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Italiani all’estero: Nicolò Bruno

a cura di Silvia Conta

“Vedere e dipingere: una contaminazione infinita”

Nicolò Bruno (Milano, 1989). Vive e lavora tra Basilea e Milano

Nicolò Bruno risiede a Basilea da un paio d’anni, dopo la conclusione degli studi all’Accademia NABA di Milano: «quando ho scelto di partire per Basilea, – racconta l’artista – credevo che la città che ospita una delle fiera d’arte contemporanea più importante al mondo, fosse anche l’epicentro di un interessante fermento artistico. Basilea è una città culturalmente istituzionale con un’offerta museale eccellente, così ho voluto provare a continuare qui la mia avventura artistica».

Nicolò Bruno, Boy with watermelon, olio su tela, cm 50x40, 2015, courtesy dell’artista.

L’artista – come lui stesso dichiara – ha elaborato una ricerca pittorica intesa come volontà di disegnare attraverso la pittura e porre così in essere una fluidità che intenzionalmente declina su più fronti: dal contenuto delle immagini alla loro derivazione, dalla concezione temporale fino all’atto pittorico in sè. Spesso rintracciabile nei lavori dell’artista è la tematica omoerotica, mai completamente esplicitata, ma volutamene affidata all’ambiguità di un’immagine che gioca sull’isolamento fotografico dei soggetti rispetto allo scorrere del tempo e al contesto, omettendo un prima e un dopo: le figure – sempre maschili – sono in genere colte in una prossimità fisica, in un abbraccio amichevole o in pose da camerati, ma mai in atteggiamenti più espliciti, affidando l’interpretazione della situazione allo spettatore. Il repertorio di immagini a cui l’artista attinge proviene in larga parte da ricerche di fotografie storiche in internet e in volumi specialistici, che poi archivia in aree tematiche quali “abbraccio, conflitto, Atlante, sleeping” e altre, con una predilezione per scatti di metà ‘900, tra cui quelli di Herbert List, Karel Egermeier e Max Koch. Ad affiancare queste immagini sono scatti realizzati dall’artista stesso con la funzioni di “appunti visivi” e da immagini tratte da internet, che spesso modifica e assembla. Aspetto che Bruno ritiene fondamentale nella sua poetica è la totale fluidità temporale in cui ciascuna immagine deve poter fluttuare: attraverso l’annullamento di sfondi precisamente connotati, della riduzione al minimo di particolari negli abiti dei soggetti e del restringimento – quadro per quadro – della tavolozza di colori, Bruno erode ogni possibile collocazione cronologica dell’immagine, che gli permette di portare sullo stesso piano tutte le fonti da cui trae i suoi soggetti oscillando con totale libertà tra la contemporaneità, l’inizio del secolo scorso e un’apertura possibilista verso il futuro in un cortocircuito temporale ed estetico che si avvita sempre sul presente, unico punto di osservazione – di fatto – concesso. Questo processo raggiunge il suo apice nell’atto pittorico, il cui punto di partenza risiede nella riduzione dell’immagine al bianco e nero per poter annullare qualsiasi influenza cromatica. Ciò permette all’artista di lasciarsi condurre nel lavoro da quello che lui stesso identifica come “subconscio”: la pittura è un continuo divenire e deve essere lasciata fluire e agire, in primis in una progressiva conquista dello spazio pittorico attraverso un procedere molto rapido e istintivo – ma sempre figurativo –  che non ammette ripensamenti né sovrapposizioni di numerosi strati di colore.

Opera in cui si condensano tutti questi aspetti è il recente olio su tela Boy with watermelon (2015), in cui in un paesaggio assolato dal cielo terso una figura maschile quasi nuda cammina con le mani verso l’alto nell’atto di reggere un elemento sferico che il titolo conduce a decifrare in un’anguria, priva – tuttavia – di riferimenti naturalistici. La scena è collocata su una strada all’apparenza sterrata che, costeggiata da cespugli, sembra uscire da una macchia di vegetazione. I colori carichi e brillanti e le ombre marcate creano un’atmosfera dal sapore estivo, coinvolgendo lo spettatore con immediatezza a sensazioni quasi fisiche di calore. Ben presto l’occhio scopre la descrizione rapida della figura che ne omette una definizione precisa affidando la sua presenza alla luce attraverso ampie campiture di colore, così come avviene per la strada e la vegetazione, ma è soprattutto nel cielo, suggerito da pennellate azzurre che interagiscono con ampie aree in cui la preparazione della tela è lasciata emergere. Si tratta di uno dei lavori in cui Bruno sembra suggerire immagini, atmosfere e talvolta interpretazioni fermandosi ad un passo da una una definizione risolutiva, quasi in una danza con l’affermazione di E. H. Gombrich che l’artista ama citare: «La pittura è un esercizio attivo, perciò l’artista tenderà a vedere quello che dipinge più che a dipingere quello che vede».

http://nicolobruno.com/

Appuntamento con Postcards to Italy #12 a novembre con Laura Santamaria

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