Non sei registrato? Registrati.
VENEZIA | XIV Mostra Internazionale di Architettura | 7 Giugno – 23 Novembre 2014

di Ginevra Bria

La serie di dipinti Penthouse di Edi Hila (1944, Scutari, Albania), il video The Column e la susseguente installazione di Adrian Paci (1969, Scutari, Albania) accompagnano il percorso scelto per rappresentare la Repubblica dell’Albania alla XIV Mostra Internazionale di Architettura; lavori presentate in Laguna attraverso il Padiglione nazionale dal titolo Potential Monuments of Unrealised Futures. Grazie alla ricerca dei due artisti albanesi, il duo curatoriale Beyond Entropy Europe (Jonida Turani e Stefano Rabolli Pansera) ha voluto interpretare e rievocare il tema scelto quest’anno da Rem Koolhaas, Fundamentals – Absorbing modernity: 1914-2014, rileggendo alcuni percorsi interrotti della modernità in Albania e indicando la strada per nuove, future potenzialità monumentali.

Padiglione della Repubblica dell’Albania alla XIV Mostra Internazionale di Architettura, ph. Delfino Sisto Legnani

L’Albania, negli ultimi vent’anni, ha interrotto qualsiasi pianificazione urbanistica a causa della possente migrazione dalle campagne alle città iniziata dopo il crollo del regime totalitario. Nonostante gli interventi dell’attuale Premier ed ex sindaco di Tirana, la capitale stessa, attualmente, si erge a modello di un’urbanizzazione confusa e, talvolta eccessivamente de-regolata, in un paese che, tra Oriente ed Occidente, stenta a considerarsi un paese ancora in via di sviluppo. Come hanno rimarcato i curatori, infatti, “inizialmente il ricorso all’architettura tradizionale, adottata per definire un’identità nazionale, poi l’imposizione dei piani urbani del Realismo sovietico e infine l’ondata speculativa contemporanea hanno prodotto un insieme caotico in cui l’entropia esiste non solo verso la campagna, come in molte altre zone in Europa, ma soprattutto all’interno delle città.”

Edi Hila, Penthouse, 2013 Location: Paris Photographer: Rebecca Fanuele © Edi Hila Courtesy JGM GALERIE, Paris Adrian
Avendo vissuto direttamente queste premesse, Edi Hila, per il Padiglione albanese all’Arsenale, crea una forma di sovra-produzione dello spazio, focalizzando il proprio sguardo sulle architetture incompiute, diffuse nel contesto periferico, e analizzando il reame della bidimensionalità.
Le architetture domestiche sparse nel paesaggio vengono innalzate su fondamenta allargate, trasformandosi in architetture allungate e dal carattere utopico, ombre di stilemi che ripercorrendo la composizione architettonica ne sottolineano il carattere alveolare e, talvolta, feticista. L’artista ne sottolinea alcune chiavi di lettura: la lunga storia d’isolamento, insicurezze, le paure e la ricerca permanente di difesa. Il cambiamento capitalista ha coltivato l’egoismo creando delle possibilità d’investimento tra le quali le migliori e più facili da concepire, erano in mattoni e in cemento. Come un fenomeno non soltanto politico, economico o psicologico questa situazione ha generato anche risultati estetici. Le costruzioni sono espressione di sentimenti e gusti diversi, risultato di livelli diversi di cultura, di mentalità, di rapporti sociali contraddittorie e tante altre ragioni da dove si possono trarre conclusioni molto interessanti. E nello stesso tempo si possono individuare delle proposte di una creatività spontanea anche se non sempre professionali. E nello stesso tempo si possono individuare delle proposte di una creatività spontanea anche se non sempre professionali. Certe forme ritmiche, libere da apprezzare e tanto piacevoli da farti voltare la testa per guardare indietro anche mentre si cammina davanti, realtà sincere anche se talvolta volgari che, e viste con attenzione, possono sembrare vere e proprie proposte architettoniche e formali da prendere in considerazione per il futuro.Edi Hila, Penthouse, 2013 Location: Paris Photographer: Rebecca Fanuele © Edi Hila Courtesy JGM GALERIE, Paris Adrian

L’artista aggiunge inoltre:

In questa serie di dipinti presento modelli architettonici, parzialmente reali, messi in relazione con volumi e elementi monumentali come archi e pilastri creando costruzioni immaginarie, come oggetti di un nuovo paesaggio in un contesto urbanistico esistente caotico, dove c’è tanto da correggere e modificare, prima di pensare l’inizio da capo. Un ritmo frenetico di costruzioni, dove le vere ragioni si perdono nell’istinto, trasformando le energie in risultati fuori di una concezione corretta e organizzata, espressione dell’egocentrismo delle persone che cercano di costruire il loro universo lontano degli interessi comuni in una società in via di sviluppo.

Adrian Paci, invece, tanto esternamente quanto internamente alle Sale D’Armi, divide il proprio intervento in due elementi: la proiezione del video e la colonna installata orizzontalmente all’esterno dello spazio espositivo, sulla banchina dell’Arsenale. Il video, presentato nell’ultimo anno in moltissime occasioni internazionali, mostra la trasformazione di un blocco di marmo in una colonna corinzia a bordo di una nave-officina nell’oceano. La colonna, un elemento architettonico universale, emerge attraverso il lavoro di un gruppo di operai i quali, coperti dalla polvere, diventano un’estensione della scultura. Paci ricorda:

L’idea per The Column, è nata da un incontro con una storia. Un amico mi ha detto che in Cina possono produrre delle sculture di marmo che vengono scolpite durante il trasporto via mare facendo coincidere il tempo della produzione con il tempo del trasporto. Suonava come una storia assurda ma nello steso tempo potente. Ho tenuto per quattro anni dentro di me questa storia immaginandola in forma di visione dove il passato e il presente, il lavoro e il suo sfruttamento, l’Oriente e l’Occidente s’incontravano e si scontravano continuamente. Poi ho deciso di mettere alla prova questa visione facendola accadere, dandole forma concreta, ma anche rischiando di spogliarla da questo fascino effimero che un’idea possiede quando è protetta dentro l’immaginazione. Perciò ho deciso di attivare il processo in prima persona e rispondere alla mia visione iniziale, ma non ho voluto farla in uno studio di produzione cinematografica, e utilizzare effetti speciali: sono andato in Cina, ho trovato la cava, ho trovato la nave, gli operai e ho messo in atto quest’avventura nell’oceano dove 5 scalpellini cinesi hanno realizzato una colonna di stile classico.

Adrian Paci The Column, 2013 Video 25’40’’ Courtesy: the artist, kaufmann repetto, Milan and Galerie Peter Kilchmann, Zurich

Nella sua complessa, articolata totalità, il Padiglione esplora come l’architettura sia stata assimilata e rivitalizzata attraverso un percorso artistico, una riflessione sulle dinamiche socio-culturali della modernità, caratteristica indiscutibilmente invischiato in entrambi i processi formali e compositivi di Potential Monuments of Unrealised Futures. A tal proposito, i futuri non realizzati sono le promesse della modernità, parzialmente abbozzate, ma mai completate. Paci e Hila intrecciano riferimenti reali e costruiti, categorie del passato e del presente, storie fittizie e letture formali della città al di là del lessico tradizionale della rappresentazione architettonica. Concentrando lo sguardo sugli spazi residui, sui processi di costruzione e sugli elementi incompiuti, essi cambiano il punto di vista architettonico tradizionale. Senza mai mancare di scindere il piano del Reale da quello dell’immaginario, come sottolinea Paci, a proposito del suo video:

C’è un elemento simbolico che attraversa tutto il lavoro, dalla scelta delle locations; Cina, Oceano, nave, all’elemento del marmo che poi diventa colonna, al modello occidentale che va in oriente e ritorna infine in questo viaggio così fisico, nello stesso tempo reale ma anche assurdo. Non ho tuttavia voluto far prevalere troppo quest’elemento simbolico e nel video si vede forte la presenza degli operai, i loro volti, i loro gesti, le loro condizioni di lavoro, la loro umanità e la loro condizione disumana nello stesso tempo. Questo credo, dà al lavoro una tensione interna, crea delle ombre e luci che passano dalla verità della storia alla nostra coscienza da fruitori e alla potenzialità di immaginare. Tutto questo non potevo costruirlo senza l’esperienza diretta sulla nave.

Nè, aggiungiamo noi, senza la forza oscura del divenire in potenza.

Adrian Paci The Column, 2013 Video 25’40’’ Courtesy: the artist, kaufmann repetto, Milan and Galerie Peter Kilchmann, Zurich

Padiglione della Repubblica dell’Albania alla 14. Mostra Internazionale di Architettura – La Biennale di Venezia

Edi Hila, Adrian Paci. Potential Monuments of Unrealised Futures
a cura di Beyond Entropy Europe (Jonida Turani, Stefano Rabolli Pansera)

7 Giugno – 23 Novembre 2014

Sale d’Armi, Arsenale di Venezia
Castello, Venezia

Info: www.labiennale.org/it/architettura
www.beyondentropy.com

Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •