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AMBASCIATA ITALIANA A BERNA | MOSTRA ONLINE | 4 MARZO – 30 APRILE 2021

Quando Dante e Virgilio terminano il viaggio nel regno dell’Inferno, giungono su una spiaggia su cui si eleva il monte del Purgatorio. Dante, ancora sconvolto dalle tenebre infernali, si volge ad ammirare le stelle nel cielo e si accorge della presenza di un personaggio con una:  “lunga la barba e di pel bianco mista / portava, ai suoi capelli simigliante, / de’ quali cadeva al petto doppia lista.”[1] Si tratta di Catone Uticense, il quale, scambiandoli per due anime fuggite dall’Inferno, li rimprovera domandando loro il perché della loro presenza in quel luogo.
È ben risaputo quanto Dante Alighieri condannasse l’atto del suicido, al punto tale da voler collocare questi dannati in un girone infernale, caratterizzato da disumana drammaticità. Laddove le anime, vegliate da mostruose Arpie dal volto di donna e dal corpo di uccello, sono condannate a tramutarsi in una selva di sterpi legnosi, che se frantumati grondano di sangue. Il messaggio che emerge dalla Commedia è chiaro: il suicidio è un atto innaturale con cui si spezza il vincolo affettivo che lega l’uomo a se stesso, tuttavia, Marco Porcio Catone Uticense (95-46 a. C.), il custode del monte del Purgatorio, è un’eccezione. Quest’ultimo è un ardente difensore delle libertà, che cercò di perseguire sostenendo il pensiero liberale contro la tirannide, al punto tale, che quando comprese l’incessante ascesa di Giulio Cesare, decise di ritirarsi nell’isola di Utica, dove per non sopravvivere alla rovina politica, si suicidò.

Elena Bellantoni, Libertà va cercando. Courtesy the artist

Riprendendo la narrazione della scena ai piedi del monte del Purgatorio, Virgilio, rispondendo alle domande incalzanti di Catone, così giustifica la presenza di Dante: libertà va cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta.”[2]  Serve chiarire che il viaggio di Dante è finalizzato all’acquisizione della libertà morale e dello spirito, concetto attuale, quest’ultimo, che è il fondamento del sistema della società contemporanea. Tutto ciò prova come nella narrazione della Commedia, Dante è un uomo del suo tempo, che affronta temi che ancora si dibattono nel  XXI secolo. Ci si riferisce alla libertà linguistica dell’agire, del pensare e del parlare. Tutte forme d’azione queste, che sono estensione di libertà civili, le stesse per cui Catone sacrificò la sua vita. C’è da chiedersi ora, cosa sia la libertà. Ce lo spiega Virgilio chiarendo che la libertà è bene ultimo dell’uomo e per perseguirla si è disposti a sacrificare anche la propria vita.

Da queste riflessioni, riferibili anche alla commemorazione dei settecento anni dalla morte di Dante Alighieri, trova spazio la personale dell’artista Elena Bellantoni (Vibo Valentia, 1975), a cura di Antonello Tolve ed organizzata con il prezioso contributo dell’Ambasciatore Silvio Mignano e dall’Ambasciata d’Italia a Berna, in collaborazione con il Consolato Generale d’Italia Zurigo, il Consolato Generale d’Italia Lugano, il Consolato Generale d’Italia Ginevra, il Consolato d’Italia Basilea e l’Istituto Italiano di Cultura Zurigo.
L’esposizione, intitolata “Libertà va cercando, ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta” è stata inaugurata il 4 di marzo di quest’anno con la proiezione di quattro video: The fox and the Wolf: Struggle for Power (2014), Maremoto (2016), The Beauty and the Beast (2017) e Corpomorto (2020). Le opere selezionate per la mostra sono tutti visibili in sequenza sul canale YouTube dell’Ambasciata d’Italia a Berna, che mette inoltre a disposizione un documentario esplicativo del progetto.

Ad una siffatta selezione curatoriale, dove la Bellantoni è regista e performer, è interessante notare come la sequenza cronologica delle opere tende ad accentuare un’evoluzione continua nella pratica dell’artista. Lo stesso curatore, Antonello Tolve, a tal proposito afferma che nei lavori di Elena Bellantoni non c’è soltanto una costante evoluzione ma anche un preciso ripensamento, uno spostamento dell’angolo riflessivo o una ridefinizione (poetica, politica, etica, estetica) di problematiche che pongono sempre inevitabilmente al centro dell’attenzione il linguaggio, inteso come costruzione dell’opera e come luogo della communitas, della comunicazione interpersonale”[3].
Altro trait d’union tra i video selezionati è la riflessione sui temi della libertà e del linguaggio, che emergono sotto forma sonora, scritta, ma anche corporale. Ed è ben risaputo quanto la ricerca della Bellantoni trovi il fulcro d’indagine in questo argomento, che secondo la critica e storica dell’arte Benedetta Carpi De Resminidiventa un modo per l’artista di riappropriarsi del significato stesso di quelle parole che hanno agito nella storia”[4].

Elena Bellantoni, The Beauty and the Beast (2017), Video Full HD 5’25”, Courtesy the artist.

Questo processo di reinterpretazione storica del linguaggio si sviluppa nel video The Beauty and the Beast (2017), in cui una bambina, con una cartella sulle spalle, guarda le vetrine del Museo Civico di Storia Naturale di Milano dove sono esposti degli animali impagliati. La passeggiata viene accompagnata da una lettura di alcune parti del testo, La Banalità del Male (1963) di Hannah Arendt, che vengono modificate con l’eliminazione del soggetto di riferimento, il gerarca nazista, Adolf Eichmann, sostituito con Egli o Esso. Se si riflette circa quante volte da piccoli abbiamo eseguito l’atto dello scarabocchio, che vuole rimpiazzare e cancellare qualcosa, l’azione della sostituzione linguistica, eseguita dall’artista potrebbe essere scambiata con un gesto eseguito proprio da un bambino. Gianni Rodari ha ragionato su questa pratica, definendola come una forma di atto ludico chiamato “a sbagliare storie”[5], classificandola come la capacità di giocare con se stessi e di confrontarsi con le smisurate capacità del linguaggio. Considerandola, infine, come un atto terapeutico perché presuppone l’assunzione di una propria responsabilità rispetto alla storia sbagliata e deformata.

Corpomorto (2020), 4K 10’12”, Courtesy the artist Elena Bellantoni

Ritorna così il concetto di lingua duttile e plasmata in base al nostro modo di voler interrogare la realtà. Nel video Corpomorto (2020), girato nel mare di Puglia, la Bellantoni compone una frase sulla superficie marina con delle lettere dello stesso materiale dei salvagenti delle scialuppe di salvataggio delle imbarcazioni. L’azione performativa è complessa, perché prevede il fissaggio sul fondo marino di pesanti ancoraggi, chiamati appunto “corpi morti”. Anche qui si torna a giocare sull’ambivalenza della parola “corpo morto”, elemento nautico che indica un oggetto utilizzato a mo’ di ancoraggio per una boa, ma anche, nel linguaggio mass mediale, per riferirci a quel che resta di un naufragio a largo delle acque del Mar Mediterraneo. La variabilità interpretativa diventa ancora più evidente, quando alla fine del video, l’artista è distesa sulla barca circondata da una frase resa equivocabile dagli omografi: “ancora – interpretabile anche come àncora – corpo morto tra cielo e terra coraggio”.

Elena Bellantoni, Corpomorto (2020), 4K 10’12”, Courtesy the artist

Nei video presenti nella mostra emerge un’attrazione emotiva dell’artista verso il mare, elemento ricorrente in tutta la produzione e che lei stessa motiva con queste ragioni: “Per me il mare ha un carattere autobiografico, ma è anche sinonimo di aspetto salvifico e fortemente simbolico. Attualmente vivo a Roma, anche se per molto tempo ho vissuto lontano dalla mia terra, ma ho origini calabresi e sono mediterranea. Inoltre, il mare è intriso di elementi fortemente simbolici, psicoanalitici e geopolitici. Nella lingua francese la parola “mère” significa madre, ma un solo troncamento può tramutarlo in “mer”, ovvero mare. Quindi il mare è grembo materno, ricorda il liquido amniotico.”[6]

Elena Bellantoni, Maremoto (2016), Video full HD 6’46”, Courtesy the artist

Un’altra caratteristica che accomuna i video selezionati dalla regia curatoriale di Antonello Tolve è la forte valenza poetica con cui vengono affrontati temi complessi quali la transitorietà, l’appartenenza, questioni geopolitiche, sociali e migratorie. Nel video Maremoto (2016) la poeticità è altissima: l’artista pedala su una spiaggia siciliana proprio di fronte al litorale delle coste africane, cavalcando le onde marine con una bicicletta fino a che la sua figura scompare sott’acqua. A seguire, ecco un uomo vestito allo stesso modo dell’artista, si tratta di Ibrhaima, un ragazzo arrivato a Lampedusa dal Senegal, la cui voce nella lingua dialettale Pulaar, accompagna tutta l’azione performativa.

A questo punto risulta utile riportare una riflessione sull’atto performativo di Elena Bellantoni, che secondo Antonello Tolve è una “struttura oggettuale che sposta continuamente l’ago visuale da una topia all’altra”[7]. Sempre lo stesso, a riguardo su quali sono le tipicità della pratica dell’artista che più lo hanno affascinato, afferma: “è avvolgente l’intero suo operato, precisato da una certa determinazione, da una certa dolcezza pungente e da un certo coinvolgimento emotivo che ci fa capire l’autenticità di questa artista che si mette sempre in gioco, che fa sul serio, che non finge mai.”[8]

Elena Bellantoni, Maremoto (2016), Video full HD 6’46”, Courtesy the artist

Proprio questi ultimi caratteri di “dolcezza pungente e coinvolgimento emotivo” che emergono dalle parole del curatore Antonello Tolve sono peculiarità che si possono ritrovare anche nelle terzine della Commedia, stabilendo così un legame ancora più stringente con le strofe dantesche. Anche il tema della libertà linguistica, caro alla Bellantoni, è ravvisabile nella scelta dantesca di comporre la Commedia in lingua volgare e non in latino, preferenza già rintracciabile nel trattato De vulgari eloquentia, in cui il Poeta induce i dotti ad avvalorare la lingua volgare. Tale scelta è da considerarsi un atto d’amore verso unidioma che stava cercando di affermarsi anche negli ambienti culturali più colti, dove invece veniva privilegiato il latino. Nel contesto di questo sperimentalismo linguistico rientra l’esperienza del “dolce stil novo”, riassunto nella Commedia nell’incontro tra Dante e il poeta Bonagiunta Orbicciani nel girone infernale dei golosi. Al poeta cortese, Dante espone il suo modo di far poesia così diverso dal suo far rime, basato sul principio dell’intendere il mondo come una esperienza assoluta: “I’ mi son un, che quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch’e’ ditta dentro vo significando”. [9] Orbene, come la poesia dantesca è caratterizzata da una associazione tra dolcezza stilistica e significazione razionale, anche la produzione artistica della Bellantoni testimonia questo approccio con la realtà esposta.

Ecco quindi che le scene visive della Bellantoni suggeriscono un sentimento poetico, nonostante le tematiche affrontino questioni etiche, sociali e storiche complesse. Così, anche se i linguaggi messi a confronto sono diversi, poesia e filosofia si incontrano sotto un’unica egida, quella della libertà. All’artista non importa risolvere il confronto, le interessa piuttosto rilevare lo status del rapporto tra i diversi idiomi. È di interesse riportare la valutazione di Giorgio Agamben, il quale, domandandosi se esiste una lingua della poesia e della filosofa, precisa che in realtà “Come la poesia, la filosofia dimora integralmente nel linguaggio. [Sono come] due tensioni nel campo della lingua, che s’incrociano in un punto.”[10]

Elena Bellantoni ,The fox and the Wolf: Struggle for Power (2014), Video Full HD 8’44”, Courtesy the artist

Come sopra accennato da Agamben, nel momento del confronto può sorgere uno stato tensionale, che, volendo considerare il corpo come forma di linguaggio, si trasforma in tensione corporale. Quest’ultimo aspetto è espresso in un altro video della Bellantoni, The fox and the Wolf: Struggle for Power (2014) acquisito nella collezione d’arte del Ministero degli Affari Esteri della Farnesina, dove tra l’altro è stato girato. L’opera raffigura due ballerini di tango con i volti coperti da due maschere animali, la volpe e il lupo. I protagonisti sembrano inscenare un duello che viene accompagnato da una voce in lingua inglese, che recita un testo scritto dall’artista, dove tornano in maniera preponderante i termine “fox” e “wolf”, secondo  un’orchestrazione linguistica con riferimenti letterari antropologici, psicologici e fiabeschi.

C’è da chiedersi, dunque, cosa traspaia da questo progetto che unisce due mondi lontani sette secoli: una riflessione sul tema della libertà, sia essa linguistica che spirituale, la cui privazione può generare un insieme di sentimenti contrastanti. Quando nel 1302 Dante subisce la condanna a morte in contumacia intimatagli dal podestà di Firenze[11] intuisce bene che la condizione di esule lo accompagnerà per tutta la vita, costringendolo a spostarsi in diverse città in cerca di ospitalità e protezione. Così, quando sarà ospite nella città di Verona, verosimilmente presso l’abitazione di Cangrande della Scala[12], si trova a vivere una libertà negata, ferita ed ancora fortemente desiderata, predetta dal suo trisavolo Cacciaguida con queste parole: “Tu proverai come sa di sale / lo pane altrui, e come è duro calle / lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale”[13].  Ed anche qui si ritorna in un punto di incontro tra la poetica delle due realtà: Dante uomo medievale che vede nel pane amaro il simbolo del non ritorno nella propria patria amata e l’artista Elena Bellantoni, che ha svolto attorno a questo alimento, il progetto On The Breadline, letteralmente “linea di pane”, vincitore dell’Italian Council (2018) e sviluppato nelle città di Belgrado, Atene, Istanbul e Palermo.

Per visualizzare il documentario realizzato in occasione del progetto dall’Ambasciata d’Italia a Berna:  https://www.youtube.com/watch?v=EIivcSwBQcY&t=1440s

Per visualizzare il canale Vimeo con i video di Elena Bellantoni: https://vimeo.com/user1954949

 

[1] Dante Alighieri, Commedia, I Canto del Purgatorio, Letteratura Italiana Einaudi, a cura di Giorgio Petrocchi, Einaudi, Mondadori, Milano, 1966-67, p. 147

[2]  ivi, p. 148

[3] Intervista scritta rilasciata dal Professor Antonello Tolve il 18/3/2021

[4] Elena Bellantoni, On the Breadline, a cura di Benedetta Carpi De Resmini, Quodlibet, 2019, p. 19

[5] Gianni Rodari, Grammatica della fantasia, Introduzione all’arte di inventare storie, Einaudi ragazzi, 2013, pp. 70-71

[6] Intervista telefonica rilasciata da Elena Bellantoni il 16/3/2021

[7] Intervista scritta rilasciata dal Professor Antonello Tolve il 18/3/2021

[8] ibid.

[9] Dante Alighieri, op. cit., XXIV Canto del Purgatorio, p. 250

[10] Giorgio Agamben, Quando la casa brucia, Giometti & Antonello, Macerata, 2020, p. 18

[11] Alessandro Barbero, Dante, Editori Laterza, 2020, p. 157

[12]  ivi, pp. 184-185

[13]  Dante Alighieri, op. cit, XVII Canto del Paradiso, p. 370

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