TEMPO DI BILANCI
di Alberto Gianfreda
La fase tre è arrivata assieme alla conclusione dei corsi accademici e con questa, senza che il tempo ci permettesse di sedimentare l’esperienza, anche il tempo dei bilanci. In quest’ultimo scritto, che prepara lo spazio ad altre voci per Didattica dell’arte in quarantena, restituisco un piccolo spaccato di diversi punti di vista, partendo dalla mia esperienza, passando per quella dei miei studenti e concludendo con il pensiero di alcuni colleghi.
A chi durante il lockdown mi ha chiesto come mi sentissi, se stavo lavorando alle mie sculture, se ero pervaso dallo “spirito creativo”, come se questo viaggiasse a braccetto con il dramma invece che con la gioia, ho potuto solo rispondere che l’unico momento della giornata in cui la mente si organizzava lucidamente erano le ore trascorse con gli studenti. Eravamo fisicamente distanti e senza materia della scultura ma nella piena profondità di un confronto che si alimentava della stessa aria buona che si respira quando siamo nelle aule dell’Accademia. Il gruppo avanzava consapevolmente in una direzione comune cercando risposte ad una difficoltà condivisa, fino a sentire il bisogno di avanzare anche nei giorni di festa. Questa determinazione nel procedere senza fermarsi mi ha reso lampante una specificità dell’alta formazione artistica: passare una nozione non equivale a dare un’informazione ma piuttosto a tenere viva una memoria! Allora essere a lezione a Pasqua, all’anniversario della liberazione o nella ricorrenza dell’Unità d’Italia è stata l’occasione di provare il nesso tra fare formazione e trasmettere memoria, e capire cosa significhi impastare il passato con il futuro. Fare didattica nei dì di festa inneggia, nel modo migliore, alla memoria di quel giorno che collettivamente decidiamo di ricordare, mentre ci getta in avanti nel desiderio di immaginare il domani investendo, con nitida chiarezza la didattica, di quella responsabilità, a volte sopita o data per scontata, di legarsi al contesto fisico e sociale a cui si svolge.
Maturata questa consapevolezza abbiamo aperto la nostra aula virtuale a colleghi di accademie europee invitandoli a condividere con noi la loro esperienza della didattica durante il lockdown. Eravamo certi che questo sarebbe stato un indispensabile confronto ma anche l’impegno della didattica nella costruzione di una comunità europea a partire dalla formazione artistica. Tra gli interventi ascoltati riporto quello di Alessandra Saviotti, dottoranda presso la Liverpool John Moores University – School of Art and Design che ha fatto emergere, inatteso, il punto di vista degli studenti. Saviotti ha posto al gruppo una delle domande che Bruno Latour ha elaborato nei suoi “tavoli di lavoro”( http://www.bruno-latour.fr/node/852.html):
“Che cosa non vorresti che ripartisse dopo il coronavirus?”
Circa cinquanta studenti organizzati in sei gruppi hanno espresso quasi all’unisono il desiderio di poter procedere con la didattica online argomentando questa risposta con l’innalzamento dell’attenzione, il risparmio di fatica negli spostamenti e il conseguente aumento di tempo a disposizione da dedicare alla propria ricerca. A corroborare questa risposta, in parte sorprendete, la scelta degli studenti fuorisede che hanno deciso di non tornare a Milano quando è stato possibile, preferendo restare nelle case di famiglia, nei loro quartieri, vicini ai loro affetti.
E chi lo spiega adesso a voci autorevoli che su testate nazionali affermavano solo pochi giorni fa che: “Solo l’incontro con gli studenti, in aula, può dare un senso forte all’insegnamento e alla vita stessa di un docente”. (I docenti, gli studenti e la nostalgia del primo incontro, Nuccio Ordine, Corriere della Sera del 23 aprile 2020).
Si moltiplicano e dividono invece le posizioni nella rosa estesa dei docenti di Brera, superando nelle risposte qualsiasi tipo di attesa legata alla disciplina insegnata. Docenti di materie teoriche sostengono la necessità di stare nelle aule a contatto con gli studenti, diversamente da quello che avremmo potuto immaginare. Docenti di pratiche laboratoriali, invece, hanno scoperto e sostengono le potenzialità di una didattica a distanza proprio in favore della costruzione di uno spazio e di un tempo che non soffra il palinsesto dei numerosi corsi tra cui gli studenti devono correre e spostarsi. Ignazio Gadaleta, docente di pittura, nel suo intervento in collegio accademico, ha evidenziato che con la didattica online lo studente si è immerso maggiormente nella propria pratica, ed è rimasto concentrato più di quanto non riuscisse a fare nelle proprie aule, trasformando la casa in uno studio. Una situazione che, per lui, ha dato vita ad un fenomeno inedito e interessante che ha nominato “ateliers diffusi”. Una definizione che lascia immaginare una trama espansa di laboratori nella città dove la formazione si mescola con l’abitare.
Sguardi differenti, aperture e resistenze che lanciano la didattica dell’arte in una nuova era con la consolidata consapevolezza che le accademie, virtuali o reali che siano, sono un luogo, probabilmente non perfetto, ma dove è possibile stare, riconoscersi e avanzare come comunità. Un luogo in cui si realizza l’incontro della pratica con la riflessione, generando visioni inedite che partono dall’ascolto della storia (dell’arte) con la stessa attenzione con cui ascolteremmo la voce di un padre che ci dice da dove arriviamo, mentre trova forma il futuro di tutti con la cura di quello di ciascuno di noi. Non ci è dato sapere se sarà l’arte a salvare il mondo ma sicuramente la formazione artistica e i nostri studenti potranno dare un grande contributo per fare Bello il mondo, perché lo ascoltano, lo immaginano e soprattutto non mancano di realizzarlo.
Leggi anche:
Didattica dell’arte in quarantena #1 – Webcam, l’immagine di una comunità senza spazio
Didattica dell’arte in quarantena #2 – Se la materia ha bisogno di essere raccontata
Alberto Gianfreda nasce a Desio (MB) nel 1981. Nel 2003 si diploma in scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove si specializza nel 2005 in Arti e Antropologia del Sacro. Dal 2005 collabora con l’Accademia di Belle arti di Brera di Milano presso la quale è attualmente docente di Tecniche per la scultura. Per la stessa istituzione ha ideato e coordinato il progetto MI VIDA experiment indagando i temi della didattica e dello spazio. Nel 2014 fonda assieme ad un gruppo di altri artisti e la curatrice Ilaria Bignotti il movimento Resilienza italiana.
Gianfreda dedica studio e ricerca al linguaggio della scultura, indagando le connessioni tra i temi della resilienza e dell’identità. Cerca nella capacità di adattamento della materia, attraverso sistemi di assemblaggio mobili, irripetibili variazioni formali che rendono la scultura unica in uno specifico momento.