Non sei registrato? Registrati.
PIEVE DI SOLIGO (TV) | VILLA BRANDOLINI | 6 maggio – 25 giugno 2021

Intervista a CARLO SALA di Giorgia Bergantin

Finalmente la Fondazione Francesco Fabbri di Pieve di Soligo (TV) ha riaperto le porte al pubblico, negli spazi di Villa Brandolini, presentando la mostra Danae Revisited a cura di Carlo Sala. L’esposizione desidera porre in dialogo l’arte contemporanea, con diciannove pittori, e l’arte del passato, mostrando per la prima volta la nuova acquisizione della Fondazione: il dipinto della Danae, del pittore Rococò Antonio Bellucci. Nei giorni precedenti all’inaugurazione, abbiamo dialogato con il curatore…

Antonio Bellucci, Danae, courtesy Fondazione Fabbri. Foto: © gerdastudio

Perché unire passato e presente, arte moderna e arte contemporanea? Quali sono state le principali motivazioni che ti hanno spinto a curare questa mostra collettiva?
Due anni fa mi sono accorto che nel mercato delle aste era in vendita un’opera con a tema la figura mitologica di Danae del veneziano Antonio Bellucci (1654-1726), autore che in vita ebbe grande fama soprattutto nelle corti del nord Europa dove vi era un grande interesse per la scuola veneta. Il pittore concluse i suoi giorni nel territorio – a cui era legato per motivi familiari – dove opera la Fondazione Francesco Fabbri. Dopo l’acquisizione di questo dipinto da parte della Fondazione, il cui scopo principale è la diffusione dell’arte contemporanea, ho pensato che potesse essere interessante mettere in dialogo questo pittore con una serie di autori contemporanei per creare un rapporto dialogico tra passato e istanze del presente.
Nella mia pratica curatoriale mi interrogo spesso sullo statuto dell’immagine e mi sento molto legato al pensiero di due grandi storici dell’arte, Aby Warburg e Georges Didi-Huberman. In particolare, Warburg ci ha insegnato come i topoi iconografici del passato riemergano in tempi distanti. Didi-Huberman, invece, considera le immagini come degli oggetti “sovradeterminati”, che conservano in essi le stratificazioni di tempi diversi. Un’immagine raccoglie i segni dell’oggi, ma anche delle culture che ci hanno preceduto.
Trovo stimolante prendere una figura della tradizione iconografica come Danae e vedere quale significato possa assumere nel mondo contemporaneo. Fin da subito ho notato che tale narrazione è ininterrottamente presente dall’antichità fino al periodo moderno, con l’ultima grande rappresentazione di inizio Novecento a opera di Klimt, e poi solo qualche caso isolato.
Mi sono quindi chiesto: cosa può significare Danae oggi? La nostra eroina non è mai stata una figura neutrale, e a seconda delle sue trasposizioni è divenuta una sorta di “cartina tornasole” della forma mentis del tempo, specie nei confronti della condizione della donna nella società: in certe Danae di fine Quattrocento ci appare come una proto-madonna, viceversa già durante il Cinquecento e con il Manierismo diviene un oggetto del desiderio. Far riflettere i diciannove pittori su questo tema, considerando anche il forte dibattito speculativo attorno ai gender studies, lo considero un modo per porsi una serie di interrogativi sul nostro presente. Il mito non è qualcosa di neutrale, ma un possibile punto di partenza per aiutarci a comprendere il tempo che stiamo vivendo. È stata una sfida coinvolgente per gli artisti, poiché quasi nessuno di loro aveva mai affrontato questo argomento.

Danae Revisited, veduta della mostra, opere di Nebojša Despotović. Courtesy Fondazione Fabbri. Foto: ©gerdastudio

Gli artisti coinvolti in questo progetto espositivo hanno interpretato la figura di Danae nei modi più svariati: chi rimanendo più fedele alla tradizione iconografica e narrativa, chi creando un nuovo immaginario lontano dall’antico. In questo periodo ricco di complessità e limitazioni, come ti sei relazionato con loro soprattutto durante la fase di ricerca, creazione o individuazione delle opere da inserire nella mostra?
Con gli artisti ho agito secondo un doppio binario: da un lato fornendo tutti gli strumenti scientifici per lavorare, quindi testi, riferimenti bibliografici e fonti iconografiche, dall’altro dando totale libertà d’azione, compresa la possibilità di tralasciare qualsiasi criterio filologico. Le rese che hanno proposto sono state molto diverse: alcune più consone alla tradizione, con uno studio attento della struttura iconografica (in primis quella tizianesca), altre più legate alla propria vicenda personale, come l’artista Shafei Xia, che si è immedesimata nella stessa Danae, oppure Zehra Doğan, che ha presentato delle figure femminili forti, che combattono per i loro diritti. In mostra vi è anche una polisemia mediale e, oltre ai dipinti, è esposto un affresco di Nicola Samorì e un’opera di Matteo Fato che si interroga sullo statuto della pittura e la espande nello spazio per assumere una forma scultorea.
Data la situazione sanitaria questa mostra è stata una delle pochissime del mio percorso curatoriale in cui, nella fase preparatoria, non ho potuto visitare gli studi degli artisti e vedere le opere dal vivo. Grande è stata la sorpresa dello svelamento e l’emozione durante l’allestimento.

Danae Revisited, veduta della mostra, opera di Nicola Samorì “Beccatoio”. Courtesy Fondazione Fabbri. Foto: ©gerdastudio

Le opere della mostra sono state tutte realizzate appositamente per questo progetto?
Ho lasciato libertà agli autori di scegliere se realizzare una nuova opera o risignificarne una già esistente. Quasi la totalità degli artisti ha voluto cimentarsi in una nuova creazione, qualche autore invece, conducendo una riflessione di tipo teorico, ha voluto rileggere un proprio dipinto dove vi erano delle affinità con la vicenda di Danae per quel che concerne la condizione della donna, ma anche sul tema del potere e del denaro.

Shafei Xia, Do you want to play with me, 2021, Acquarello su carta di sandalo intelata, foto C. Favero. Courtesy P420, Bologna

In occasione della mostra uscirà anche la pubblicazione “Danae. Bagliori del mito”, un numero di Engramma (la rivista del Centro studi ClassicA dell’Università IUAV di Venezia) interamente dedicato alla figura di questa eroina greca, con contributi di importanti studiosi di vari ambiti disciplinari. Puoi fornirci qualche informazione aggiuntiva sul tipo di contenuti presenti in questo approfondimento? Consideri questa fonte un supporto per una lettura completa della mostra?
Quando è iniziato il progetto abbiamo attivato un proficuo dialogo con la rivista universitaria Engramma, e in particolare con la Prof.ssa Monica Centanni, che ha portato alla realizzazione di un numero monografico che analizza la figura di Danae attraverso varie discipline. Uno dei primi saggi, di Maria Grazia Ciani, nota traduttrice dell’Iliade e dell’Odissea, riporta le fonti originali testuali antiche del mito di Danae, alcune delle quali inedite per questa occasione. Un altro saggio, firmato Lorenzo Gigante, analizza il dipinto acquisito da Fondazione Fabbri. A chiudere il volume, è una mia recensione di una delle ultime trasposizioni contemporanee di Danae realizzata da Vadim Zakharov, artista della scuola concettuale moscovita, che al Padiglione russo della Biennale nel 2013 realizzò un’installazione performativa complessa che delineava un’allegoria del sistema economico e mediatico internazionale.

Danae Revisited, veduta della mostra, opera di Barbara De Vivi “Golden hour”. Courtesy Fondazione Fabbri. Foto: ©gerdastudio

Il posticipo dell’apertura di Danae Revisited dev’essere stato frustrante, ma avremo l’occasione di scoprire finalmente e nuovamente la bellezza e la potenza dell’arte.
Nei mesi scorsi la mostra è stata rimandata più volte, ma come Fondazione Fabbri pur nelle difficoltà abbiamo voluto portare a compimento il progetto perché crediamo fortemente nella cultura come strumento di welfare per le persone. Sono certo che la gente abbia un grande bisogno di ritrovare quelle suggestioni che l’arte può dare nel confronto dal vivo.

Iva Lulashi, IBIDEM, 2020, 100×80 cm


Danae Rivisited
a cura di Carlo Sala
Evento promosso da Fondazione Francesco Fabbri e la Città di Pieve di Soligo

Artisti: Paola Angelini, Thomas Braida, Chiara Calore, Nebojša Despotović, Luca De Angelis, Zehra Doğan, Barbara De Vivi, Alessandro Fogo, Matteo Fato, Oscar Giaconia, Giuseppe Gonella, Iva Lulashi, Luisa Mè – Luca Colangiacomo, Francesco Pasquini, Giulio Saverio Rossi, Nicola Samorì, Davide Serpetti, Marta Spagnoli, Shafei Xia.

6 maggio – 25 giugno 2021

Fondazione Francesco Fabbri – Villa Brandolini
Piazza Libertà 7, Pieve di Soligo (TV)

Orari: mercoledì-venerdì 16.00-19.30
Le aperture straordinarie del sabato e della domenica verranno comunicate durante la mostra e saranno su prenotazione. Ingresso libero 

Info: segreteria@fondazionefrancescofabbri.it
www.fondazionefrancescofabbri.it

Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •