Intervista a Gaggia-Dubbini di Antonello Tolve*
In questo dialogo il duo Gaggia-Dubbini si racconta ponendo al centro dell’attenzione un procedimento metodologico che, dalla coesistenza delle differenze visibile nel progetto GOLPE, passa via via, con la più recente fotografia pensata per BOOM. Tra arte e cibo il futuro, alla solidità della sovrimpressione e della fusione di stili.
L’intervista, iniziata nel mese di dicembre, esce a pochi giorni dalla proclamazione del duo quale Vincitore della sezione Scultura e Vincitore Assoluto di Arteam Cup 2022 (gennaio 2023, ndr)…
Nell’ambito dell’esposizione Golpe. Io so. Dedicato a Pier Paolo Pasolini, organizzata nell’ex-convento di San Giacomo di Pergola (Museo dei Bronzi Dorati, in corso fino al 5 marzo 2023) e curata da Massimo Mattioli, accanto alle opere di Elena Bellantoni e Davide Dormino, avete presentato opere personali (Rocco un meraviglioso Mantra dove si legge in circolarità mammamia, Giovanni una serie più articolata di interventi sulla censura, sul volto dell’intellettuale, sulla libertà compressa) e un primo lavoro firmato a quattro mani. Da quale esigenza è nato il desiderio di intrecciare il vostro cammino e, dunque, di progettare un primo sodalizio artistico tra Giovanni Gaggia e Rocco Dubbini?
Ci sono fasi della vita dove è necessario fare un serio bilancio: siamo sul finire dell’anno, spesso capita in questo periodo di fermarsi e tentare di comprendere cosa è accaduto nei mesi precedenti. Storicamente stiamo vivendo anni nefasti, non occorre procedere con una cronistoria degli accadimenti. In questa strana fase ci siamo fermati a discutere, confrontandoci sul senso e sul ruolo dell’artista qui ed ora. Così, abbiamo deciso di iniziare un viaggio insieme, tentando di ricercare una visione che possa aggiungere senso alle nostre rispettive pratiche. Determinati nel fare un passo indietro rispetto alle nostre individualità. Ricordiamo la giornata precisa, quando ci siamo ritrovati a realizzare concretamente la nostra prima opera. Era proprio il 15 settembre, il giorno dell’alluvione delle Marche. Eravamo a Casa Sponge, a Mezzanotte di Pergola. Il borgo vide distrutte e deturpate, dall’acqua e dal fango, l’antico quartiere delle Tinte e la zona dell’ex Montedison, la miniera di Zolfo di Bellisio Solfare.
Pioveva che Dio la mandava, il suono scrosciante accompagnava il pensiero. Tra le mani tenevo una coperta della marina militare anni Settanta, un gomitolo di filo dorato e un gesso bianco. Così è nata la nostra prima opera: GOLPE. La scritta ricamata, rovesciata, invertita, con la lettera O sfondata. Un GOLPE intellettuale, in primis rivolto alla figura dell’artista, da cui prendere le distanze rispetto ad una visione occidentale dei canoni autoriali.
Anche nel GOLPE ottobrino di Rimini (alla Galleria Zamagni, ndr) era presente un vostro lavoro a quattro mani?
Sì, la prima versione di GOLPE, quella che è attualmente esposta al Museo dei Bronzi Dorati e della Città di Pergola ed apre la mostra Golpe. Io so. Dedicato a Pier Paolo Pasolini. L’opera dà il titolo alla mostra ed è il manifesto del progetto.
Ad onor del vero la vostra collaborazione ha inizio nel 2015, quando, per il quarantesimo dalla scomparsa di Pasolini, avete pensato di realizzare, a Matelica, il progetto IoSo (2016). Vi andrebbe di ricordare quel vostro importante momento (nel 2017 c’è stato anche un appuntamento a Casarsa, se non mi sbaglio) in cui avete lavorato gomito a gomito per costruire un primo percorso espositivo su quell’articolo corsaro pubblicato dal «Corriere della Sera» il 14 novembre 1974?
Iniziammo lo studio dell’articolo Che Cosa è questo golpe? nel 2015, che portò, nel 2016, al progetto IoSo curato da Stefano Verri, un percorso della memoria a Matelica (MC), paese marchigiano da cui partì l’avventura imprenditoriale del fondatore dell’ENI, Enrico Mattei. Con noi gli artisti: Gianni Dessì, Davide Dormino, Alessandro Fonte, Gonzalo Orquìn, Roberto Paci Dalò, Giacomo Rizzo, Mario Dondero e Pietro Ruffo.
Scegliemmo opere con la preponderanza del bianco e nero e che non fossero strettamente legate alla tragica morte del poeta ma alle sue parole. Allora la mostra si apriva con lo straordinario scatto di Mario Dondero, Pasolini e la madre Susanna. L’opera ci fu concessa dal Centro Studi di Casarsa. Ci teniamo a ricordare la Direttrice di allora Angela Felice, scomparsa pochi anni dopo.
Per il Premio Arteam Cup 2022 avete presentato una nuova versione di GOLPE (2022), un’opera in cui le vostre singolarità (sensibilità, individualità) si leggono, si coniugano, volutamente non si fondono (ricamo su coperta della Marina Militare Italiana per Giovanni Gaggia, cavità ventricolare cerebrale, stampa digitale in resina per Rocco Dubbini) pur creando appunto un intreccio, una sorta di lucido richiamo, di precisa congiunzione. Vi andrebbe di parlare e di approfondire questo lavoro realizzato a quattro mani, ma con l’attenzione, mi pare, di tenere saldi modus operandi ben definiti e riconoscibili?
È la metafora del cucire, del ricamare. Il fare che implica l’utilizzo del filo si unisce all’uso del verbo, quindi, con il continuare del gesto si snocciolano storie e si narrano racconti. È esattamente ciò che accade nella nostra pratica. Sono quei fili che partono dalle lettere ricamate per arrivare ad avvolgere la cavità ventricolare. Per Arteam Cup l’opera è appoggiata su una base specchiata; ne risulta così una duplice lettura, i fili raddoppiano, andando a generare continue visioni. Abbiamo usato gli elementi principali che contraddistinguono la nostra personale poetica, rendendo volontariamente visibile le differenze e, nel contempo, l’azione dell’unione così da rendere palese la nostra intenzione: quella di andare, di far nascere un’altra identità. Continue identità sono metafora di libertà, l’elemento che si può raggiungere soltanto con una forte consapevolezza.
Nello spazio che si genera tra un elemento e l’altro sta la sostanza, sta l’essenza; è in quel vuoto che si dovrebbe inserire l’osservatore.
È recente una preziosa esplosione nell’area disastrata dell’ex Montedison (la raffineria di zolfo di Bellisio Solfare) che avete pensato per BOOM. Tra arte e cibo il futuro: trovo davvero intelligente l’azione di far detonare un panettone natalizio – mi ricorda tanto la torta in cielo di Rodari – per questo concorso che nasce con lo scopo di decretare il miglior panettone dell’anno nel Montefeltro (Giovanni, tra l’altro, con Massimiliano Tonelli, Marcella Russo, Mattia Casabianca, Francesca Casci e Manfredi Nicolò Maretti, è parte della giuria tecnica e artistica). Mi chiedo e vi chiedo se questo vostro nuovo lavoro è anche da intendere come un Witz freudiano – erroneamente tradotto come motto ma più giustamente legato al botto – che indica una fusione delle vostre individualità o se va letto come una riflessione su quell’alluvione dello scorso 15 settembre che ha un po’ messo in ginocchio Bellisio Solfare.
«Li marziani!. Er disco volante!. Andiamo, sarà un’eclisse. La cosa effettivamente pareva un gran buco nero nel cielo e aveva intorno una corona limpida e azzurra. Quale eclisse, questa è la fine del mondo, esagerato, che la fine del mondo può venire così dalla sera alla mattina? Già, prima dovranno avvertire lei con una bella raccomandata: guardi che il tal giorno alla tal ora il mondo va a gambe all’aria […]. Il racconto prosegue e c’è un bum ma non BOOM: […] Ma che centrano i pompieri? Mica gli possono fare “bum” per spaventarli. Telefona, telefona, vedrai che loro sapranno […]».
Rileggiamo le prime battute de La torta in cielo di Gianni Rodari e troviamo straniante il legame con quell’assurdo pomeriggio. Definirlo strano è un eufemismo. Il cielo si coprì, cambiò colore, il viola prese il sopravvento ed anche noi pensammo che il mondo sarebbe andato a rotoli. Non aveva mandato raccomandata alcuna, ma purtroppo aveva avvisato. In molti chiamarono i Vigili del Fuoco, con la speranza che sapessero, ma nulla. Quindi il nostro botto, un BOOM dal sapore tutt’altro che dolce, che identifica la fusione del noi. Non riveleremo quale la parte dell’uno e quale dell’altro: andrebbe a rendere terribilmente didascalica la magia di quell’esplosione.
Il gesto è metafora, racconto di un luogo. A Bellisio Solfare erano presenti gli impianti di raffinazione di Zolfo della Montedison. Con una miscela di zolfo si ricava l’esplosivo più arcaico: la polvere da sparo. Veniva usata come esplosivo nelle miniere. Lo zolfo era il pane per la comunità.
Il nostro panettone esplode in quel luogo preciso. Usiamo lo zolfo per ricercare l’ORO, in un gesto alchemico verso la bellezza.
L’opera dal titolo Azione Solfatara 2 è il manifesto di BOOM. Tra arte e cibo sta il futuro, un contest per decretare il miglior panettone dell’anno. Il packaging è un’opera d’arte in sé, per il panettone più buono, più sano e più digeribile della Val Metauro.
Non posso chiudere, e lo sapete, senza chiedervi se ci sono (se dobbiamo aspettarci) progetti in comune, firmati appunto Gaggia-Dubbini, per il prossimo futuro.
Effettuato quel passo indietro rispetto alle nostre individualità ci siamo resi conto delle libertà che questo nuovo stato è in grado di suscitare. Un moltiplicatore cognitivo dei nostri linguaggi. Il nostro cammino è già denso di progetti ed è appena iniziato.
Gaggia-Dubbini (Giovanni Gaggia, Pergola-PU, 1977 e Rocco Dubbini, Ancona, 1969), iniziano la loro collaborazione nel 2015 in occasione dei quarant’anni della scomparsa di Pasolini, daranno vita nel 2016 al progetto IoSo, un percorso della memoria a Matelica (MC), luogo da cui partì l’avventura del fondatore dell’ENI, Enrico Mattei. Nel 2022 riprenderanno loSo ampliando lo studio dell’articolo Che Cosa è questo golpe? Io so apparso sul Corriere della Sera il 14 novembre 1974, che porterà alle nascita del primo lavoro a quattro mani: GOLPE. L’opera darà il via al nuovo duo mettendo così in atto una cesura rispetto ai canoni autoriali di tipo occidentale, mirando al cuore della questione politica e ontologica dell’arte. Entrambi marchigiani, inizieranno il nuovo percorso raccontando gli eventi che hanno colpito le Marche mettendo in luce il dissesto idrogeologico, con una serie di opere realizzate nei luoghi dell’ex Montedison: la raffineria di zolfo di Bellisio Solfare.
* Intervista pubblicata su Espoarte #120: https://www.espoarte.net/in-evidenza/espoarte-120-trimestre-n-1-2023/