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Laura Cionci da Melbourne, Victoria (Australia)

La tua nuova ritualità quotidiana…
È meraviglioso che si possa parlare di ritualità. Non siamo più sopraffatti, dunque possiamo trovare il nostro spazio interiore. Tutto può essere interiorizzato in questo momento, dunque tutto è assolutamente VERO. Cadono i castelli di sabbia costruiti da un tempo troppo superficiale e veloce. Le giornate sono cadenzate dai bisogni del corpo, dallo sguardo al sole e alla luna. Diamo forma al nostro essere più profondo attraverso le arti, la scrittura. Siamo evasi dal formato. O piangiamo le nostre prigioni o corriamo senza respiro nella direzione opposta felici, verso l’ignoto.

Con quali oggetti e spazi del tuo quotidiano stai interagendo di più?
La mia quotidianità è fuori dai miei soliti spazi. Sono rimasta bloccata in Australia e mi sono dovuta integrare nella vita di una famiglia. Questo è il mio nuovo lavoro, la mia nuova produzione artistica: fluire negli interstizi di una relazione intensa. Moglie, marito, padre, madre, figlio, figlia, sorella, fratello. C’è lo spazio intimo, la differenza culturale, il limite linguistico ma una forma d’amore talmente libera che si crea un programma dentro ogni libertà. Non c’è invasione, solo una nuova forma di apprendimento, un arricchimento, così ogni elemento diventa opera, ogni gesto, struttura spaziale, lavoro manuale, tutti insieme in un grande scambio senza bisogno di alcun tipo di materiale extra.

Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
L’assenza e la mancanza sono una fonte preziosissima. Attraverso la mancanza la mente ed il corpo generano nuove forme, nuovi modi di sopravvivenza, scavano nel nostro passato dimenticato, nelle nostre noie e riaprono strade mai percorse. Forse parlo da persona fortunata in questo momento. Ho la possibilità di toccare un albero o calpestare l’erba fresca. Ma quando tutti viaggiavano a velocità smodata io vivevo la mia quarantena nella malattia. Ho superato molti test per riuscire a capire come vivere il momento, vivere l’adesso. Capire che l’essenziale ci salverà. Come una sorta di predizione, ne parlo nel mio libro “Stato di Grazia” edito da Postmediabooks, Sartoria Editoriale uscito a febbraio.

Quando tutto questo finirà: una cosa da fare e una da non fare mai più.
Se tutto questo finirà vorrà dire che avremo perso la possibilità di capire come migliorare la nostra vita. Vorrà dire che tutti gli sforzi fatti e tutte le morti avvenute non sono nient’altro che un altro effetto della società. Ma io credo nel grandissimo potere del contatto umano. Credo nella sua mancanza e quindi nella sua forza rinnovata e amplificata quando tornerà. Credo nella necessità dell’uomo di vivere la natura. Credo anche nel violento avvenimento che genera riflessione, cambio e una forma di ipersensibilità, nel bene e nel male. Penso che ci saranno persone che torneranno a “fare” molto più di prima e altre che smetteranno definitivamente di farlo. Grandi scissioni ci attendono.

Laura Cionci (1980) nasce a Roma. Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Roma allieva di Gino Marotta. Inizia il suo percorso artistico nel 2009. La sua ricerca comincia a svilupparsi intorno a fenomeni sociali, approfondendo gli aspetti antropologici che rendono leggibili diversi codici culturali, arrivando oggi ad una ricerca più specifica sulla sensibilità energetica dell’uomo, della biodiversità, il territorio in relazione all’essere umano, utilizzando pratiche relazionali per la realizzazione dei processi creativi. Il suo lavoro la porta dal 2012 ad oggi a realizzare vari progetti e residenze tra Italia, Sudamerica e Australia. Fa parte dal 2015 della piattaforma “Waiting Posthuman” con Leonardo Caffo ed Azzurra Muzzonigro. Ha collaborato come fotografa per Stefano Boeri Architetti. Nel 2020 esce il suo primo libro “Stato di Grazia” e apre un ciclo di mostre in Australia che ruotano intorno al contenuto del testo dal titolo “State of Grace”.
www.lauracionci.com
www.waitingposthuman.com

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