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LA SPEZIA | CAMeC | 21 febbraio – 7 giugno 2020

di MATILDE TEGGI

Negli ultimi tempi sembra sempre più difficile individuare una corrente artistica o semplicemente assistere a una collaborazione tra artisti. Se si guarda all’arte degli Anni ’70 e ’80 è piuttosto comune imbattersi in mostre e interventi collettivi, riflessioni corali su tematiche comuni, mentre oggi tutto questo appare cosa sempre più rara. Fortunatamente esistono realtà sperimentali e genuine come BAU – contenitore di cultura contemporanea. Quasi come un verso canino dal carattere dadaista, indirizzato a richiamare sull’attenti il mondo della cultura, ormai troppo individualista, BAU è una rivista fondata nel 2004 a Viareggio, che assume le sembianze di vero e proprio contenitore, una scatola che materialmente tiene insieme un’idea di cultura che coinvolge artisti, musicisti, poeti, cuochi. Immediatamente BAU ci porta a riflettere su tematiche, seppur talvolta inflazionate, molto contemporanee: opera d’arte totale che ragiona su inclusione, condivisione, accessibilità, con grande ironia e leggerezza “calviniana”. 

BAU 3

La redazione di BAU è composta attualmente da Antonino Bove, Luca Brocchini, Giuseppe Calandriello, Gabriele Menconi, Guido Peruz e Tommaso Vassalle, i quali annualmente realizzano la scatola in tiratura limitata (150 copie circa) in collaborazione con diversi autori. I sedici numeri di questa rivista ad assemblage sono definiti dalla curatrice della mostra, Mara Borzone, come “scatole per la verità”.

Se “dada non significava niente”, come diceva Tristan Tzara, “BAU” ci ricorda la popolarissima Bauhaus, riferimento imprescindibile se si vuole costruire un punto di incontro dove gli artisti contemporanei possano misurare il proprio lavoro con quello degli altri, anche in un dialogo tra maestri e allievi e tra discipline e media differenti. Finora hanno partecipato al progetto di BAU più di 800 autori di 35 nazionalità diverse: troviamo, tra i tanti, Nanni Balestrini, Giuseppe Chiari, Philip Corner, Claudio Costa, Corrado Costa, Vanni Cuoghi, Gillo Dorfles, Geoffrey Hendricks, Maurice Henry, Emilio Isgrò, Gualtiero Marchesi, Ben Patterson, Adriano Spatola e molti altri. 

BAU ci dimostra, nelle sue costanti trasformazioni, come l’identità non sia mai qualcosa di fisso, statico, definitivo, ma al contrario come essa sia il risultato di una serie di incontri, riflessioni, confronti. La forza di BAU sta nell’aver costruito un “brand” disponibile a mutare nel tempo, come è avvenuto alle differenti forme assunte dai contenitori stessa (e al loro contenuto), grazie anche al contributo di Carlo Battisti, Gumdesign e Gabriele Menconi. Se gli artisti ci insegnano a dare forma ai pensieri, BAU ne è davvero un ottimo esempio e la mostra inaugurata il 21 febbraio al CAMeC di La Spezia è un’occasione per riflettere anche sulla possibilità di un tipo di collezionismo (contemporaneo) molto diverso da quello conosciuto finora.

Veduta mostra BAU. Sala 1. Ph. Gabriele Menconi

Mara Borzone, illustrando pezzo per pezzo i sedici contenitori, dichiara che inizialmente l’impostazione era molto letteraria (BAU 0) ma che, successivamente, questa caratteristica si è persa, o meglio, si è arricchita, inglobando tutte le arti. Le tematiche affrontate sono moltissime e più o meno esplicite: da BAU 3 che riporta in copertina l’immagine stilizzata proprio di un cane e che riflette sulla solidarietà per oltrepassare l’individualismo artistico, al numero successivo che si intitola Ultimatum e che annuncia, con grande anticipo, un’emergenza energetica, economica, ecologica e culturale; ci sono, poi, numeri caratterizzati dalla massiccia presenza dei movimenti della Poesia Visiva, di Fluxus, degli esperimenti di Mail Art. I numeri 8, 9 e 10 sono scatole di polipropilene biodegradabile che assumono forme molto divertenti. Con BAU 11 cambia il gesto di fruizione, la rivista si trasforma in wunderkammer in miniatura, composta di piccolissimi libri d’artista classificati in piccoli scomparti.

BAU 11

Il numero 13 si occupa di moda (“alla BAU”, precisa Luca Brocchini) e si intitola Dress Codex, urgenze contemporanee in veste di rivista, a cui segue GPS. Global Participation System, che assume forma circolare e tenta di rispondere all’ampio quesito “dove siamo arrivati?”. L’ultimo (2019) è Snapshot e si presenta come una scatola nero mat, come un’istantanea, che cerca di cogliere l’attimo, testimoniare la ricerca artistica attuale, riflettendo sul confronto fra culture mondiali che non possono più essere separate e sull’ibridazione dell’arte nei social, per alcuni ritenuto nuovo stadio evolutivo della modernità. 

BAU 13

La mostra visitabile fino al 7 giugno 2020 al CAMeC di La Spezia fornisce uno sguardo complessivo sui sedici anni di lavoro di BAU. Ogni numero è stato aperto e disposto, come fosse una nuvola, sulle pareti dello spazio al piano terra, dove è possibile immergersi in un percorso cronologico che dimostra una libertà estrema e allo stesso tempo un rigore indispensabile nell’organizzazione di ogni numero che, seppur in tiratura limitata, ha richiesto impegno e dedizione degni di essere raccontati e mostrati.

BAU 16, aperto

BAU – Contenitore di Cultura Contemporanea 2004-2020
a cura di Mara Borzone 

21 febbraio – 7 giugno 2020

Direzione del progetto: Eleonora Acerbi e Cinzia Compalati
Redazione BAU: Antonino Bove, Luca Brocchini, Giuseppe Calandriello, Gabriele Menconi, Guido Peruz, Tommaso Vassalle
Progetto grafico della mostra: Gabriele Menconi e Sarah Fontana

CAMeC Centro arte moderna e contemporanea
Piazza Cesare Battisti 1, La Spezia

Orari: da martedì a domenica dalle 11.00 alle 18.00. Chiuso il lunedì (eccetto Lunedì di Pasqua)

Info:+39 0187 727530
http://camec.museilaspezia.it

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