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CAMPOBASSO | Palazzo GIL Spazio espositivo

Intervista ad ANTONIO FINELLI di Tommaso Evangelista

La mostra di Antonio Finelli, conTATTO DIsegni, da poco conclusasi a Campobasso, prima mostra in regione per l’artista di origini molisane, ha rappresentato un’opportunità straordinaria per immergersi nell’universo estetico di un pittore di grande profondità umana e maestria. Attraverso una selezione accurata di opere, l’esposizione a cura di Lorenzo Canova ha presentato un’ampia panoramica della sua estetica distintiva e della sua continua ricerca artistica.

Antonio Finelli, Untitled, matita su tavola, 200×32 cm

La caratteristica peculiare delle opere di Finelli risiede nella sua capacità di catturare la bellezza intrinseca della realtà e di trasmetterla con una straordinaria precisione. La sua prassi disegnativa si basa su una meticolosa attenzione ai dettagli e su una tecnica iperrealistica che conferisce alle opere un’aura di autenticità e verità. Ogni tratto di matita è studiato con cura e intenzione, creando un’esperienza visiva coinvolgente e immersiva per lo spettatore. Tuttavia, la sua ricerca artistica va oltre la semplice rappresentazione accurata della realtà. Ogni opera è intrisa di un’intima riflessione sull’esistenza umana, sul tempo che scorre e sulla fragilità dell’essere. Le sue opere, spesso focalizzate su ritratti o parti del corpo, come mani e piedi, rivelano un’indagine profonda sulla natura umana e sulle tracce che il tempo lascia sulla pelle e nell’anima.
Nella personale di Campobasso, gli spettatori hanno avuto l’opportunità di immergersi in questo mondo in bianco e nero unico e denso, di lasciarsi affascinare dalle straordinarie capacità tecniche dell’artista e di riflettere sulle domande esistenziali che permeano le sue opere. Ogni tela o disegno esposto rappresenta un invito a esplorare le profondità dell’animo umano, a confrontarsi con la fugacità del tempo che, inevitabilmente, lascia il suo segno su di noi, a contemplare la bellezza del reale attraverso una lente iperrealistica e infine a riflettere sulle questioni universali che permeano la condizione umana.

Antonio Finelli, Untitled, matita su carta, 27x 24 cm

In che modo la tua tecnica iperrealistica contribuisce a esprimere la complessità e la profondità del reale? Puoi parlare dei processi mentali e delle sfide tecniche che affronti nel creare opere così dettagliate e realistiche?
Ammetto che i miei primi lavori possano definirsi come disegni iperrealisti, considerando, da un lato la cura e l’attenzione del particolare, dall’altro il “taglio fotografico” che normalmente attribuivo ai ritratti di uomini e donne conosciuti in giro per l’Italia.
Attualmente il termine “iperrealismo” mi sta molto stretto; lo vedo troppo riduttivo ed ancorato quasi esclusivamente alla tecnica e non a “tutto il resto”; in particolare, se penso al lavoro svolto nel realizzare i miei disegni, certamente vi è un’importante “componente” di perizia tecnica, ma gli orizzonti sono completamente diversi rispetto ai primi disegni “fotografici”.
Attualmente sono affascinato dal “vuoto” e dalla “luce” che assorbono i volti che disegno con matite affilate.
Mi piace soffermarmi su dei dettagli, studiarli, riprodurli con fedeltà, entrare nella pelle degli individui proprio per capire il loro vissuto che, come una “carta geografica”, viene raccontato dalla loro pelle. Altre parti le ignoro, le lascio bianche come se la luce si appropriasse di quel viso.
Molto spesso isolo anche gli occhi che descrivono il personaggio: gli danno riconoscibilità. Ecco, quella riconoscibilità a me non interessa! Il mio lavoro ha come soggetto la pelle e il vissuto dell’individuo attraverso i segni che il tempo ha lasciato sulla sua cute e non la celebrazione sterile di un uomo o una donna attraverso il ritratto.

Antonio Finelli, Untitled, matita su carta, 28×20 cm

La tua estetica del frammento e la rappresentazione delle parti del corpo umano richiamano la condizione umana e il passare del tempo. Puoi approfondire come queste scelte riflettono la tua visione della vita e del cambiamento che avviene in noi nel corso del tempo?
Si in effetti la frammentarietà del corpo, le violente cesure che realizzo con i miei disegni che descrivono il corpo segnato degli anziani, sottolineano la precarietà della vita. Il fatto è che la società moderna, i social network ci trasmettono un’idea di bellezza finta, utopica; tutto ciò non aiuta l’uomo ad essere sé stesso ma lo costringe ad inseguire costantemente un ideale di bellezza e perfezione che non lo porterà a nulla se non alla frustrazione più totale.
È importante riscoprire le piccole cose, la realtà della vita attraverso la semplicità delle cose comuni. Spero che l’attenzione dei miei disegni verso la naturalità della vita, dei “gesti”, possa portare beneficio alle nuove generazioni che sono ancora più sommerse e schiave dei modelli imposti dalla globalizzazione.

Antonio Finelli, Untitled, matita su carta, 22x22cm

In che modo il paesaggio, la cultura e le esperienze legate al Molise si riflettono nelle tue opere? C’è qualche memoria o connessione specifica con il territorio molisano che hai trasformato in un’ispirazione per le tue opere?
Sono molto legato al Molise, questo non soltanto perché è la mia terra natia, quanto più perché riconosco (sia nel bene che nel male) che questa Regione possiede ancora una buona dose di autenticità. Si ha modo di girare per i borghi e ritrovare personaggi e situazioni che normalmente in altre zone d’Italia sono già scomparse da tempo, poiché sommersi dalla globalizzazione imperante che regna sovrana. A tal proposito, ci tengo a sottolineare che per il mio ultimo progetto artistico ho scelto proprio il Molise! Ho deciso di “raccontare” un tema molto drammatico: lo spopolamento dei piccoli paesi, prendendo a modello il piccolo borgo di Roccapipirozzi (in provincia di Isernia). Attraverso i miei disegni ho pensato di “bloccare” l’intera popolazione di questo piccolo paesino (che di giorno in giorno diminuisce di abitanti, data l’età media molto alta e considerando i pochi giovani che come possono evadono verso le città più vicine) attraverso un’istantanea non fotografica ma disegnata; in altri termini andrò a ritrarre tutti i personaggi del borgo, dal primo all’ultimo nato.
È stato molto bello soggiornare per diverse settimane a Roccapipirozzi ed aver modo di frequentare e, soprattutto, conoscere l’intera popolazione residente. Quando ero lì sembrava quasi che il tempo si fosse fermato. Io con il mio lavoro mi sono sentito fortunato proprio perché ho avuto il compito di fissare quella realtà e proiettarla nel futuro attraverso la realizzazione di disegni che saranno esposti per sempre in un museo della città; insomma, parliamo di una sorta di archivio storico del luogo!

Info: https://www.antoniofinelliarte.it/it/home/

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