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L’ultima chiacchierata cartacea con Giacomo Costa risale ormai ad un anno fa. Allora, tra Biennale di Venezia, annessi e connessi, l’artista non si era risparmiato nel rispondere alla penna sapiente di Luisa Castellini dando prova dell’esistenza di una rara specie di artista che riesce con naturalezza a parlare del proprio lavoro (o almeno questo trapela) e a fonderlo, se ce ne fosse bisogno, con aneddoti di vita attiva. Anche questa volta non ci ha delusi e parliamo con lui della personale da Emmeotto a Roma: un passo in avanti proiettato sul nuovo ciclo in progress di Postnatural e, come spesso accade nelle sue personali, un passo indietro nell’ultimo biennio di lavoro. Per quel pizzico di amore per il gossip ci siamo concessi un’ultima classica domanda sui progetti futuri, che sfora nel privato e da cui trapela un insolito, ma neanche troppo, piano b… tutto il resto è Chronicles of time

Francesca Di Giorgio: Una serie di prefissi ha dominato la nomenclatura politica e culturale della seconda metà del secolo scorso. Più vicini a noi cronologicamente i “post” di Postmoderno e Postumano e via dicendo… Postnatural, il titolo del tuo nuovo progetto in mostra da Emmeotto a Roma sembra restituirne in parte l’eco. Ci racconti il tuo essere a cavallo tra passato, presente e futuro?

Giacomo Costa: Quando ho iniziato la mia storia artistica tutti parlavano del postumano come di una sorta di superamento dell’uomo e della sua condizione, una sorta di corsa verso l’ibridazione uomo-macchina e uomo-animale in una direzione quasi superoministica. A me, tuttavia, sfuggiva questa lettura dell’uomo che, viceversa, nei suoi comportamenti mi pareva andare piuttosto in una direzione preumana! E, infatti, nel mio lavoro ho sempre indagato i comportamenti spesso discutibili del genere umano attraverso l’uso metaforico dell’architettura. Recentemente, come spesso mi capita, sono stato sopraffatto da un amore maniacale per la natura e questa passione mi ha fatto scoprire alcune letture tra le quali il libro di Weisman Il mondo senza di noi dove ci si immagina cosa succederebbe dopo l’estinzione dell’uomo. La cosa che emerge è che, in un brevissimo lasso di tempo, la natura fagociterebbe ogni segno del nostro passaggio sulla terra, come accadde per le piramidi dei Maya, dimostrando come la natura, per quanto la si maltratti, abbia una fillimitata ben superiore alla nostra. Così, la mia indagine è giunta a concepire la natura come un’entità senza un preciso disegno e che in nessun modo è in competizione con noi sebbene spesso lo si possa credere attribuendole una sorta di volontà che la accosta al divino. La mia natura è postnaturale nel senso di “al di là della natura” stessa e di come siamo abituati a vederla.

In principio Agglomerati, Palazzi, Complessi abitativi, Prospettive, poi, Scene, Vedute, Costruzioni e Secret garden per citare alcune delle tue serie. Un viaggio tra terre emerse, subacquee e sotterranee. Oggi, in mostra, insieme a tuoi lavori recenti, il ciclo inedito delle Arene. Cosa ti affascina di queste architetture e cosa ti permettono di esprimere e sperimentare?

Postnatural è un titolo che ho dato ad una ciclo di mostre delle quali quella alla galleria Emmeotto è un capitolo. Nella serie dei Gardens la natura invadeva la città cancellandone gli edifici comuni mentre le Arene sono il simbolo dell’architettura grandiosa, ciò che ci rappresenterà nel futuro, il colosseo del ventesimo secolo. Mi interessa immaginare queste super-architetture rimaste sole ed abbandonate in uncontesto di paesaggio ormai tornato al preumano. Un sorta di cartolina della nostra era ed anche un monito per ricordarci che la storia ed il futuro sono l’insieme dei comportamenti della nostra contemporaneità.

L’uomo fa molta fatica ad accettare gli eventi ciclici della natura, relegando terremoti, alluvioni e catastrofi naturali ai margini di fenomeni straordinari di fronte ai quali l’illusione di un possibile controllo svanisce…

Come dicevo precedentemente, la natura non si cura della sua interazione con il genere umano, è l’uomo che è convinto di poter dominare tutto e di poter disporre del territorio come se fosse stato creato su misura per lui. È una visione che proviene da una lettura
dell’universo con al centro l’uomo… evidentemente a poco è servita la scoperta galileiana e l’evidenza che, in fin dei conti, siamo ai bordi della galassia e non il centro e il motore dell’universo!

Nell’ultima intervista rilasciata sul nostro magazine circa un anno fa (#58 aprile-maggio 2009) ti abbiamo lasciato alle prese con il frullatore della 53. Biennale di Venezia e una corposa monografia edita da Damiani. Nonostante il velato sapore profetico dei tuoi Giardini segreti affermavi «[…] Non conosco risposte, sono bravo a pormi dubbi e interrogativi […]». Potremmo considerarla come una pillola della tua poetica?
L’artista non è uno scienziato dal quale ci si aspetta delle scoperte o un politico dal quale ci si attende delle risposte ma è una spugna che assorbe ciò che lo circonda, lo elabora e lo fissa in immagini, in oggetti e in concetti perché siano chiari ed evidenti agli occhi di
tutti coloro che poi possono farne tesoro o ignorarli secondo la propria coscienza.

Nel comunicare il tuo modo di lavorare più volte hai esternato stati d’animo e fatto riferimento ad episodi tratti dalla tua biografia ci sentiamo giustificati nel chiederti tuoi progetti futuri tra vita e arte…
Per quel che riguarda la mia ricerca continuerò a pormi dubbi ed interrogativi esplorando ciò che mi circonda e, qualora entrassi nella grande categoria delle “braccia rubate all’agricoltura”, sarò ben felice di potermi dedicare professionalmente al giardinaggio, mia attuale passione compulsiva.

La mostra in breve:
Giacomo Costa. Postnatural
a
cura di Valerio Dehò
Emmeotto
Via Margutta 8, Roma
Info: +39 06 3216540
www.emmeotto.net
Inaugurazione giovedì 6 maggio 2010 dalle ore 19.00
6 maggio – 3 luglio 2010

In alto da sinistra:
ARENA 1, 2010, lambda-print under plexiglass, cm 110×220
PRIVATE GARDEN 1, 2009, lambda-print under plexiglass, cm 150×250

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