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BASILEA | Kunstmuseum e GEGENWART | Fino al 1 ottobre 2023

di SILVIO MIGNANO

Tre grandi fotografie al primo piano del Gegenwartkunstsmuseum di Basilea mostrano rettangoli aperti nella terra, parallelepipedi vuoti, tappezzati all’interno da un’erba luccicante. L’immediata risposta all’implicita domanda formulata dalla nostra mente è che si tratti di sepolcri scavati – scavati perché qualcuno, anima pietosa o ricercatore o investigatore, ha esumato i corpi che vi erano sotterrati, o al contrario, scavati in attesa di ricevere quei corpi, e forse un evento imprevisto ha impedito la sepoltura, lasciando alla natura il compito di sostituirli con una vegetazione incolta.
Né l’una né l’altra cosa, istinto e memoria storica ci hanno traditi. Sono invece coltivazioni abbandonate, aiuole o terrari che avevano a loro tempo accolto non già resti umani ma deliziosi asparagi.
Senonché la prima intuizione si rivela in qualche modo comunque corretta, perché queste coltivazioni – biologiche, sane – si trovavano a Dachau ed erano state avviate dalle SS: strumenti per nutrire la vita, e nutrirla bene, con attenzione, nel luogo che più di ogni altro, in modo tragicamente proverbiale, ha fatto della morte la destinazione finale.

L’opera in questione (Former plant beds from the plantation and “herbal garden,” used by the SS for biodynamic agricultural research, at the Dachau Concentration Camp, tre stampe cromogeniche del 2019-2020, ciascuna di 170×255 cm) è parte di una grande mostra dell’artista tedesca Andrea Büttner, nata a Stoccarda nel 1972, vincitrice del Turner Prize nel 2017. Va detto qui che i musei e le gallerie di Basilea, come quelli di altre città svizzere, hanno scelto nell’ultimo biennio di privilegiare la visione femminile dell’arte moderna e contemporanea, da Meret Oppenheim a Kara Walker, da Louise Burgeois a Shirley Jaffe, passando per Sophie Taueber-Arp e Lubaina Himid.
Gli asparagi ritornano in una curiosa installazione del 2021, composta da centoquarantatré esemplari dell’ortaggio scolpiti da Büttner in legno e disposti in buon ordine su un tavolo. L’ordine associato a un malcelato desiderio di violenza è uno dei temi ricorrenti dell’artista tedesca. Del resto proprio l’ordine diventa nella sciagurata impresa nazista la forma mentis che scandisce le tappe dell’occupazione del potere all’interno della Germania, dell’espansione bellica in Europa e della soluzione finale.

Andrea Büttner, Spargel, 2021, 143 asparagi in legno su tavolo,  73x200x110 cm. © bei der Künstlerin / the artist & ProLitteris, Zurich. Creditline: Courtesy Galerie Tschudi and the artist. Photo Credit: Julian Salinas

Ma gli asparagi ci introducono anche a un altro ambito di interesse di questa artista poliedrica, mossa da una curiosità multiforme. Si incontrano infatti nella mostra basilese numerosi oggetti che ci verrebbe da definire, più che d’arte, di artigianato, realizzati in ceramica, argilla, legno, vetro, cristallo, tessuto, e disposti in varie collocazioni, spesso su tavolacci di legno costruiti a loro volta dalla stessa Büttner. Uno sforzo apparentemente illogico se non bizzarro, che ha tuttavia una motivazione profonda: l’artista si interroga infatti sul perché la nostra società, tutta tesa verso forme di economia sempre più rarefatte e indirizzate ai servizi e al virtuale, si sia allontanata dall’idea del fare, fino ad averne addirittura paura o repulsione: What is so terrible about craft? / Die Produkte der menschlichen Hand è il titolo di un’installazione video e sonora del 2019. Che cosa c’è di così terribile nel mestiere, nei prodotti della manualità delle persone?

Andrea Büttner, Untitled, 2021, Oggetti in ceramica e vetro, dimensioni variabili. Dietro, Brown Wall painting, 2006, pittura ad emulsione per interni, dimensioni variabili. Copyright: © bei der Künstlerin / the artist & ProLitteris, Zurich. Creditline: Courtesy the artist. Photo Credit: Julian Salinas

I tavoli di legno su cui sono disposti gli oggetti di artigianato riprendono infatti la forma di quelli utilizzati nel convento delle Carmelitane a Dachau ed è perciò questo un altro tassello della complessa riflessione concettuale di Büttner – che non a caso è partita dagli studi di filosofia – sulla potenza della manifattura quale fattore di riscatto umano. Il mestiere manuale diventa un’autodisciplina che in determinati contesti, come nei laboratori all’interno dei monasteri, ridisegna i contorni dell’umanità opponendosi alla sua alienazione, tanto più in un luogo – Dachau – nel quale si era cercato di realizzare il più folle progetto di annientamento di quella stessa umanità.

Andrea Büttner, What is so terrible about craft? / Die Produkte der menschlichen Hand, 2019, installazione video su due canali e sonora. Copyright: © bei der Künstlerin / the artist & ProLitteris, Zurich. Creditline: Museum Abteiberg, Mönchengladbach. Photo Credit: Julian Salinas

E non è un caso, ancora una volta, che in mostra si trovino due opere – il video Little Sisters: Lunapark Ostia e la serie di fotografie The Archive of the Lives of the Little Sisters of Jesus with Circuses and Fun fairs, Tre Fontane, Rome, entrambe del 2012 – che raccontano del lavoro delle appartenenti a un ordine religioso in Italia in un ambito che forse non ci si aspetterebbe, quello del divertimento, dei luna park. L’allegria semplice che dalle Piccole Sorelle di Gesù si trasmette a chi frequenta i luoghi di diversione è ancora una volta un antidoto al processo di cancellazione di ciò che è umano nel senso più elementare del termine, collegato ai bisogni primari della nostra natura, compresi gioia, riso, gioco e felicità.

Andrea Büttner, Erntende (raccolti), 2021, xilografie, visione d’insieme. Photo Credit: Max Ehrengruber

Forse nessun intervento di Büttner sottolinea questo tentativo di riscatto quanto la serie Beggars, del 2005, esposta nel passaggio tra il corpo centrale e la nuova ala del Kunstmuseum di Basilea. Sono xilografie che raffigurano figure umane stilizzate con le braccia tese verso il basso nel gesto emblematico dei mendicanti. A commento delle incisioni appare anche un’edizione del Liber Vagatorum. Si tratta di un testo leggendario, probabilmente scritto per la prima volta alla fine del XV secolo proprio a Basilea e ripubblicato nei successivi decenni da vari editori dell’Europa centrosettentrionale, tra i quali Martin Lutero. Il libro, a sua volta corredato di xilografie, era nato in origine per mettere in guardia i lettori dalle tecniche e dai trucchi utilizzati dai mendicanti (l’ordine, appunto, quale strumento di repressione), rivelando perciò anche alcune delle espressioni utilizzate dagli stessi in un gergo semisegreto, il Rotwelsch, composto da parole di origine varia, latina, tedesca, rom, yiddish. Büttner qui lo ripropone rovesciandone la ragion d’essere e dunque proprio per riscattare, ancora una volta, la profonda radice comune dell’umanità. E non poteva esservi perciò conclusione più potente che la proiezione di slide dal titolo Shepherd and Kings, ovvero Pastori e Re (2017), che mette in successione immagini di mendicanti, alcune delle quali realizzate da Rembrandt, e scene della nascita di Cristo, il re pastore, il Dio Uomo disceso tra i poveri.

Andrea Büttner, Beggars, 2005, xilografie, visione d’insieme. Creditline: © bei der Künstlerin / the artist & ProLitteris, Zürich. Photo Credit: Max Ehrengruber

Andrea Büttner. The Heart of Relations
a cura di Maja Wismer

22 aprile – 1 ottobre 2023

GEGENWART 
Kunstmuseum Basel
St. Alban-Graben 8, Basilea

Info: Tel. +41 61 206 62 62
Fax +41 61 206 62 52
info@kunstmuseumbasel.ch
kunstmuseumbasel.ch

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