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VENEZIA | GALLERIA ALBERTA PANE | 12 febbraio – 2 aprile 2022

Intervista a CHRISTIAN FOGAROLLI di Cristina Principale

Con A Form of Delusion Christian Fogarolli (Trento, 1983) firma il suo primo appuntamento personale nella sede veneziana della galleria Alberta Pane. Già artista della scuderia, dopo le altre due mostre nello spazio di Parigi in rue de Montmorency, torna al dialogo stimolante con la gallerista, per un progetto inedito a cura di Pier Paolo Pancotto.
Mostra con cui nel 2022 si inaugura il quinto anno di attività della Pane a Venezia, nel particolarissimo spazio di Dorsoduro, di stampo manifatturiero e così egregiamente ristrutturato nel ’17, che ben si presta ad essere reinterpretato, come è avvenuto con le opere articolate e colte di Fogarolli. 350 mq tipicamente veneziani, con affaccio su un giardino e sbocco sul canale navigabile, che ospitano percorsi espositivi, parallelamente a quelli a Parigi, capaci di attrarre un pubblico eterogeneo di collezionisti e studenti internazionali, come emerge da una sua intervista dello scorso febbraio.

Veduta della mostra “A Form of Delusion” di Christian Fogarolli, a cura di Pier Paolo Pancotto, 2022 Courtesy Alberta Pane (Paris, Venezia)

Le oltre quindici installazioni di A Form of Delusion si snodano negli ambienti, dal corridoio d’ingresso al soppalco della prima sala fino alla seconda e ritorno, a creare una interessante sorpresa visiva. Guidate dai titoli, le opere sono pezzi singoli e in serie, tra stampe fotografiche e materiali vari, dal legno alla plastica, dal ferro al vetro di Murano, che si compongono di inserti meccanici e tecnologici, e di dettagli formali come superfici specchianti, fluidi colorati e luce UV. Sculture e installazioni strutturate attorno ai contenuti interdisciplinari, fondamentali nel suo lavoro, che informano la ricerca di Fogarolli. Contributi sul filo tra l’arte visiva e le teorie e discipline mediche, in campo psichiatrico e psicologico, e uno studio dei metodi canonici di categorizzazione museale e archivistica, che gli rinvengono dalla sua formazione, e quelli dell’antropologia e delle scienze naturali.

Veduta della mostra “A Form of Delusion” di Christian Fogarolli, a cura di Pier Paolo Pancotto, 2022 Courtesy Alberta Pane (Paris, Venezia)

Un rapporto, espresso dall’artista, tra immagini e attribuzioni scientifiche intorno a una questione umana non semplice, la separazione tra corpo e mente, tra sensi e intelletto, tra normalità e devianza, appunto tra categorie che determinano l’emarginazione nella società contemporanea.
Partendo da un’indagine storico-archivistica e attraverso collaborazioni dirette con centri internazionali di ricerca scientifica, come per gran parte del suo corpus decennale, anche in questa mostra Fogarolli affronta con taglio evocativo i rapporti di forza tra la norma e l’evidenza scientifica e l’interpretazione artistica e sociale, tanto più in questo periodo sanitario drammatico. L’esito sono opere come Evidence US7, un corpo umano in vetro soffiato a grandezza naturale, Full Immersion o My Brain in Lockdown, in dialogo con le conseguenze psicologiche e sociali di questo tempo. Una riflessione sul rapporto tra resistenza e fragilità, che procura efficacemente reazioni non binarie e risposte non scontate.

C. Fogarolli, My Brain in Lockdown 1-2, 2020-21. Risonanza magnetica nucleare (MRI), stampa fine art su carta cotone Hahnemühle montata su alu-Dibond, vetro soffiato, droga, legno, vetro da museo. Courtesy Alberta Pane (Paris, Venezia)

La mostra è una scoperta di opere recenti. Compi degli affondi scientifici attraverso i tuoi motivi e nodi tematici, tra forme figurative e astratte, come hai costruito il nucleo per Venezia?
La mostra è composta totalmente da lavori inediti e realizzati appositamente per questa occasione. L’esposizione può essere letta attraverso diversi livelli e direzioni ed è stata immaginata come una sola opera nella quale esistono delle parti che la compongono e comunicano.

Il curatore Pancotto solleva nel suo testo il riferimento alla sindrome dell’uomo di vetro, hai intenzionalmente voluto filtrare in immagini questo storico disturbo psichiatrico? Vi è un collegamento al titolo?
Il progetto riflette sul concetto di fragilità nella società contemporanea in rapporto a questo tempo e per farlo si basa su una ricerca storico-archivistica che si focalizza sulla sindrome conosciuta con il termine di “Glass Delusion” e che dà poi origine anche al titolo della mostra. Il termine “Delusion” che in realtà interpretiamo erroneamente come “delusione”, in ambito psicologico e psichiatrico è inteso come una manifestazione di una falsa credenza, un delirio, una illusione. La percezione dell’uomo di essere composto di un materiale fragile ha origini antiche, vi sono testimonianze già nel II secolo d.C. di individui convinti di essere di ceramica (fonte Rufo di Efeso), nel XIV secolo di personaggi illustri sicuri di essere di vetro (Carlo VI di Francia) fino a casi recenti dei decenni passati in diversi centri di cura.

C. Fogarolli, Evidence US7, 2020-2021. Sculture in vetro soffiato, plastica, liquidi, specchi, legno, ferro, acciaio. Courtesy Alberta Pane (Paris, Venezia)

Ritroviamo soggetti come il tuo autoritratto, “esteriore” in scultura, un calco del tuo viso, così come interno, “interiore”, il risultato di una risonanza magnetica a cui ti sei sottoposto durante il lockdown. Vediamo poi bassorilievi lavorati in tre dimensioni che mostrano scarti di lavorazione di vetro, tubi in plastica, deflussori, farmaci e sostanze che sono simboli sanitari.
Come evolve la tua ricerca in questo periodo in cui i temi del disagio e della cura sono quanto mai caldi?
All’interno della mostra si è cercato di creare un dialogo tra le opere in rapporto allo spazio che le ospita. I lavori non hanno una natura unica e netta, ma mescolano linguaggi diversi diventando espressioni ibride tra fotografia, scultura, installazione. Attraverso questo percorso si tenta una riflessione su come questo sia un momento contraddistinto dall’incertezza e che porta le persone a sentirsi spesso vuote e inconsistenti. Per citare una frase di Boccaccio scritta su un frammento in cristallo di una delle opere: “… per piccola sospinta siamo rotti”.  A lato della dimensione psicologica e fisica emerge l’aspetto della cura, del rimedio e che solleva temi come il rapporto esistente tra gli individui e le sostanze, siano esse liquide o composti chimici.

Veduta della mostra, “A Form of Delusion” di Christian Fogarolli, a cura di Pier Paolo Pancotto, 2022 Courtesy Alberta Pane (Paris, Venezia)

Il colore diffuso in mostra è il viola, c’è un motivo specifico?
Vi sono diverse cromie che accompagnano le opere e molto spesso è stato il materiale vitreo a dettare la costruzione delle stesse, il colore viola segna alcuni punti all’interno della mostra come a segnare un percorso o punti di riferimento e questa unione di rosso e blu rappresenta per me la transizione, il mistero e la magia.

La parola chiave di lettura sembra essere “identità”. Dichiarata (nomi e cognomi nelle scritte a matita sul muro della galleria con testimonianze storico-letterarie), schiacciata (per esempio in Butterfly), negata (nei bassorilievi di spalle e nei ritratti malcelati Transparent Human 1, 2), indagata dall’interno, nei suoi meccanismi (Roulette). Da dove derivano i soggetti?
I soggetti della serie di bassorilievi derivano da ricerche archivistiche su reperti di diverse epoche e che si trovano in depositi di musei occidentali. Il mio interesse si è focalizzato sull’inquadratura, il cosiddetto “quarto scatto archivistico”, ossia quel frame di documentazione che riprende il retro del soggetto. Sono affascinato da come siamo condizionati nell’osservare un manufatto, artistico o di uso quotidiano che sia, sempre da una prospettiva frontale, quasi rassicurante. Credo personalmente che in molti casi ciò che è celato sia estremamente più interessante; sotto altri punti di vista il soggetto viene totalmente depersonalizzato, sembra assumere forme astratte e inconsuete sprigionando forze estetiche e formali inaspettate.

C. Fogarolli, Butterfly, 2021. Stampa a pigmento su foglio di piombo, morsa di ferro. Courtesy Alberta Pane (Paris, Venezia)

Connota tutte le opere, penso al titolo della teca We are all glass men, una dichiarazione di precarietà ciclica…
La percezione di fragilità emerge attraverso i diversi materiali utilizzati: la materia vitrea, mostrata attraverso diverse tecniche di lavorazione, dal borosilicato in soffiato, alla fusione a pieno e in calco; il piombo in fogli, che pur essendo un metallo pesante, ci dona in realtà un senso estremo di debolezza. Il materiale fragile e quello resistente sono spesso messi in relazione e in contatto nei diversi lavori, quasi a emulare le aste in metallo che Carlo VI si fece introdurre nelle vesti nobiliari per impedire al proprio corpo di infrangersi come un bicchiere di cristallo.

C. Fogarolli, Aquamarine, 2021. Stampa a pigmento su foglio di piombo, vetrofusione, legno, ferro, vetro. Courtesy Alberta Pane (Paris, Venezia)

A Form of Delusion. Christian Fogarolli
a cura di Pier Paolo Pancotto

12 febbraio – 2 aprile 2022

Galleria Alberta Pane
Calle dei Guardiani 2403/h, Dorsoduro, Venezia

Info: info@albertapane.com
albertapane.com

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