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Letture Pandemiche* continua e muta forma. Le parole cedono il passo alle immagini e inizia una ricognizione che dall’editoria – perché no, anche attraverso la “combo” narrazione scritta e visuale – ora si concentra sulla varietà di progetti nati, sviluppati, chiusi (alcuni ancora in essere) durante l’emergenza sanitaria di cui tutti ormai riconosciamo la portata ma che la fotografia, ancora una volta, ha contribuito a restituire ai nostri occhi in maniera così sintetica e, allo stesso tempo, così analitica, profonda e diffusa.

a cura di FRANCESCA DI GIORGIO

Mai come in quest’ultimo anno abbiamo ragionato sui concetti di interno ed esterno, privato e pubblico. Oggi, come in un gradiente cromatico progressivo, ci soffermiamo su quattro progetti fotografici differenti dal personale al collettivo, sempre al centro la fotografia.

FRATELLI CALGARO. ABITO PRIVATO. Il vestito, senza.

Fratelli Calgaro, pseudonimo con il quale Beppe Calgaro firma il suo lavoro artistico, esattamente sei anni prima dello scoppio della pandemia in Italia, nel marzo-aprile 2014, realizzava Mostra di condominio, a cura di Daniele Capra e Aurora Di Mauro, per Settima Onda, appartamento relazionale, casa privata/spazio espositivo indipendente nella periferia di Padova. In quell’occasione gli scatti di Fratelli Calgaro entravano nella vita e nelle relazioni tra gli abitanti di un condominio ritraendo principalmente le persone all’interno dei loro spazi quotidiani.

Fratelli Calgaro, abito privato, stampa lambda su alluminio, 75×100 cm tiratura 7+2

Aprile 2020. Lo scenario è cambiato, siamo nello studio dell’artista, a Dueville, in provincia di Vicenza, protagonisti degli scatti sono gli abiti stessi dell’artista privati perché personali ma anche in attesa di un corpo momentaneamente assente.

È successo che un giorno ci siamo fermati tutti e ci siamo rifugiati dentro le nostre mura. Ora, una settimana dopo la quarantena, le mie sedie stanno lì in fila, quasi irriconoscibili, sommerse dai pantaloni, dalle camicie, dalle tute. Dei piccoli armadi a cielo aperto, un muro di abiti tra me e il virus. Il fondale bianco è già disteso, la luce è quella naturale, che ho la fortuna di avere qui. Fotografo i vestiti così come li ho appoggiati un minuto prima di farmi la doccia. I mie abiti, quelli personali, privati della mia libertà. (Fratelli Calgaro, aprile 2020)

INFO: www.beppecalgaro.com

 

SILVIA BIGI. I sogni come archetipi e archeologia della memoria umana.

«E se i sogni non fossero stati, in passato, le uniche immagini condivise, l’unica connessione profonda a legare gli esseri umani in momenti di grande difficoltà come quello che abbiamo vissuto?» Questa è la domanda che l’artista Silvia Bigi si è posta durante il lockdown e che ha generato un nuovo progetto che mutua da Jung il concetto di sogno come immagine primordiale, archetipo, in tedesco urtümliches Bild.

Silvia Bigi, urtümliches Bild #12, 87 x 135 cm, inkjet print, 2020

«Attraverso la coscienza, queste immagini vengono costantemente riadattate al momento storico nel quale ci troviamo, mantenendo tuttavia una carica simbolica universale senza tempo. Gli archetipi possono trasformarsi, potenziarsi, indebolirsi e persino estinguersi. Ad oggi, i sogni non sono ancora scomparsi, ma non è detto che questo non possa un giorno accadere, divenendo così una sorta di archeologia della memoria umana. Ho deciso dunque di rivolgere l’attenzione a queste immagini interne, partendo dalla creazione di un archivio dei sogni fatti durante i mesi di confinamento e raccontati da persone provenienti da differenti regioni del Pianeta, per poi codificarli attraverso un algoritmo di apprendimento automaticoaddestrato a produrre immagini sulla base di input testuali – che continuamente fallisce il suo compito. Le visioni affiorate, imperfette, surreali, prive di regole raffigurative e prospettiche, sono frutto della combinazione di archivi e datasets del nostro mondo: eppure appaiono così libere e prive di sovrastrutture da rappresentare il nostro immaginario interno meglio di come noi stessi potremmo mai rappresentarlo».

Silvia Bigi, urtümliches Bild (studio), 18 x 26 cm ciascuno (serie di 10), inkjet print, 2020

Presentato la scorsa estate al festival internazionale di visual narrative Cortona On The Move, l’archivio di sogni urtümliches Bild di Silvia Bigi si è aggiudicato la menzione speciale per la sezione fotografia del Premio Francesco Fabbri 2020.

Il lavoro sta lentamente sconfinando, andando oltre le ragioni per cui è nato. Negli ultimi mesi, ho realizzato infatti che l’universo di immagini archetipiche create dall’algoritmo può rappresentare il primo passo verso una nuova iconografia: un sodalizio tra inconscio umano e tecnologico, che può (e deve) condurre altrove. Le immagini di urtümliches Bild sono combinazioni “fallimentari” di fotografie prese dalla rete, rimescolate in modi imprevedibili fino a divenire qualcosa di completamente nuovo e inatteso. E se fosse proprio questo il futuro delle migliaia di fotografie che scattiamo ogni giorno? Se i nostri click non fossero altro che una sorta di alfabeto – o forse meglio di “inchiostro” – al servizio delle nuove tecnologie per la produzione di una nuova iconosfera? In questo caso l’artista potrebbe farsi tramite tra due mondi: un mondo atavico di simboli (fragilmente umano) e un mondo di dati e algoritmi che, insieme, tentano di connettere passato, presente e futuro. (Silvia Bigi, febbraio 2021)

Per leggere tutti i sogni in inglese: www.silviabigi.com/urtumlichesbild 

[Installazione sonora 60′]

INFO: www.silviabigi.com

LUISA CARCAVALE. The Lockdown People. Ritratti a distanza.

Professionista del ritratto fotografico di star del cinema e della musica per riviste come Elle, Vanity Fair, IO Donna, Luisa Carcavale ha iniziato il progetto The Lockdown People per colmare quel senso di astinenza che durante l’isolamento forzato risultava difficile da colmare. Inquadrare e scattare a distanza prima, amici artisti e artigiani poi, una rete di conoscenze legate dal comune senso di mancanza che li accomunava. «Materialmente lo scatto veniva realizzato attraverso un auto scatto, quando erano soli, o con l’aiuto di un loro parente, in entrambi i casi erano sempre diretti da me in remoto attraverso una videochiamata o la webcam» racconta in una recente intervista rilasciata al OMM Journal del turco Odunpazarı Modern Museum.

Luisa Carcavale, Krysteen, Creative film production and Actress, Nairobi, The lockdown people, Marzo 2020

Dagli scatti traspare il rigore estetico proprio dello stile di Carcavale dove una parte importante la svolge sia il soggetto ritratto sia lo spazio, l’ambientazione, gli abiti, gli oggetti, con cui inevitabilmente le persone vengono a contatto.
Uno sguardo doppio, di forma e di concetto, due sono le immagini accostate e due sono le visioni che, idealmente, si sovrappongono: interna ed esterna.
Attualmente il progetto si è fermato a maggio, quando la pandemia ha avuto la sua prima battuta di arresto ma The Lockdown People punta ad essere presto un libro e, forse, anche una mostra.

 

Luisa Carcavale, Davide, Art Director / Eboli, The lockdown people, Marzo 2020

INFO: www.luisacarcavale.it

 

*Segui tutte le Letture Pandemiche a questo link: https://www.espoarte.net/tag/letturepandemiche/

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