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Direttamente da Berlino, Christian Heilig ed Esther Horn, sono per la prima volta in Italia con Mean Shadow of a God. In mostra, accanto ad opere che testimoniano le loro singole ricerche – basate essenzialmente sulla pittura per la Horn e sulla scultura per Heiling – un’installazione, realizzata in comune come progetto site specific, ridisegna gli spazi della DAC – De Simoni Arte Contemporanea di Genova.
Scopriamo, leggendo il testo critico di Massimo Palazzi, punti di contatto in lavori, all’apparenza, molto distanti…


Christian Heilig / Esther Horn, Mean Shadow of a God. Vedute della mostra

Nell’attuale panorama delle arti visive, si riscontra spesso una trasposizione nello spazio reale di figure intangibili e fluide, condotta attraverso processi di materializzazione che mutano l’astratto in oggetti concreti. Vista la facilità con cui oggi si possono produrre immagini, nel ricorrere di simili percorsi creativi si può leggere una sorta di resistenza dell’esperienza sensoriale rispetto alla mera visione ottica, sintomatica reazione al diffondersi di oggetti digitali senza peso, ma anche sua necessaria conseguenza. Per quanto possano apparire lontani, i lavori di Christian Heilig e di Esther Horn rientrano in questa tendenza e in essa rivelano la propria identità. Percorrendo strade diverse, in entrambi i casi il dato visivo si fa generatore di un’esperienza aptica, intesa come apprensione tattile dello spazio e autopercezione dell’assetto corporeo rispetto all’ambiente fisico circostante. Per capire, è utile tornare a una decina d’anni fa quando la diffusione della grafica vettoriale causava l’affermarsi di un’estetica basata su forme taglienti e rigorosamente bidimensionali. E a poco dopo, quando, come reazione, la riscoperta dell’errore umano, della morbidezza del segno low-fi, della sgocciolatura, poneva le basi per una inaspettata rinascita del disegno. Tecnologia e bricolage, astrazione ed empatia, ritornano infatti nei lavori dei due artisti, ma è soprattutto il disegno a giocare un ruolo fondamentale per quella trasposizione dell’immagine nello spazio da cui scaturisce la forza espressiva della loro ricerca. Linee e forme geometriche sono per Christian Heilig elementi plastici che, proprio come un tracciato vettoriale, possono essere ingranditi o rimpiccioliti a dismisura senza perdere le proprie caratteristiche e si prestano a essere realizzati in un’ampia gamma di materiali. Nell’organico germinare di forme innescato dal passaggio che trasforma virtuale in reale, le rette dei tracciati invadono lo spazio diventando listelli di abete, le sagome vettoriali vengono ritagliate in mdf, polistirolo o cartongesso, i mesh degli oggetti grafici tridimensionali si fanno scultura. Il risultato è una vera e propria materializzazione di paesaggi mentali che interagiscono con l’ambiente espositivo e si offrono al fruitore nella loro praticabilità. Anche Esther Horn, pittrice per formazione, crea paesaggi immaginari. Con il pennello apre precise campiture luminose sulla tela e definisce il set dove prendono corpo le sue visioni, quasi un palcoscenico illuminato nella notte. Nonostante i soggetti di molti dei suoi dipinti sembrino fotogrammi tratti da un misterioso road movie, l’immaginario cinematografico che evidenziano va ben oltre la semplice scelta tematica. E’ infatti all’interno della sala cinematografica, dove lo schermo fronteggia lo spazio buio della platea, che si riconosce la contrapposizione di esperienza ottica e aptica su cui si basa la sua figurazione. Già dalle prime tele, caratterizzate dall’intarsio di un paesaggio naturale all’interno di una tenda da campeggio, appare evidente il concorso di schermo e luogo della visione, superficie e spazio che trova necessario sviluppo nei disegni su muro e nelle installazioni nate dalla collaborazione con Christian Heilig. Mean Shadow of a God, il progetto pensato dagli artisti appositamente per DAC, è un’emblematica dimostrazione delle potenzialità espressive del passaggio da immateriale a reale e dello scontro dialettico di spazio ottico e aptico evocato dalla luce in una fantasmagoria di forme distorte e spezzate. La forza drammatica assunta dalle superfici nel corso di tale trasposizione proiettiva e la presenza delle geometrie astratte materializzate nell’ambiente reale fa pensare alle sagome acuminate delle luci e delle ombre dipinte da Walter Reimann and Walter Röhrig per il set del celebre film espressionista Das Kabinett des Doktor Caligari (R. Wiene, 1920). Avesse senso oggi come allora parlare di fenomenologia degli stili, in un’ipotetica rassegna di forme espressive, l’opera di Christian Heilig e Esther Horn costituirebbe un’esemplare testimonianza del tempo presente. (di Massimo Palazzi)

La mostra in breve:
Christian Heilig / Esther Horn. Mean Shadow of a God
mostra a cura di Valeria De Simoni
testo critico a cura di Massimo Palazzi
DAC – De Simoni Arte Contemporanea
Piazzetta Barisone 2/R, Genova
Info: +39 010 8592283
www.galleriadac.com
Fino al 30 gennaio 2010

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