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Angelo Iodice da Ancona

La tua nuova ritualità quotidiana…
È davvero inusuale da dire o anche solo da pensare, ma non è completamente spiacevole avere del tempo da dedicare alle letture, agli studi e alle riflessioni, e a tutte quelle cose che invece prima bisognava cercare di incasellare nelle finestre di tempo più o meno regolari e quindi non sempre prevedibili. Mi piace pensare che questo congelamento generale sia solo un semplice slittamento di eventi, sia un’attesa al fine di produrre fuori e dentro di noi qualcosa di sicuramente migliore.
Cara Francesca vorrei rispondere alla tua domanda così:
“Ogni oggetto intensamente fissato può aprire l’accesso all’incorruttibile eone degli dei. Non è così, Stephen?”, è il capitolo XIV dell’Ulisse di Joyce che ho terminato proprio ieri sera.
Quanto sono giuste queste parole in questo momento?
Quello che viviamo in questo periodo è la parabola dell’invisibilità, la quarantena ci ha chiesto di mettere a fuoco solo quello che vediamo, ci ha chiesto di focalizzarci sulla natura e sulla sua armonia semplicemente affacciandoci dalla finestra e noi non possiamo far finta di niente, dobbiamo assecondarla, in questo benevolo do ut des.

Con quali oggetti e spazi del tuo quotidiano stai interagendo di più?
Libri, macchina fotografica, carte, pastelli o pigmenti, elementi e materiali vari, anche se però in questo periodo credo il processo è sì di preparazione ma anche molto di limatura.
Sto lavorando a due miei progetti importanti sulle due isole più grandi del Mare Nostrum, la Sicilia e la Sardegna e onestamente non riuscirei ad immaginare una loro fruizione in maniera virtuale. Questa è la mia forma di proattività e audacia, voglio pensare che si ritornerà a vivere come prima. Probabilmente ci sarà un nuovo canone di bellezza, è già successo nella storia, ma bellezza significa armonia ovvero legame, congiunzione, connessione ed ecco perché deve rimanere la certezza che per creare bisogna necessariamente avere, prendere, e lo fai dai luoghi, dalla gente, dalle sensazioni, dalle storie, dagli occhi, e solo quando hai questi reagenti puoi arrivare a sintetizzare e quindi produrre Bellezza.

Cosa ti manca? La tua personale esperienza dell’“assenza” e della “mancanza”.
A parte la mia famiglia, visto che sono stato recluso ad Ancona per due mesi e loro bloccati in Puglia ma ho cercato di non pensarci onestamente, quello che più mi è mancata è la vicinanza con le persone e con le cose per me fondamentali. In questo periodo così sospeso, sicuramente apprezzo la velocità di ascoltare o vedere situazioni attraverso dispositivi immediati, la possibilità di discutere di futuri processi e progetti al telefono o al PC ma non riesco ad accettare o solo a pensare ad una spersonalizzazione futura del rapporto, oppure rinunciare ad un incontro e alla sua durata, a non poter studiare la fisionomia delle persone, di vedere da vicino le reazioni, di vedere come si meravigliano, ad ora non sarei pronto.

Come immagini il mondo, quando tutto ripartirà?
Vorrei pensare ad un mondo prima di tutto fatto di persone che sappiano immaginare e che abbiano idee, e che non abbiano paure e scusanti. Voglio pensare ad una audacia collettiva, la parola audacia è davvero pregna di elementi sottili e nobili, l’audacia prevede una reinvenzione, una nuova forza di immaginazione, una nuova tempra. Quello che mi auguro è che continui la meraviglia nei confronti delle cose, questo è stato uno degli insegnamenti più importanti che mi ha lasciato mio padre ed è per me fondamentale oltre che attualissimo.
Una volta ho visto alla televisione un uomo che nelle campagne salentine raccontava con le lacrime agli occhi dei suoi ulivi anche vecchi di mille anni, colpiti dalla xylella fastidiosa e che ripeteva che non si dovevano abbattere completamente perché loro sapevano come riprendersi e come ricominciare, perché lo avevano già fatto in passato superando incendi o piaghe tra le più varie. Noi stessi dobbiamo essere ulivi.

Angelo Iodice nato a Barletta nel 1980, laureato in Chimica all’Università di Bari nel 2006.
La sua ricerca si è sviluppata in questi anni nel segno dell’intervento scientifico su una stratificazione classicheggiante.
L’attrazione verso gli accadimenti, chimicamente perfetti, lo spinge a catalogarli, studiarli, e ad attendere il risultato dell’interazione fra gli stessi. Lo studio dell’archeologia, l’antica ritualità pagana, l’attrazione verso l’indeterminato e l’inafferrabile ologrammato attraverso formule chimico fisiche, gli serve per riuscire a far riemergere leggere sensazioni magmatiche e lontane ossessioni.
Il suo lavoro è stato finalista al Premio Matteo Olivero e al Premio Bonatto Minella nel 2017, Bottari Lattes di Torino nel 2018. Progetti come “Paraclausithyron” sviluppato nel 2019 durante una residenza presso Palazzo Monti a Brescia, che vedrà una prossima pubblicazione. Lavori come “Del tempo ed egli specchi” basato sul concetto di doppelgänger e spazio eterotopico, presso la torre TOMAV di Moresco o “Pietra Liquida” durante l’ARTDate – The Blank Contemporary Art a Bergamo nel 2019, sono gli ultimi lavori che tracciano il modus e la sua poetica.
www.angeloiodice.com

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