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INTERVISTA DI FRANCESCA DI GIORGIO

Il mondo scivola, rotola via alla velocità della luce. Inizia e finisce nello stesso identico punto, sempre e continuamente, uguale e diverso. Fabio Marullo non cerca di trattenerlo – sebbene la pittura doni, da sempre, l’ebrezza di immobile immortalità ai soggetti ritratti – ma partecipa a quel flusso incessante dove ad essere coinvolta, oltre la vita, è la sua stessa ricerca. L’ultimo ciclo di lavori, che procede senza soluzione di continuità, racconta esperienze vissute e osservate come essere nel mondo. L’habitat, il modo in cui abitiamo, in cui sentiamo il mondo parte della nostra intimità, per Marullo è il «luogo in cui realtà e finzione parlano dell’esperienza e di tutto quello che l’uomo si è inventato per dare senso, o non senso, alla vita». L’artista ci fa assaporare la vertigine del precipizio tra figurativo ed astratto alla ricerca di quel significato che, a volte, si pone come domanda altre come risposta…

Francesca Di Giorgio: I paesaggi e i personaggi dipinti, come fa notare Di Trapani nel suo testo, vivono in un tempo circolare, dove inizio e fine coincidono. Il mondo scivola esprime sicuramente l’andamento ciclico della storia e, allo stesso tempo, la “liquidità” delle identità contemporanee…
Fabio Marullo:
La mostra nasce dopo un intenso periodo di lavoro in cui ho avuto modo di portare avanti la mia ricerca senza grandi interruzioni. Ciò ha fatto sì, che la mia opera potesse assumere quell’assiduo carattere di fluidità attraverso il fare e l’agire e che potesse divenire pittura. Mi piace a tal proposito citare il Varrone che iscrive il gesto nella sfera dell’azione, ma lo distingue nettamente dall’agire (agere) e dal fare (facere). La distinzione varroniana, di eredità aristotelica, evidenzia come si può fare qualcosa e non agirla, ma pone, in un ultimo caso, il compiere qualcosa come l’assumersene la piena responsabilità. Quella responsabilità, che porta il “gesto” ad un fine preciso, per esempio, la pittura come dimensione estetica.

Figure solitarie che si rafforzano nella dimensione del doppio. Ogni relazione può dirsi compiuta se esiste l’accettazione…
Penso alla mia pittura come ad una piattaforma svincolata da forme d’accettazione o condizionata da formule dimostrabili; tuttavia il mio lavoro è una struttura aperta in cui il confronto è legittimato dalla consuetudine della mia ricerca.

Il dialogo, di cui parli attraverso le tue opere, assume un significato interessante anche alla luce dello scollamento, sempre più evidente, tra paesaggio antropico e naturale.
È di quello scollamento che mi avvalgo per la descrizione del paesaggio.
 Il “mio paesaggio” è una sensazione, uno stato d’animo che è vertigine, incertezza, mutevolezza che, in seguito, assume i parametri di latitudine, profondità, orizzonte.
 Se è vero che il paesaggio è l’esatto prodotto della natura o dell’uomo, nel mio caso è l’habitat naturale dei miei personaggi.
Il mio modo di ricercare guarda alla narrazione, con la leggerezza di un esploratore che palesemente vuole svelare una personale visione del proprio tempo. In equilibrio tra sogno, inconscio e naturalismo manipolato, nei miei lavori utilizzo la matrice figurativa quanto quella dell’astrazione.

Quanto c’è del tuo vissuto personale all’interno del lavoro?
Molto. Credo che ogni cosa che decida di dipingere mi appartenga a prescindere. Penso, inoltre, che il nucleo e l’impulso del lavoro si trovi nel significato di eventi vissuti; il mio luogo di passaggio, un grande mare in cui trovare indicazioni utili per la ricerca, dove non esiste nulla di scontato, dove si mantiene un anonimato che permette alle idee di farsi spazio nella testa, luogo in cui realtà e finzione parlano dell’esperienza e di tutto quello che l’uomo si è inventato per dare senso, o non senso, alla vita.

Hai preso parte all’incontro Cos’è la pittura promosso dal DOCVA di Milano all’interno del ciclo La pittura è oro. Tre occasioni per parlare di pittura in Italia. Cosa è venuto fuori da questo episodio di confronto e scambio, e soprattutto, come lo hai vissuto a partire dalla tua poetica?
Credo che l’opportunità di confronto sul tema della pittura sia indispensabile per coloro che la utilizzano; sarebbe auspicabile che nel nostro Paese – in assenza di scuole d’orientamento e dal marginale interesse delle gallerie nei confronti della pittura – ci sia una maggiore presa di coscienza, (in virtù delle altre realtà europee) affinché non sia intesa più come un linguaggio morto, desueto e inattuale. La pittura è presente nella nostra vita da 18000 anni e ci accompagnerà sempre. Del resto ritengo il panorama della pittura contemporanea ricco di possibilità di crescita, considerati i talenti e i nuovi linguaggi che gravitano intorno al medium.
Indipendentemente dalla mia poetica, quanto premesso suscita in me interesse ed entusiasmo poiché nel dibattito spesso esiste la soluzione per continuare, e talune volte, non sentirsi soli.

La mostra in breve:
Fabio Marullo. Il mondo scivola
a cura di Laura Francesca Di Trapani
Galleria Carta Bianca fine art
Via Francesco Riso 72/b, Catania
Info: +39 095 433075
www.galleriacartabianca.it
Inaugurazione venerdì 13 maggio 2011 ore 19.00
13 maggio – 11 giugno 2011

In alto:
“Mandaci una cartolina”, 2010, olio su lino, cm 20×30
In basso, da sinistra:
“Il gioco altrove”, 2010, olio su lino, cm 128×141
“Montgomery Park”, 2011, olio su lino, cm 250×150

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