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MILANO  | Zazà Ramen noodle bar & restaurant | 9 ottobre 2019 – 30 marzo 2020

Intervista a MARCO ANDREA MAGNI di Matteo Galbiati

In occasione della Gallery Weekend a Milano – iniziativa nata a Berlino poi sviluppatasi in oltre 15 città internazionali dell’11-13 ottobre scorso, tra gli eventi proposti, ha inaugurato anche la mostra, che si prolunga per sei mesi, Oggi sono proprio contento di stare al mondo di Marco Andrea Magni. Luogo: Zazà Ramen noodle bar & restaurant, celebre e apprezzato locale dove innovazione e tradizione culinaria giapponese si accompagnano all’eccellenza e alla creatività di una raffinata interpretazione della cucina contemporanea. In questo locale l’arte è da sempre presente con progetti di altissimo livello, avendo per protagonisti artisti di profilo internazionale che, qui, operano con interventi ad hoc secondo il preciso volere di unire le due sue grandi passioni – la cucina e l’arte, appunto – dello chef, mecenate e collezionista Brendan Becht, proprietario e anima dell’identità di questo ristorante nel cuore pulsante di Brera.

Marco Andrea Magni e Brendan Becht Foto Stefano Mascolo Corbacio

Per questa “mostra” Magni ha interpretato due oggetti appartenenti la quotidianità di un ristorante, vasi-contenitori e piatti, riletti alla luce di una precisa e raffinata interpretazione che attinge anche dalla storia personale del padrone di casa. In occasione del pranzo conviviale inaugurale abbiamo intervistato l’artista che ci racconta la genesi e i contenuti del suo progetto frutto di una stretta relazione e una peculiare reciprocità con chef Brendan:

Intervenire in un ristorante non è semplice: come hai strutturato e progettato questa tua mostra?
Gordon Matta-Clark è stato fondatore, insieme a Carol Goodden, sua moglie, di “Food”, il ristorante culto della Soho newyorkese degli anni Settanta. È stato un luogo dove cucinare, pensare e fare progetti. Era uno spazio a disposizione degli artisti. La cucina fu disegnata da Gordon stesso. Oggi invece ci troviamo a Milano in un ristorante che ha uno spirito molto simile, quello appunto pensato e fondato da Brendan Becht al 48 di via Solferino. Tutti i progetti nascono dallo spirito curioso e attento di Brendan. La mostra è frutto dalla stima reciproca, dalla curiosità di conoscersi e di raccontarsi. Tutte le mie mostre nascono da una sorta di biografia di un incontro che si declina ogni volta in maniera diversa e inaspettata. Sicuramente i miei interventi non sono strutturalmente così radicali come quelli di Gordon Matta-Clark, ma forse più vicini al modo di ascoltare l’arte di un suo amico, che ho avuto modo di conoscere ai tempi della Fondazione Ratti: Richard Nonas. Sono interventi silenziosi, mimetici in una sorta di decoupage spaziale. Mi piace da sempre l’idea di ascoltare lo spazio, la sua storia e le persone che lo vivono.

Marco Andrea Magni, ‘Quante fesserie sento in una giornata’, 2019, matita ceramica su ceramica, 40 cm diametro (veduta dell’installazione, Zazà Ramen, Milano) Foto Stefano Mascolo Corbacio

Importante è stato il confronto con Brendan Becht, la sua storia e il suo background culturale e formativo, le sue esperienze e le sue conoscenze…
La mostra nasce da questo incontro tra m,e come artista visivo, e Brendan, come grande chef e collezionista d’arte contemporanea. La famosa teoria dei “sei gradi di separazione” – secondo la quale ogni persona può essere collegata a qualunque altra persona o cosa attraverso una catena di relazioni con non più di cinque intermediari – si è svelata attraverso Gualtiero Marchesi – che avevo conosciuto grazie alla sua passione per l’arte ad Erbusco ed è stato unico e grande maestro di Brendan – e mediante Lucio Fontana, amico intimo della famiglia Becht.

Su cosa ti sei concentrato alla fine? Come sei arrivato alla soluzione che hai proposto?
Ci siamo fermati a Fontana per la carica emotiva che è scaturita. Io, fin dai tempi dell’accademia, ho collezionato molte frasi che scriveva Lucio Fontana dietro alle sue tele. Sono tutte indicazioni che ho collezionato nel tempo grazie a Guido Ballo, Giorgio Marconi ed Enrico Crispolti. Molte le si possono leggere sui cataloghi ragionati, ma altre sono sfuggite per svariate e impreviste ragioni, tra le quali il fatto di regalare talvolta lavori a persone care. È una biografia intima straordinaria, rivelata attraverso tutti questi appunti che svelano un quotidiano parlato e condiviso da tutti. Questo è il punto di inizio. Un dialogo fatto di parole, ascolto e lettura.

Marco Andrea Magni, Oggi sono proprio contento di stare al mondo, veduta della mostra, Zazà Ramen, Milano, 2019 Foto Stefano Mascolo Corbacio

Arte e cucina è il binomio che abita stabilmente da Zazà Ramen: col tuo lavoro, attraverso i vasi e i piatti rimandi immediatamente al locale che li ospita, anche se non possono essere usati per la fragilità dei primi e per i messaggi dei secondi, ma è Importante per te sottolineare la dimensione di valore di un tempo altro, del silenzio e della riflessione, della pausa e del rallentamento rispetto la frenesia della quotidianità contemporanea…
Mi piace l’idea di aver pensato il ristorante come un territorio aperto all’incontro. La restituzione visiva delle parole di Fontana non voleva essere né invasiva, né prepotente, ma accompagnare i dialoghi degli spettatori/clienti. Le opere scultoree si sono mimetizzate attraverso la forma del piatto e delle stoviglie di origine giapponese del luogo. I piatti a parete offrono le parole di Fontana come appunti veloci, mentre nel tokonoma del ristorante si trovano queste sculture, in forma di vaso e fatte di terra cruda mescolata a della sabbia di clessidra. Sono fatti di terra fragile, di ascolto e di tempo. Sono dell’idea che ci vuole del tempo per capire e per trovare lo spazio giusto dove coabitare.

Sottolinei, quindi, la dimensione di valore del convivio e del tempo, tanto che non parli nemmeno di mostra, ma hai detto che le opere vivono con il luogo e i suoi frequentatori in un “abbraccio architettonico”. In questo senso cosa vuoi restituire a ciascun osservatore?
Un luogo caldo e accogliente dove si può perdere del tempo in compagnia mangiando bene e forse intravedere qualcosa di diverso. È nel concatenamento delle cose che si struttura e si riorganizza un cambiamento. Più che i concetti di identità o di rappresentazione mi interessa questo cambiamento o rotta dello sguardo. Le opere sono dei pretesti per il dialogo.

Marco Andrea Magni, Oggi sono proprio contento di stare al mondo, veduta della mostra, Zazà Ramen, Milano, 2019 Foto Stefano Mascolo Corbacio

Come avviene il processo di identificazione tra noi e quello che le opere accennano? Come si condivide un vissuto personale per farlo corrispondere a quello molteplice di una (varia e diversa) collettività?
Il processo di identificazione avviene nella maniera più spontanea immaginabile, perché le frasi che abbiamo scelto io e Brendan sono parole (di Fontana) di un parlato quotidiano che accompagnano tutti in tutti i giorni della nostra settimana: da “non rompetemi le scatole sono stanco” si passa a “perché corro tanto? Dove devo arrivare?” fino a “vado a mangiare la pastasciutta”.

Come hai scelto le frasi scritte sulla ceramica? Che forme hai scelto per i vasi-contenitori?
Come accennato nella precedente risposta le frasi sono state scelte per il loro valore di pluralità. Abbiamo evitato le dediche troppo personalizzate e i nomi troppi riconoscibili legati alla vita del grande artista. Diventano più anonime e più appetibili per tutti, quasi piccoli aforismi o haiku che rimandano a un comportamento o ad una riflessione sulla vita che regala piccoli stupori o sorrisi. I vasi riprendono la forma di antichi contenitori d’acqua e le stoviglie sono riprese dai piatti e dalle ciotole scelte in Giappone da Brendan proprio per il suo ristorante.

Marco Andrea Magni, Oggi sono proprio contento di stare al mondo, veduta della mostra, Zazà Ramen, Milano, 2019 Foto Stefano Mascolo Corbacio

Cosa ha rappresenta per te questo progetto tanto particolare in un luogo “diverso”, benché ormai noto per gli illustri precedenti?
Per me ha rappresentato un’occasione per conoscere qualcosa di diverso, ma che ha a che vedere pure con una pratica condivisa. Il modo di cucinare per Brendan è molto vicino al mio modo di intendere la scultura che si perde nell’architettura degli ingredienti o dei materiali per poi ritrovarsi nello sguardo o nella mano attenta dello spettatore. È un gioco della contingenza e della struttura, dell’organizzazione e del cambiamento. I concatenamenti prendono forma in contenuti, forme, azioni e soprattutto passioni condivise.

Quali saranno i prossimi tuoi impegni? A cosa stai lavorando per l’immediato futuro?
Sono stato invitato a ripensare la relazione con lo spazio di Building a Milano, uno spazio nuovo e importante nel cuore di Brera in compagnia di tre bravissimi colleghi artisti. Verso la fine di gennaio si dovrebbe inaugurare. Il progetto è molto stimolante proprio per questo desiderio di creare uno spazio di ricerca messo a disposizione dal gallerista Moshe Tabibnia alla città di Milano. E ancora stiamo riflettendo con la Loom Gallery di Milano su Miart e prossima mostra in galleria.

Marco Andrea Magni. Oggi sono proprio contento di stare al mondo
a cura di Brendan Becht

9 ottobre 2019 – 30 marzo 2020

Zazà Ramen noodle bar & restaurant
Via Solferino 48, Milano

Orari: tutti i giorni pranzo 12.00-15.00; cena 19.00-23.00

Info: +39 02 36799000
www.zazaramen.it

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