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Vi ricordatate? Sul numero 60 (agosto-settembre 2009) avevamo incontrato Pescegatto, Guardiano VII e l’Oca gigante in volo tutti made in Ganzamonio (una porzione di pianura imprecisata tra Modena, Ferrara e Bologna). Oggi Denis Riva è in mostra da Valente Arte Contemporanea di Finale Ligure (SV) con i suoi Animali di pianura. «In mostra troverete, tutti vicini tra loro, animali che convivono nello stesso territorio, la pianura, ma che purtroppo sono destinati come molti altri a scomparire – racconta Denis – Cerco di donare a questi ritratti quella forza che hanno gli animali nella realtà, quando ti si posano davanti per sparire subito dopo; è proprio quell’attimo che cerco di cogliere e trasmettere in queste opere». Sarà questa l’energia da cogliere e trattenere, il senso onirico dell’esistere?

Francesca Di Giorgio: Mi hai ricordato che il 2010 è l’Anno Internazionale della Biodiversità – e lo celebri dedicando gran parte del tuo lavoro a sostegno della natura – e hai affermato che per te la contaminazione con la metropoli sarebbe troppo traviante. Come scrive J.J. Rousseau nell’Emilio ti troveresti «come un arboscello che il caso fa nascere in mezzo ad una strada, e che i passanti fanno perire presto, urtandolo da ogni parte e piegandolo in tutti i sensi»?
Denis Riva: Prese con il contagocce le contaminazioni sono importanti, cerco sempre di apprendere le cose per arricchirmi ma senza snaturare troppo quello che sono. Mi capita di vagare nelle grandi città, continuamente circondato da stimoli e persone interessanti, lì è il centro di tutto ed è più semplice espandere il proprio lavoro e conoscerne approfonditamente altri. Ma la contaminazione da metropoli a lungo andare diventa intossicazione e sento la necessità di tornare a stretto contatto con la natura, elemento raro negli ambienti brutalmente antropizzati. Se fossi quell’arboscello cercherei forza nella terra, sotto al cemento, sporcherei i passanti di resina, ospiterei esseri viventi, diventerei un albero e in un atto di estremo altruismo, farei ombra alla gente.

Il tuo amore per il territorio, il senso di appartenenza che ha visto crescere e osservare le forme di vita in evoluzione, ha un sapore antico e richiama il legame e la conoscenza che i “saggi” hanno con la propria terra. Solo se si osserva bene il reale si può volare con la fantasia?
In tutto quello che vedi ed analizzi a fondo puoi trovare lo splendore della vita ma è la natura che racchiude in sé la perfezione delle cose. Vedere una Nutria Albina a pochi metri di distanza è una visione che stimola molto la fantasia. La realtà è fatta di elementi e relazioni complesse, osservarla e cercare di comprenderla è un atto fortemente immaginifico. Quando dipingo utilizzo diverse sostanze, le amalgamo, osservo e dirigo la loro trasformazione, come un chimico o un cuoco fanno, fino a trovare la giusta conclusione. Solo così l’opera è carica di energia materica e spirituale.

Intorno ad alcuni dei tuoi animali potrebbe nascere una storia e, visto il tuo rapporto favorito con la carta, un libro, una sorta di carnet de voyage che stimoli l’immaginazione. Come unisci la scrittura al linguaggio visivo, appunti frasi e parole accanto ai disegni e alle pitture?
Intorno a tutto quello che faccio ci sono storie che si mescolano e si reinterpretano continuamente, che formano un unicum e si disgregano per ricostruirsi ancora. La carta è l’elemento fondamentale. Sono un miscuglio di tanti movimenti messi insieme e la scrittura è sempre stata una componente importante sia della mia poetica sia della mia visione estetica delle opere. Da un po’ di anni ho iniziato ad utilizzare caratteri tipografici in legno, o scarti di lettere di insegna luminosa da esterno, come nel caso del Mangialettere contro M, o nel caso di assemblaggi come le Domeniche di pianura. Spesso nei disegni, nei collage su tela o su legno lascio spuntare frasi, parole, conti o storie, ricerco continuamente carte invecchiate che, oltre ad avere un fascino estetico sublime, a volte contengono storie scritte a mano alle quali dono nuova vita, sono loro ad esaltare maggiormente l’opera. Ultimamente ho realizzato opere con l’utilizzo di diversi timbri, le molteplici sovrapposizioni della scritta diventano poi un oggetto o un animale il tutto condito da forte carisma fisico e azione teatrale.

Sul tuo sito (www.denisriva.com) in homepage si legge: «Denis Riva. 100% lepre» Come la descriveresti a chi non ne ha mai vista una?
Volevi dire: a chi non ne ha mai visto uno di lepre. Non trovi che abbia un suono più familiare?
Io l’ho sempre chiamato al maschile e ho scoperto che anche lo scrittore Rigoni Stern la pensa così; è un animale notturno e a volte se sei in macchina e stai percorrendo una strada di campagna te lo vedi spuntare davanti, inizia a correre nella tua stessa direzione seguendo i fari, poi si fionda di nuovo nei campi per scomparire avvolto dalla nebbia. Di solito è in corsa, deve continuamente fuggire da ogni cosa, ma a volte si ferma ad osservare il mondo, in questi attimi se vi capiterà di vederne uno da vicino, vi accorgerete che il Lepre emana un’energia pura e selvaggia e potrete per qualche secondo perdervi nel suo sguardo triste e infinito.

La mostra in breve:
Denis Riva. Il senso onirico dell’esistere
VALENTE Artecontemporanea
Via Barrili 12, Finale Ligure (SV)
Info: +39 019 680343
Fino al 25 Aprile 2010

In alto da sinistra:
Pettirosso, 2009, acrilico e pastello su tela, cm 70×100
Rana Toro, 2009, acrilico e pastello su tela, cm 50×70

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