recenti ti riconnetti non a caso alle basi della critica comunista, a Marx e alla riflessione su merce, capitale, plusvalore e controllo. Un interesse politico-sociale del tuo lavoro linguistico o – come mi aspetto – è tutto interconnesso?
Das Kapital di Marx è un’opera che ha cercato di analizzare la società industriale del suo tempo, esaminandola sia da una prospettiva economica che filosofica. Nella mia ricerca più recente, ho utilizzato mezzi informatici per analizzare questo testo e ottenere dati interessanti. Ho scoperto che la parola “lavoro” appare 3257 volte, seguita da “valore” con 1947 occorrenze, “produzione” con 1220 e “capitale” con 1194. Curiosamente, alle posizioni nove e dieci troviamo rispettivamente “merce” con 756 occorrenze e “merci” con 760.
Come esperimento ho sostituito la parola “merce” con il termine “informazione”. Sorprendentemente, l’impianto concettuale del testo rimane valido, ma diventa contemporaneo, trasformandosi da un’analisi della società industriale a una società digitale. In questa nuova prospettiva, le “merci” diventano “informazioni” e, rileggendo il testo, si comprende che chi controlla i mezzi di produzione delle informazioni, come algoritmi, intelligenza artificiale e big data, detiene il potere. Tuttavia, va sottolineato che questa ricerca non rappresenta uno studio di stampo marxista, quanto, piuttosto, una manipolazione di un testo classico per applicarlo a nuovi scenari dominati dalle vecchie logiche.
Se dovessi sacrificare tutta la tua ricerca per mantenere un unico nocciolo fondamentale in grado di rappresentarla integralmente in cosa consisterebbe?
Il nocciolo fondamentale della mia ricerca artistica risiede nell’esplorazione approfondita del linguaggio e nella sua relazione con le dinamiche sociali, filosofiche e tecnologiche contemporanee. Questo nucleo rappresenta la capacità di esprimere concetti complessi attraverso vari media artistici e di riflettere sulle implicazioni del linguaggio nella società.
Angelo Demitri Morandini. Languag* Game of Words
a cura di Chiara Canali
in collaborazione con Galleria Contempo (TN)
Fino al 14 ottobre 2023
Manuel Zoia Gallery
Via Maroncelli 7, Milano
Info: +39 333 4914712
info@manuelzoiagallery.com
www.manuelzoiagallery.com