Non sei registrato? Registrati.

Intervista a DRIANT ZENELI di Eleonora Roaro*

Driant Zeneli – ph. Manila Harizi

Come possiamo spingere i confini della nostra immaginazione senza diventare dei supereroi, si chiede Driant Zeneli (Shkoder, Albania, 1983) che, attraverso l’uso di diversi media, in particolare film e performance con un’importante componente installativa, fa della propria pratica artistica una modalità di ridefinizione dell’idea di fallimento, utopia e sogno. When Dreams Become Necessity (Quando i sogni diventano necessità) recita, ad esempio, il titolo della trilogia di lavori presentati alla GAMeC di Bergamo dal 17 gennaio al 24 febbraio 2019: sono tre film in cui saltare nel vuoto, volare con il parapendio, lanciarsi a tutta velocità agganciato a una teleferica, sono azioni che permettono di immaginare strade ancora inesplorate. Già nel 2011 rappresenta, assieme ad altri artisti, l’Albania durante la 54. Biennale di Venezia; nel 2019 è nuovamente a Venezia con il progetto Maybe the cosmos is not so extraordinary, esposto negli spazi dell’Arsenale. L’installazione del Padiglione Albania è un viaggio spaziale geopolitico che, con tinte favolistiche e attraverso la creazione di un ambiente immersivo, mette in scena la scoperta da parte di un gruppo di adolescenti di Bulqizë di una capsula cosmica che segue il percorso del cromo e dei suoi processi di lavorazione, dall’estrazione alla lavorazione, fino alla sua esportazione. Ne abbiamo discusso con l’artista…

Driant Zeneli, Maybe the cosmos is not so extraordinary, 2019, installazione video a due canali, 10’19”, still da video. © l’artista e Prometeogallery di Ida Pisani, Milano/Lucca

Maybe the cosmos is not so extraordinary (Forse il cosmo non è così straordinario), alla luce del titolo della Biennale di Ralph Rugoff, May You Live in Interesting Times, appare come una provocazione…
Il titolo del padiglione albanese può essere una risposta a quello generale della Biennale ma nasce dal romanzo Sulla via per l’Epsilon Eridani dello scrittore e fisico albanese Arion Hysenbegas. Quando la scorsa estate è stato comunicato il progetto di Ralph Rugoff mi sono domandato: stiamo vivendo veramente dei tempi interessanti? Penso che ogni momento lo sia, che abbia le sue bellezze e le sue follie. Quando penso alla cosmologia, al momento in cui ti allontani dal nostro pianeta e vedi le cose dall’alto, nulla può essere considerato straordinario. Ogni cosa fa parte di un processo di gravità e di movimento della Terra. Non solo gli alberi e le nuvole, ma anche noi, con i nostri momenti di fiducia e le cadute delle utopie. Il cosmo siamo noi, nient’altro.

Driant Zeneli, Maybe the cosmos is not so extraordinary, 2019, installazione video a due canali, 10’19”, still da video. © l’artista e Prometeogallery di Ida Pisani, Milano/Lucca

Quale luogo è stato scelto per l’ambientazione del video e quali sono le sue peculiarità?
Il lavoro è ambientato nelle miniere di Bulqizë, una città a nord-est del mio Paese dove, dal 1918, viene estratto il minerale del cromo. L’Albania è famosa per il metallurgico, in particolare per il ferrocromo, che è un materiale che viaggia verso tutti i paesi del mondo e viene usato per diverse cose, dalle chiavi di casa alle navicelle spaziali. La maggior parte dell’economia del Paese si basa sull’estrazione di questo minerale naturale, che è la seconda risorsa più importante insieme al petrolio. Mi interessa la metafora di questo materiale che, dal ventre della montagna, viene esportato in tutto il mondo.

Driant Zeneli, Maybe the cosmos is not so extraordinary, 2019, installazione video a due canali, 10’19”, still da video. © l’artista e Prometeogallery di Ida Pisani, Milano/Lucca

Il racconto fantascientifico di Hysenbegas è collegato anche al progetto multidisciplinare Beneath a Surface There Is Just Another Surface presentato da Prometeogallery lo scorso anno, cui è seguito il progetto per il Padiglione Albania…
Il progetto è nato in maniera abbastanza casuale quando, dopo il mio ritorno in Albania nel 2015, la M.A.M Foundation mi ha invitato a pensare ad un progetto specifico per Metalurgjiko, una ex zona industriale realizzata negli Anni ’70 a Elbasan, che si trova a una cinquantina di chilometri da Tirana, ed è la più grande nata durante il comunismo. Mi interessava capire come viveva questa comunità la cui esistenza è legata a quest’area molto vasta dove si produceva il ferrocromo. Da qui nasce l’opera It Will not Possible to Leave Planet Earth Unless Gravity Existed, in collaborazione con Mario, un amico d’infanzia con la passione per il volo e per la costruzione di aerei, incontrato dopo tanti anni. Durante le riprese, conosco Bujar e Flora, padre e figlia che raccolgono le scorie di cromo e di carbone per poi venderle, e di cui racconto la storia in And Then I Found Some Meteorites in My Room. In questo lavoro, a sua volta Bujar cita un libro di fantasia, Sulla via per l’Epsilon Eridani. Inizio a leggerlo. Da questo libro sono nati anche i disegni legati ai dialoghi degli astronauti. Sono tutti datati 2018-2474.

Driant Zeneli, Beneath a surface there is just another surface, 2018, veduta della mostra, Prometeogallery di Ida Pisani, Milano, 2018

Come mai hai scelto, per Maybe the cosmos is not so extraordinary, dei protagonisti pre-adolescenti?
Ho voluto costruire una storia con dei ragazzini attorno ai dieci e dodici anni collegati alla storia di Metalurgjiko, che rappresentano quello che si può immaginare del futuro.
Le voci narranti del film sono Flora e Bujar, gli stessi del lavoro And Then I Found Some Meteorites in My Room. E poi c’è un altro personaggio, che spesso è presente nei miei lavori, ad accompagnarli nel viaggio: il drone.

Ci sono infatti due punti di vista sulla stessa scena, quello dei ragazzi e quello del drone…
Come dicevo, il drone – che nasce come elemento legato alla guerra e al controllo – è un personaggio che segue i protagonisti fino a quando arrivano nel cuore della montagna dove appoggiano e nascondono la sfera costruita da Mario. Da un punto di vista tecnico, si tratta di una proiezione su due canali, che in realtà sono concettualmente un unico film: la scena viene ripresa da due punti di vista diversi. Utilizzo due immagini simultanee, che a volte sono connesse e altre scollegate, per creare una narrazione lineare.

Driant Zeneli, Beneath a surface there is just another surface, 2018, veduta della mostra, Prometeogallery di Ida Pisani, Milano: And Then I found some meteorites in my room, 2018

In che relazione sono gli elementi installativi con la video-proiezione?
Con la curatrice Alicia Knock abbiamo pensato che era più interessante realizzare una video-scultura e non un semplice film, a partire dal modo in cui sono sospesi i due schermi. I cavi usati nell’installazione sono gli stessi in cui viaggia il cromo, che nella fabbrica sono molto più piccoli: in mostra sono esagerati, fuori scala. È un’opera pensata non per essere fotografata, ma vissuta. Oggi moltissimi lavori vengono realizzati solo per essere instagrammati. È un’altra esperienza quando ti immergi nel suono e hai la sensazione dei piedi che stanno per sprofondare quando le persone si muovono nel pavimento. È come la perdita di gravità, una cosa invisibile che puoi solo percepire fisicamente.

*Intervista tratta da Espoarte #106.

58. Biennale di Venezia
Padiglione Albania
Driant Zeneli. Maybe the cosmos is not so extraordinary
Curatore: Alicia Knock
Commissario: Ministero della Cultura della Repubblica d’Albania
Sede: Arsenale
Info: driantzeneli.com/albanian-pavilion-2019/

Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •