MILANO | Galleria Clivio | Fino al 30 gennaio 2022
di ILARIA BIGNOTTI
La materia trionfa oltre la superficie.
Con queste parole tonanti e vitalistiche chiude il suo saggio in catalogo Irene Biolchini, attenta curatrice di un progetto espositivo atteso, dedicato a un protagonista della scultura concettuale italiana, Antonio Violetta.
La mostra, visitabile sino alla fine del mese di gennaio alla Galleria Clivio Arte Moderna e Contemporanea di Milano, una galleria che si sta sempre più distinguendo per la lungimirante ricerca su esponenti del pensiero artistico del nostro Paese, sinora poco approfonditi o saltuariamente “dimenticati” dalla critica e dalla curatela, da Sylvano Bussotti ad Antonio Scaccabarozzi ad Antonio Violetta, appunto, è (anche) un’occasione importante per gli addetti ai lavori: perché, come a chiare lettere annuncia Irene Biolchini, sin dal titolo e dalle scelte di opere in mostra, vuole in un certo senso ribaltare il pensiero critico attorno ai cicli storici dell’indagine di Violetta, e ricollocarli correttamente nell’ambito del dibattito.
Come?
Innanzitutto, lavorando sull’archivio e leggendo in modo accurato le basi progettuali dell’opera, per partire, sempre e comunque, dalle scelte e dalle motivazioni dell’artista. È a questi, infatti, che ogni mostra retrospettiva o antologica dovrebbe rivolgersi, scavando nei testi teorici, verificandone le origini concettuali, senza dare nulla per scontato o acquisito.
Ecco allora che, tra il ciclo di carte catramate che si avvia nel 1975 (e delle quali la mostra offre una affascinante e selezionata panoramica), e la partecipazione con sala personale a documenta a Kassel, sei anni dopo, l’attenzione va posta al senso dato dall’artista al termine Utopia: “[…] un’apertura impossibile, ma meglio ancora letteralmente, un luogo impossibile”, scrive Biolchini nel saggio in catalogo, un luogo impossibile che dà anche il senso di quella “piega” del muro: dispiegare, muovere, liberare lo spazio. Aprire un movimento verso un luogo che non può esistere, o meglio verso un luogo dove è impossibile essere se non con l’arte. Ritornare all’etimologia della parola “utopia” non è un vezzo, ma un passaggio necessario per comprendere dove fosse Violetta in quel 1976, ma ancora meglio da dove arrivava.
Le carte catramate, esposte in questa occasione dopo un silenzio che le accompagna dagli anni Settanta, ci permettono di comprendere quel suo “svolgersi”: l’aprirsi del foglio che non diventa Pagina (mi si permetta qui il gioco di parole tra la pagina fisica e le note Pagine che popoleranno il mondo di Antonio Violetta negli anni successivi al 1984). “Le carte catramate devono all’arte povera non il sogno utopico, ma l’apertura verso nuovi materiali, il rifiuto delle loro gerarchie”, continua la curatrice.
L’arte povera, allora, dove Violetta fu collocato, come movimento nel quale l’artista si ri-conosce per il processo alchemico e liberato (o liberatorio) della scultura come pensiero da svolgersi in presenza, con e attraverso i materiali, laddove gli impasti di catrame tra e sulle pieghe della carta danno luogo a veri e propri diaframmi, avrebbe scritto Giorgio Cortenova, tra i più raffinati e pionieristici esegeti della sua indagine. Quando, già nel 1976, l’anno di Utopia, scriveva: “La superficie come un libro da aprire, muro da sfogliare, membrana da leggere e allora il tempo e lo spazio dell’ambiente come operatività all’interno dei suoi dia-frammi, sfogliatura dei perimetri, analisi della verticalità”.
Percorrere questa mostra è allora, anche, un risfogliare le pagine della storia, con gli occhi che come le dita rimangono imbrigliati tra le forme dense e mutevoli della materia scultorea, gesto dopo gesto liberata e potenziale atto demiurgico di manifestazione dell’uomo, del suo esserci, del suo misurare, con il corpo e i sensi tutti, lo spazio e il tempo.
Uno spazio e un tempo che esistono reciprocamente solo in virtù dell’arte.
Diversamente, non vi sarebbe (stata) rivolta.
Antonio Violetta. Ed è ancora Utopia Carte catramate 1975 – 1982 Documenta 7 Kassel
a cura di Irene Biolchini
Fino al 30 gennaio 2022
Galleria Clivio Arte Moderna e Contemporanea
Foro Buonaparte 48, Milano
Info: +39 338 5479433
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